27 lug 2019 – Per Nibali, dietro, faceva il tifo anche Egan Bernal, quello in maglia gialla.
È un tifoso di Nibali lui. Lo aveva visto vincere e un giorno avrebbe voluto emularlo. Chissà cos’avrà pensato oggi quando, lui in corsa, lo ha saputo vincente. Avrà guardato la sua maglia gialla pensando che ora tocca a lui. Ma è il suo idolo che ha alzato le braccia al traguardo e a lui andava bene così, anzi: perfetto.
Tra tanti avversari, amici e forse no, probabilmente avrebbe pescato proprio il nome di Vincenzo Nibali se gli avessero chiesto chi avrebbe voluto vincitore oggi. Lui, un giovanissimo in vetta al mondo del ciclismo. Per trovare uno più giovane di lui, vincitore del Tour, occorre arrivare fino al 1909, l’anno che ha visto nascere il Giro d’Italia. Ma era un altro ciclismo, roba da eroi e forse prima ancora. Era il ciclismo dei pionieri quello, agli antipodi rispetto a oggi.
Egan Bernal è il ciclismo moderno, quello di domani. Lo avevamo visto dirompente già l’anno scorso, al servizio di Thomas. Quest’anno ha rivoluzionato tutto ribaltando le gerarchie di squadra che rimanevano, ostinatamente e, a un certo punto incredibilmente, legate a Thomas. Pensate a cosa potrà fare nei prossimi anni. Per ora i limiti non si vedono e sicuramente è presto per parlarne.
Intanto godiamoci questo bel finale di Tour, le considerazioni finali le lasciamo dopo l’arrivo di domani. C’è ancora una tappa formidabile da godere, l’arrivo a Parigi è tradizione e promette spettacolo. Sorprese, se potesse, ne riserverebbe anche lei. Ma quella finale del Tour de France, come per tutti Grandi Giri, è una tappa passerella e non provate a dire il contrario (l’anno scorso, il Giro d’Italia, è stato punito con la neutralizzazione per averci solo pensato).
Ora ci sono da lucidare i calici e mettere in frigo lo champagne. Andrà a sostituire le centinaia di borracce che hanno riempito le ammiraglie nelle tappe più calde del Tour de France.
Viva Bernal, viva il Tour de France.
Grazie Vincenzo Nibali.
Guido P. Rubino