Il Giro d’Italia 2023 arriverà a Roma ed è stata presentata, oggi, nel dettaglio, la tappa finale. Rispetto all’edizione 2018, quando vinse Froome la corsa rosa, è stato aggiunto un tratto di andata e ritorno a Osta sulla via Cristoforo Colombo. Percorso curioso, ma utile per parlare di inizio “tranquillo” rispetto a proiettare i corridori subito sul percorso. In questo modo si accumulano un po’ di chilometri prima di trovarsi di nuovo nella Capitale e percorrere il circuito finale di 17,6 chilometri da percorrersi per cinque volte.
Al di là delle statistiche (il Giro 2023 chiuderà il suo percorso nella Capitale per la quinta volta nella sua storia dopo quelle del 1911, 1950, 2009 e 2018. Per la 49esima volta Roma sarà anche sede di un arrivo di tappa) vale la pena fare alcune considerazioni su una tappa finale che viene solitamente considerata come una passerella e da cui ci si aspetta un arrivo in volata scontato.
Facciamo un passo indietro allora e magari andiamoci a leggere cosa accadde nel 2018, quando il Giro finì a Roma in un circuito che ricalca sostanzialmente quello di quest’anno (che inizialmente era stato proposto identico anche per l’edizione 2023).
Ci furono parecchie polemiche cinque anni fa. Ne parlammo abbondantemente in questo articolo:
Giro d’Italia 2018, conclusione con polemiche a Roma. Si poteva evitare?
Quest’anno, forse memori di quanto accaduto, si è cercato di rendere la corsa meno complicata. I giri nella capitale sono stati dimezzati, il circuito allungato con il passaggio a Villa Borghese (ma, proprio per questo, aggiunta una salita breve ma secca) e, soprattutto, è stato inserito il passaggio sulla Cristoforo Colombo fino a salutare il mare sulla rotonda di Ostia.
In conclusione del Giro d’Italia 2018. Quegli appunti sulla kermesse di Roma
Sarà una passerella? Decisamente no
Questo, ovviamente, se i corridori non decideranno di addormentare la corsa fino al finale (non vogliamo neanche immaginare il termine “neutralizzazione” e neanche RCS, evidentemente, che già si è trovata a subire una figuraccia scaricata sull’organizzazione dai corridori).
Roma si deve riscattare, si è detto, in realtà è il Giro d’Italia che si deve riscattare con Roma, anzi i corridori, per la pessima figura fatta in occasione di quella tappa finale buttata via con una neutralizzazione voluta a causa delle buche… che non c’erano.
Non che fosse un biliardo il fondo stradale romano, non lo è mai stato. Ma non era nemmeno peggio di tante altre tappe che si sono corse senza battere ciglio. Il problema, caso mai, fu un altro: il gruppo era completamente impreparato a quella tappa. Un po’ tra i denti, un po’ esplicitamente, si finì anche con l’ammettere abbastanza chiaramente – mai ufficialmente – che in quel circuito l’allora Sky, rischiava di perdere quel Giro che Froome strameritava.
Ma non per le buche: perché non era, semplicemente, un circuito da passerella finale di un Gran Tour. Era più un circuito da Gran Premio Liberazione, con curve e tornantini, saliscendi secchi. Quanti Gran Premi Liberazione si sono conclusi in gruppo? Difficile immaginare un gruppo che pascola tranquillo per le vie di Roma, e le buche non c’entrano. Che poi c’erano corridori che si dovettero fermare a sgonfiare le gomme: bella figura ci fece il professionismo. Ve l’immaginate un Leclerq ai box a sgonfiare le gomme? Oddio, forse non è l’esempio più pertinente, ma non ci immaginiamo nemmeno un Verstappen o un Hamilton, ecco.
E allora attenzione a quella ultima tappa. Roma la conoscete, le strade sono quelle ma non peggio di quelle. E per favore non inventiamoci buche inesistenti. Se si fosse voluto fare un percorso da passerella si sarebbe scelto un altro tracciato che a Roma, ovviamente, c’è.
Ma capisco che bloccare il centro per davvero, passando anche sul Lungo Tevere.
Tra l’altro, cosa curiosa, proponiamo qui sotto una curiosa “evoluzione” del circuito finale. A sinistra la planimetria della tappa del 2018, subito dopo la tappa del 2023, così come venne presentata inizialmente e, infine, la planimetria definitiva presentata proprio oggi. Praticamente identiche le prime due, si nota come nell’ultima si sia cercato evidentemente di ridurre la nervosità del tracciato.
Il percorso del 2023
Partenza dall’EUR davanti al Palazzo della Civiltà Italiana (detto il Colosseo Quadrato). Tutta la prima parte si svolge in andata e ritorno lungo la via Cristoforo Colombo andando fino alla Fontana dello Zodiaco (Lido di Ostia) dove comincia la risalita prima verso l’EUR e poi verso il centro dove, appena passate le Mura Ardeatine, si entra nel circuito di 17,6 km da ripetere 5 volte.
Il circuito percorre tocca o sfiora molti dei luoghi simbolo di Roma. In successione si passa da Colosseo, Fori Imperiali, Lungo Tevere, Ara Pacis, Villa Borghese, Castel Sant’Angelo, Circo Massimo e Terme di Caracalla. Senza contare che si sfiorano luoghi come Piazza Navona, Piazza del Popolo e l’Isola Tiberina. Da menzionare in particolare che dopo Castel Sant’Angelo si percorrerà un tratto di via della Conciliazione con davanti la maestà della Basilica di San Pietro.
Ciclisticamente il circuito presenta poche difficoltà tecniche. I tratti con fondo in sanpietrini sono ridotti al minimo e sono tratti in buono stato. Il passaggio di Villa Borghese presenta una salita breve, ma secca, che potrebbe alterare i valori in campo. La maggior parte delle strade sono larghe e ben pavimentate. Non ci sono tratti particolarmente impegnativi per la guida del mezzo. Da segnalare un sottopasso lungo circa 200 m prima di svoltare verso Piazzale Flaminio e la salita di Villa Borghese.
Ultimi km
Ultimi chilometri sostanzialmente pianeggianti. Su strade larghe e rettilinee. Curve degli ultimi tre chilometri ampie. Rettilineo di arrivo di 700 m, largo 8 m fondo in “sanpietrini” in leggerissima ascesa.
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