Cinque ragazzi si incontrano per caso nel corso di pochi anni, perché tutti e cinque conoscono un obiettivo: la corsa. Uno dopo l’altro aspirano a una carriera da ciclista professionista. Si allenano insieme sul lungofiume della Schelda, da Gand a Oudenaarde. Sono giovani, virili, popolari e tutti riescono ad arrivare al ciclismo professionistico. Ma la vita si rivela più dura del sogno. Ciò che una volta li ha uniti, la corsa, li ha fatti a pezzi senza pietà. È la storia di cinque giovani ciclisti, ragazzi che vincono e perdono, che cadono e si rialzano, che cadono e rimangono per terra.
In questi giorni sul canale nazionale fiammingo Canvas si ha la possibilità di vedere “Het Scheldepeloton”, un documentario da groppone in gola basato sul libro “De Val” (La caduta) di Matthias Declercq. Riassumere 5 ore di programma in poco testo è praticamente impossibile, ma la storia merita di essere raccontanta. Allora diamo un’occhiata su chi sono questi ragazzi.
Iniziamo da Iljo Keisse. Un ragazzino mingherlino dal carattere introverso e cresciuto da genitori con l’idea: “Noi non ti ostacoliamo ma non ti aiutiremo a diventare corridore, devi fare tutto da solo”. Non a caso il suo migliore amico è Dimitri De Fauw. Ipertrofico, ipercinetico e iper-estroverso. Tutto è “iper” per lui e insieme, in pista, vincono tutto. Dimitri a casa non ha la vita facile con il padre in prigione e la madre che gestisce un café.
Il terzo della compagnia, Bert De Backer, è il tipico bravo ragazzo della compagnia, testa sulle spalle, studioso e mai oltre le linee. Capace però di costruirsi una lunga carriera professionistica, iniziata nel 2007 e non ancora conclusasi. Anche Wouter Weylandt fa parte del gruppetto. Flamboyante fin dai primi anni della sua vita si presenta alle corse da juniores con i capelli di colore cangiante, ogni mese un colore diverso: dal verde all’arancione. Wouter è probabilmente il più talentuoso del gruppo. Kurt Hovelijnck è l’ultimo della fila, molto legato a Weylandt, timido ragazzone dal fisico tipico del corridore fiammingo.
Sono inseparabili e imbattibili ma nel 2004 le strade di Dimitri e Iljo si separano quando a Keisse viene chiesto di fare coppia con Gilmore per i giochi olimpici ad Atene. Da quel momento la strada per De Pauw inizia a farsi in salita. Orfano del suo compagno, decide allora di lasciare la pista per decicarsi alla strada con la Quick-Step ma i risultati languono e ben presto deve ripiegare su un team minore. Ritorna anche in pista ma nel 2006, durante la Sei giorni di Gent, si aggancia con l’allora campione del mondo Isaac Gálvez e quest’ultimo viene sbalzato sulle protezioni a bordo pista morendo sul colpo. Dimitri si sente colpevole e finisce nel vortice di una profonda depressione. Pochi alti e tanti bassi per lui, del ragazzo spaccone e sempre sorridente non esiste più nulla ormai e dopo, una intervista infelice, anche il ciclismo sembra avergli voltato le spalle.
Nel 2008 Keisse viene trovato positivo durante una Sei giorni. Suo padre è furioso ed è convinto della sua colpevolezza. Iljo viene licenziato in tronco si sente abbandonato da tutti. Gli amici temono per la sua salute. Dopo diverso tempo, con metodi poco ortodossi, riesce a convincere la sua famiglia della sua innocenza e dopo una lunga battaglia legale riesce anche a dimostrare che la positività proveniva da un integratore contaminato. Completamente riabilitato per la Federezione belga e l’UCI.
Sembra uno spiraglio di luce ma il 2009 va di male in peggio e il giovane neo-pro, Frederik Nolf, recente “aggregato” al gruppetto dei cinque i non si sveglia più in un hotel in Qatar. Arresto cardiaco per lui. Tra sconcerto e disperazione, lo spettacolo deve andare avanti. Cosi’ tanto “avanti” che addirittura a uno sconsolato Weylandt viene vietato di ritirarsi dalla corsa per andare al funerale dell’amico.
Il 2009 però sembra l’anno buono per Kurt Hovelijnck. Viene messo sotto contratto dalla Quick-Step e si mette da subito in risalto come gregario di lusso. Riesce in tutto, è lanciatissimo ormai per una lunga carriera e in poco tempo si guadagna la stima di tutti i capitani. Ma quando il destino vuole impuntarsi, lo fa nel modo più crudele. Durante un allenamento insieme a Wouter lungo la Schelde cade battendo violentemente la testa priva del casco. Weylandt gli salva letteralmente la vita ma la situazione è drammatica. Coma profondo durante il quale gli viene levata la scatola cranica. I medici gli danno solo un 10% di possibilità di sopravvivenza. Fortunatamente dopo 20 giorni si sveglia e piano, piano inizia una lunghissima riabilitazione.
Il 6 novembre, l’annus horribilis sta per volgere al termine ma Dimitri De Fauw viene trovato morto suicida a casa sua. L’ennesima delusione ciclistica è stata fatale per lui. Un altro fratello perso per strada.
Nel 2010 il “gruppo” rivede la luce. Iljo Keisse ritorna a correre, e per miracolo Kurt, con un cranio completamente nuovo, ritorna a parlare, camminare, andare in bici e… addirittura a correre. Purtroppo però sembra che la sua capacità di stimare i pericoli sia intaccata e questo lo induce a predere troppi rischi e, come conseguenza, troppe cadute. La lista di incidenti che porteranno la squadra di Lefevere, un paio d’anni dopo, a non rinnovargli il contratto.
Anche Wouter si riprende, dopo un periodo nerissimo per lui, pieno di dolore e avaro di successi, ritrova finalmente il gradino più alto del podio in una tappa al Giro d’Italia. Si va verso 2011 sole sembra che splenda per i ragazzini terribili. Purtroppo la felicità sa essere effimera, corta e falsa. Il 9 maggio 2011, il terribile incidente lungo la discesa del Passo del Bocco in Italia porta via per sempre anche il sorriso di Wouter Weylandt.
Questa è la storia di cinque giovani ciclisti, ragazzi che vincono e perdono, che cadono e si rialzano, che cadono e… rimangono per terra.
1 ott 2021 – Riproduzione riservata – Cyclinside