di Guido P. Rubino
In questi anni c’è stato un salto di qualità del racconto del ciclismo in televisione. Le cronache totali delle corse e delle tappe nei Grandi Giri sono roba da fondisti. Ci vogliono anche telecronisti per corse a tappe e, nella cultura italiana, il telecronista di ciclismo è abituato a riempire tutti gli spazi senza lasciare silenzi che, invece, farebbero ascoltare la corsa (ma su Eurosport si può scegliere, oltre alla lingua del commento, anche la modalità “ambient sound”). Ma proprio per questa abitudine di riempire tutti gli spazi ci vogliono bravura e preparazione. Il commento, che conosciamo come cronaca, diventa intrattenimento, racconto, che parte dal Giro e può proseguire anche altrove nei momenti giusti.
In casa Rai
La Rai in questo Giro d’Italia ha recuperato Alessandro Petacchi e ha battezzato definitivamente Stefano Rizzato promosso sul campo dalla tappa di Napoli quando ha dovuto sostituire Francesco Pancani (dovuto andare via, purtroppo, per un grave lutto familiare) ormai diventato la voce del ciclismo italiano.
Rizzato al microfono “fisso” ha tirato fuori carattere e lucidità. Lo conoscevamo già anche dalla moto con grande attenzione e in altre gare ciclistiche, ma la competenza che ha messo in campo dal punto di vista tecnico e giornalistico in una situazione complessa come il Giro d’Italia è da maturità piena.
Ottimo risultato, sempre in Rai, per Giada Borgato, voce fresca e attenta di quel che accade in gara insieme a Marco Saligari sempre più saldo nelle sue visioni direttamente dal gruppo. Così come, proprio per quanto dicevamo sull’intrattenimento, è risultato importante Fabio Genovesi. Lo scrittore parte dal ciclismo per i suoi racconti, confezionando una trasmissione a misura anche di un pubblico più vasto degli sportivi di ciclismo. Ma il ciclismo è anche questo, altrimenti sarebbe uno sport come tanti altri.
Il plus, per la Rai, è stata la possibilità, attraverso RaiPlay, di far scegliere al pubblico la camera di ripresa, ve ne siete accorti? Oltre a quella principale, decisa dalla regia, si può selezionare la telecamera dell’elicottero oppure dalle moto (ma senza commento). Qualche perplessità, invece, per la nuova produzione televisiva (EMG Group) la cui regia più di una volta è andata in difficoltà confondendo un po’ le idee ai telespettatori. Li consideriamo errori di gioventù anche perché poi, spesso, sono stati compensati da inquadrature studiate e spettacolari a livello di quelle del Tour de France con il “di più” del paesaggio italiano con la sua varietà unica al mondo.
Meno applausi al Processo alla Tappa, invece, che ha visto un pur bravo Alessandro Fabbretti cercare di mettere insieme i pezzi di una trasmissione tutt’altro che facile e potenzialmente ricchissima, ma rimasta povera di contenuti per l’assenza dei corridori che dovrebbero esserne i protagonisti. Gli atleti, invece, l’hanno spesso snobbata con una partecipazione col contagocce. Anche per questo è mancato il contraddittorio della trasmissione storica che incalzava i corridori e li metteva anche in difficoltà (si chiama “processo”, no?) I margini di miglioramento ci sono e anche le competenze in campo a ben guardare. Interessante esordio, tra i commentatori della trasmissione, di Marta Bastianelli nelle prime tappe, che ha affiancato il commento tecnico di Stefano Garzelli.
Eurosport
In casa Eurosport il duo Gregorio – Magrini è una coppia collaudata, potrebbero correre un Baracchi insieme e vincerlo per quanto sono affiatai. La presenza del terzo uomo non ha rovinato gli equilibri e ha reso, anzi, piacevole il racconto. L’esordio di un ottimo Moreno Moser si può considerare una ciliegina sulla torta: competenza, precisione e chiacchiera brillante. Fra i tre si è creata subito una complicità che ha aiutato a passare i tanti (e spesso troppi) chilometri delle dirette integrali. Un acquisto di livello dopo gli interventi puntuali anche di Wladimir Belli. Grande esperienza tecnica ben raccontata.
Eurosport, rispetto alla Rai, paga la mancanza degli uomini in moto in contatto diretto con i commentatori. Ma è il limite di una telecronaca fatta in contemporanea in più lingue dagli studi tv. Gente come Marco Saligari e Umberto Martini spesso hanno fatto la differenza, per la Rai, raccontando la corsa da dentro il gruppo e recuperando anche gli inciampi informativi della regia. Eurosport ha comunque un personaggio dello spessore di Bradley Wiggins che, dalla moto, offre un punto di vista decisamente interessante e pure divertente.
23 mag 2022 – Riproduzione riservata – Cyclinside