Il Mondiale dei marziani
Cose dell’altro mondo tra sorprese e prove di forza, donne d’acciaio e finali emozionanti, gabbiani incazzati e ragazzine moleste e ragazzini prodigio. Remco Evenpoel si esalta alla sua maniera, ovvero dominando una corsa che, vista all’alba di una domenica italiana, a migliaia di chilometri di distanza, è sembrata quasi senza avversari. Davanti a un televisore, capisco, è ben diverso che essere dentro la corsa, a Wollongong è sembrato quasi che non ci sia stata partita, usato un gergo tennistico. Il fascino del Campionato del Mondo, con la sfida tra le Nazionali, la gara tattica, le strategie individuali, le alleanze trasversali, il vincitore che, come in un romanzo thriller, si svela solo nel finale, tutto questo non l’ho avvertito davanti alla televisione.
Onore a Remco, che non si accontenta di vincere, ma strangola la corsa e se la divora come una belva inferocita alle prese con una preda inerme. Chapeau al nuovo re del ciclismo, ma vedere gli avversari, tutto il resto del gruppo, arrendersi prestissimo, vedere le ambizioni di tutti gli altri presunti favoriti sciogliersi come neve al sole, è persino imbarazzante. Remco è il più forte e arriva sul tetto del mondo a 22 anni: quest’anno ha dominato dappertutto, ha dimostrato di essere superiore sui percorsi durissimi come alla Liegi, o sui circuiti veloci, come al Mondiale, a cronometro, in salita, nelle corse a tappe (ha dominato la Vuelta in modo impressionante). Gli manca soltanto la sfida a Pogacar e Vingegaard al Tour de France, un film annunciato e che vedremo probabilmente la prossima estate.
Remco senza limiti?
Un vincitore andrebbe celebrato e basta, Evenpoel lo merita ovviamente, ma quando si ha l’impressione di avere a che fare con un marziano in mezzo ai terrestri, quando lui e tutti gli altri sembrano di due categorie diverse, non si sa più cosa pensare. Giudicare tatticamente un Mondiale dominato in questo modo è quasi inopportuno: certo, gli australiani con Michael Matthews dovevano tirare di più, la Francia ha sbagliato, Pogacar ha dormito, i capitani azzurri si sono fatti sorprendere da un attacco annunciato, perché l’attacco da lontano di Evenpoel era prevedibilissimo. Tuttavia, di fronte a un’impresa di questa dimensione, cosa vuoi scrivere?
Il ciclismo mondiale è questo, signori: nel giro di poche stagioni è cambiato tutto. La generazione dei Sagan, dei Nibali e dei Gilbert e dei Valverde ha lasciato il passo a una generazione di fenomeni precoci, giovanissimi fuoriclasse che rivoluzionano persino la fisiologia dello sport. Remco Evenpoel è l’emblema di questa generazione pazzesca: e ora vediamo fin dove arriverà, c’è curiosità di vedere quanto dureranno nel tempo questi fenomeni. Uno di questi è già “saltato”, a quanto pare, pensando alla folle e strampalata stagione di Mathieu Van der Poel. Vedremo cosa accadrà nelle prossime stagioni…
L’Italia si è difesa bene
L’Italia, a questo Mondiale, si è difesa rimanendo nel suo ruolo annunciato, ovvero quello di una formazione di secondo piano: non è colpa del ct Bennati e nemmeno possiamo criticare più di tanto gli azzurri che ci hanno provato e che sono stati anche generosi (su tutti Battistella e Rota). Certo, uno dei nostri a marcare Evenpoel non c’era e, sinceramente, abbiamo fin troppo sopravvalutato i nostri Bettiol e Trentin: tuttavia, disegnare la tattica seduti sul divano è più facile che farla in mezzo al gruppo in bicicletta. Ci manca un atleta per le corse a tappe, ancora non si vede un erede di Nibali, certo, ma siamo di fronte a un cambio generazionale e l’Italia ha una schiera di ottimi giovani su cui lavorare: i vari Bagioli, Covi, Battistella, Conci, Affini, Sobrero, Oldani stanno crescendo e li vedremo presto protagonisti nelle corse importanti. Il fatto è che di fronte alla precocità degli avversari, si rischia di dimenticare che ogni atleta ha un suo percorso di maturazione. Non c’è da disperarsi, insomma, anche l’Italia tornerà ai vertici presto, almeno nelle corse di un giorno. Per le corse a tappe, chissà.
La settimana iridata
La settimana iridata ha fatto emergere altri grandi talenti e nazioni che stanno investendo molto sul futuro, come la Gran Bretagna e la Norvegia: gli inglesi, in testa al medagliare, hanno messo in mostra ragazzi molto interessanti, super diciottenni come Zoe Backstedt e Joshua Tarling, mentre i norvegesi portano alla ribalta due giganti che faranno parlare di sé anche nei prossimi anni: Tobias Foss, vincitore un po’ a sorpresa (ma neanche troppo) della cronometro Elite, e Søren Wærenskjold che ha dominato la cronometro Under 23 e ha sfiorato il titolo nella prova in linea.
Le nuove generazioni emergono, ma il tempo sembra essersi fermato con la nazionale olandese femminile: Van Vleuten domina in lungo e in largo, con o senza gomito fratturato, ma sarebbe un’analisi bugiarda se dimentichiamo di sottolineare che qualcuno a dar battaglia all’Olanda c’è. E le italiane, quest’anno, sono state grandissime protagoniste per tutta la stagione, con Balsamo, Cavalli, Longo Borghini, Cecchini e altre ragazze emergenti. Solo a questo maledetto Mondiale, le cose sono andate un po’ storte, ma alla fine una medaglia le nostre ragazze l’hanno conquistata, merito di una bravissima Silvia Persico, figlia di un vivaio azzurro davvero fertile. E la medaglia d’oro di Vittoria Guazzini, nella cronometro Under 23, non è che la conferma di un buonissimo lavoro che l’Italia sta facendo a livello giovanile ormai da anni.
Ganna e la cronostaffetta
Manca un pensiero su Ganna e sulla buona prestazione azzurra nella cronostaffetta a squadre, un argento che dimostra che con i migliori ci siamo e sappiamo essere competitivi. Il “flop” di Ganna (come l’ha definito lui stesso) ci ricorda, invece, che a pedalare non ci sono i robot, ma le persone: il risultato deludente del nostro campione non può essere un dramma. Per giudicare bisogna conoscere bene ogni dettaglio e una gara storta è spesso figlia di tante circostanze, episodi che si sommano. Filippo Ganna, la nostra locomotiva di Tokyo 2021, non ha nulla da dimostrare. Quando è al top, quando le cose vanno per verso giusto, è il migliore al mondo e lo sarà di nuovo, non c’è motivo di dubitare.
Va in archivio, dunque, un Mondiale che, complice la distanza e il fuso orario, visto dall’Italia non ha entusiasmato, sebbene lo spettacolo non sia mancato affatto. A Wollongong, tuttavia, qualcuno comincia a sospettare che i marziani esistano: Remco Evenpoel, Annemiek Van Vleuten e Zoe Backstedt sembrano dimostrarlo.
25 set 2022 – Riproduzione riservata – Cyclinside