8 ott 2015 – C’è un libro da sfogliare ogni anno. Basta soffiare via quel velo di polvere sottile e torna nuovo come una bicicletta lucida che da vecchia diventa antica. Fa parte di una storia come il rumore delle tazzine al bar. Racconti che si rinnovano nell’Eroica sempre uguale e un po’ diversa. E non è solo il percorso corto che è diventato un po’ più lungo per passare in quel ristoro che da solo varrebbe la pena di farci due giri. È il racconto delle biciclette lucidate d’inverno e pedalate in giro che nella settimana santa dell’Eroica tornano, semplicemente, a casa loro.
Lo sapeva Giancarlo Brocci, quando, a proposito dei nuovi proprietari del marchio, raccontava di aver “accompagnato in società” la sua creatura cresciuta con amore e diventata maggiorenne con le cure di tutto il “vecchio gruppo”. Che vecchio non è, perché organizza tutto come prima. Dal Marinangeli al Gattarelli che si preoccupano del percorso, col Gatto (dovete chiamare così il Gattarelli, se no non sa che vi rivolgete a lui) che a un’ora dal via, a notte fonda, si fa il giro a controllare che il percorso sia a posto. Dalla Monica alla Rita, che impazziscono a seguire le esigenze di tutti e poi le trovate a Volpaia a servire ribollita con un sorriso insieme a tanti che si danno da fare ad accudire i ciclisti. Poi tutti gli altri e tutti fanno tutto, ingranaggi di un orologio che alla fine spacca sempre il secondo, come quello storico che una volta l’anno segna l’ora più importante, quella della partenza delle cinque e tutti gli altri giorni e lì, a casa di Brocci jr in attesa.
L’Eroica 2015 è il libro con la copertina nuova che fa belle pure quelle pagine che restano intatte dentro e guai a chi le tocca: non sarebbe più lo stesso libro.
È salito il livello, ci sarà anche qualcosa da migliorare, ma ancora di più si vedono le potenzialità di un evento che è la vetrina di un made in Italy invidiato e ricercato.
Come certi libri nel mercatino dei giorni prima: puoi prenderli e sfogliarli e magari innamorarti di quelle foto in bianco e nero. Le vedi diventare a colori nei ciclisti che ti passeggiano intorno, anni che si sovrappongono e in qualche caso si mischiano. C’è qualcuno vestito primo Novecento su biciclette degli anni Settanta. Tutto purché sia storia, come certe bici con pezzi non proprio coerenti tra loro ma comunque calzanti col regolamento.
C’è chi storce la bocca a sentire la parola “moda” accostata all’Eroica. Si corre il rischio di snaturarla? Anche no, perché lo spirito eroico, cui ci si aggrappa nelle critiche, temendone la scomparsa, è rimasto intatto nel clima che si respira in quei giorni a Gaiole in Chianti come quando si pedala sui vari percorsi della domenica: non mancano mai un aiuto e un sorriso, nemmeno quando si è stanchi.
E quest’anno ce n’era da essere stanchi. La pioggia ha fatto male a molti, ma difficile trovarne qualcuno deluso all’arrivo. L’acqua che scendeva portava su il freddo dai piedi e dalle mani. Assieme al fango spruzzato dalle ruote. Maschere che si alternavano e numeri scoloriti dopo il lavoro paziente di chi li ha fatti, a mano, uno per uno.
Ma non c’è il tempo per pensarci che si arriva al ristoro. Il timbro di controllo diventa difficile da mettere quando il foglio di viaggio è zuppo d’acqua e sudore. Sarà un cimelio anche quello, assieme alle tovagliette dell’Eroica Caffè, durato il tempo del sogno. Lunedì era già lì da smontare. Ma ora questo sogno è da realizzare. Si sa pure come.
Poi si scivola. Scappa via di tutto su certe discese, figuriamoci in salita. Guai ad alzarsi sui pedali. Neanche a piedi si riesce a star sicuri e le pendenze sono sempre quelle, senza sconti.
All’Eroica si ride. Le maglie personalizzate diventano la scusa per un sorriso in più. “Desperate Husbands” si legge sulla lana di uno degli ultimi a mettere su il numero:
– Ma cos’è, una squadra?
– Certo
– E quanti siete?
– Uno, solo io per ora. Ma vedrai che altri ne arriveranno!…
E via alla partenza a contare maglie e squadre. Quanti De Vlaeminck e Merckx c’erano al via? E quanti Coppi e Gimondi? A contare le Bianchi sul percorso forse hanno vinto le maglie bianco celesti. E non dipende dal fatto che la casa di Treviglio è sponsor dell’Eroica. Basta la sua storia.
Si parte e si va, da Brolio a Radi, poi giù a Buonconvento e Murlo, poi Montalcino, di nuovo Buonconvento e quindi Asciano, Castelnuovo Berardenga. Roba che ti stanchi a nominarli tutti e pensi che quelli con le scarpe piene d’acqua hanno pedalato lì arrivando di notte.
L’ultimo arriva chissà quando. Prima di lui tutti gli altri, seimila e passa da sessanta paesi. Donne e anche ragazzini. Tornano verso le macchine, medaglietta al collo a sugello dell’impresa e partono i ricordi. Molti hanno pure voglia di chiacchierare come se avessero appena staccato dall’ufficio. L’Eroica resta dentro e sarebbero pronti a ripartire subito o quasi. Gli chiedi come sia andata alla fine ti salutano con un sorriso che porta bene: ti auguro di farla prima o poi.
Le luci che si spengono sono i titoli di coda. Anzi, le ultime pagine del libro. Ne accarezzi la copertina per metterlo via e già vorresti ricominciarlo da capo anche a costo di rileggerlo uguale. Ma certi libri non si apriranno più e l’ultimo sguardo fa un po’ male. Altri sono ancora da scrivere. Gli eroici puntano all’anno nuovo. Alla prima occasione, torniamo qui. Questi percorsi sono vivi tutto l’anno.
Guido P. Rubino