È tutto meno che una competizione, ci mancherebbe; ma se volete portare a termine la “vera” Eroica – ossia quella del percorso lungo, da 209 chilometri – è essenziale gestirsi e amministrare le proprie risorse al meglio, sia quelle fisiche, sia tecniche.Quello che segue è il racconto di un veterano dell’ardimentoso percorso lungo della ciclostorica che quest’anno ha festeggiato il quarto di secolo; è il racconto di uno che – come il regolamento recita – è partito di notte con le luci accese, con bici d’epoca e maglia di lana – ma che alla fine arrivato al traguardo di Gaiole molto, molto prima che tornassero a calare le tenebre.Lo ripetiamo: lungi da noi caldeggiare cronometro e tempi in questa manifestazione che è la quintessenza del cicloturismo; più semplicemente il racconto del nostro Maurizio potrà dare l’idea di quel che è il percorso lungo de L’Eroica, magari dare pratiche indicazioni sulla tecnica, sulla alimentazione e sulla gestione dello sforzo a chi il prossimo anno vorrà portare a termine nel migliore dei modi una cicloturistica che anche per i più allenati non può che essere definita monstre.
Cena per colazione
La mia Eroica XXV? Come al solito inizia la sera prima: diversamente da quel che si potrebbe pensare, per uno sforzo in bici che dura almeno nove ore, non serve fare il classico “carico” di carboidrati il giorno precedente; più che altro è essenziale gestire bene l’alimentazione in “corsa”.
A mio avviso il giorno prima basta fare la classica dieta sana da sportivo, senza appesantirsi troppo o ingolfarsi di pastasciutta: questa sì, questa io me la sono mangiata la sera prima, con la mia cena “pre L’Eroica” che nei fatti è stata quasi una colazione: partire alle cinque del mattino da Gaiole per me che alloggiavo a Siena ha significato svegliarmi alle 3:20, praticamente cinque ore dopo cena… In questo caso non serviva fare una colazione abbondante: mi sono bastate due fette biscottate con la marmellata e giusto un espresso per farmi ben sveglio.
In partenza, nelle tasche ho messo un po’ di miele, nella borraccia del the con lo zucchero. E poi via, la vera colazione mi avrebbe aspettato a Siena, dove in programma c’era il primo ristoro. La disposizione dei ristori, appunto: questo è un altro dettaglio cruciale per gestire un lungo, più che altro perché da un anno all’altro spesso la dislocazione dei ristori cambia, e sapere dove troveremo il cibo è essenziale.
Previsioni e termometro
Maglia e pantaloni di lana qui a L’Eroica sono di rigore, ma assieme a questi possono esserci piccoli ma importanti accessori più o meno moderni che possono aiutarci a gestire un meteo che per uno sforzo così lungo e un percorso che copre un territorio assai vasto può essere molto variabile. In questo caso l’alta attendibilità delle previsioni meteo dei nostri giorni aiuta parecchio; il resto lo ha fatto il tempo clemente del giorno di gara, un primo di ottobre climaticamente perfetto dopo gli acquazzoni della vigilia e dei giorni precedenti.
Per essere ancora più sicuri? Mi è bastato valutare la temperatura dell’aria prima di schierarmi al via, un ulteriore aiuto per capire se indossare una maglia intima più o meno pesante, se portare o meno dei manicotti oppure se optare per un paio di calzettoni alti piuttosto che le calze basse.
A Gaiole alle 4:50 del 1 ottobre il termometro della mia auto segnava 13 gradi e mezzo, con previsioni che inequivocabilmente davano pressione atmosferica in rialzo e scarsissime possibilità di pioggia: giornata calda, insomma, molto più di quello che la percezione (distorta) ti consegna quando hai dormito al massimo quattro ore e quando scendi in strada che è ancora buio pesto e ti sembra sempre che faccia freddo…
In queste condizioni ho usato una semplice maglia intima estiva, calze basse e messo nelle tasche un antipioggia di emergenza (lo ammetto, era un antipioggia moderno, perché usare con l’acqua gli antipioggia di una volta serve davvero a poco).
Quelli della notte
Credo che pedalare le quasi due ore di buio assoluto che spettano a chi parte alle cinque sia una delle cose più affascinanti che un cicloturista possa vivere: l’emozione di pedalare tutti assieme nelle tenebre è incredibile: l’adrenalina è tanta, la senti tu e la percepisci anche in chi ti pedala affianco. Nei primi chilometri l’entusiasmo è alle stelle, centinaia di fari illuminano assieme la sede stradale quasi a giorno.
Ma è in queste fasi che bisogna non farsi prendere troppo dall’eccitazione di un momento che in tanti – me compreso – aspettano da un anno. Se hai in mente il lungo l’intensità dello sforzo delle prime ore deve essere anche più bassa di quella che adotteresti per fare la più tranquilla delle “sgambate”.
Brolio dice già se puoi fare il 209
Non hai i rapporti adeguati per affrontare questa salita? Allora abbassa la cadenza quasi al limite minino che ti permetta di stare in equilibrio. Se invece con questo regime e con questo stile la salita verso Brolio già ti sembra insostenibile, significa che il percorso Eroico da 209 chilometri non è alla tua portata, che è meglio che ti vada a orientare per il percorso Medio delle Crete senesi, perché il Lungo diventerà molto probabilmente un calvario ed è meglio tornarlo a sfidare l’anno dopo, con il necessario allenamento.
In tanti a L’Eroica si “finiscono” e completano il lungo in condizioni critiche. Ovviamente vanno rispettati e non si può vietare loro la scelta; ma certamente non li condivido, perché sforzi del genere fanno male al fisico, mettono a rischio la salute e anche la sicurezza. Credo sempre che sul lungo de L’Eroica sia quasi doveroso arrivare spossati, ma mai “finiti”.
Discese con il buio
Finalmente arrivo alla prima discesa sterrata, quella di Brolio: dopo le mille previsioni del giorno prima, quelle del «ci sarà troppo fango?» o – in altre edizioni – quelle del «ci sarà troppo secco e polvere?» – la discesa Brolio è l’attesissima cartina di tornasole per capire quali davvero siano le condizioni delle strade sterrate.
In questo senso capisco subito che le strade bianche del senese si confermano anche quest’anno per la loro grande capacità di drenare la pioggia delle ore precedenti; in questi casi l’aderenza delle gomme è decisamente più elevata rispetto allo sterrato secco, ma i pericoli con cui fare i conti nella fattispecie saranno il fango che in qualche tratto di strada sicuramente salterà fuori, i canali scavati dal fluire dell’acqua e ancora peggio la sabbia che appunto viene instradata da quei canali, e che si accumula tutta assieme in punti che diventano pericolosissimi per le nostre coperture fini.
Ma un attimo: parlare di tecnica di conduzione del mezzo è prematuro se si marcia di notte, per questo è meglio aspettare che venga giorno: quando si va di notte con la bici l’andatura deve essere più che guardinga, non solo in discesa. E ancora una volta questa non é considerazione scontata se si pensa all’adrenalina e all’eccitazione dei primi chilometri. Con la luce la visuale sulle discese su sterrato la puoi fissare a dieci, dodici metri; con il buio questo spazio si contrae tantissimo, e soprattutto i fari non ti danno il modo di “leggere” il fondo, le buche e il profilo dove dovrai andare a mettere le ruote. A proposito, per un approfondimento su come guidare la bici eroica sullo sterrato vi consigliamo di leggere qui.
Colazione in Piazza del Campo
Arrivo a Siena che sono le 6 e venti: il passaggio per Piazza del Campo quest’anno è stato sontuoso, perché oltre alla vista c’era un ristoro da meraviglia: sui tavoli ci sono soprattutto dolci, ricciarelli e panforte; roba da leccarsi i baffi, perfetto per fare finalmente colazione, gustarsi la vista magnifica – e inedita – su una Piazza del Campo che – di notte e nella nebbia – si riempie di ciclisti. Sembra un sogno, appunto. Ma è tutto vero.
Mangio due ricciarelli e due pezzi di panforte, foto immancabile con la Torre del Mangia dietro all’amico Fabio che sta facendo L’Eroica con me, faccio altrettanto per lui, e poi via, si riparte: otto, dieci minuti è il mio tempo medio di sosta ai ristori, non certo perché stia pedalando con il cronometro, ma appunto perché la “mia Eroica” mi è sempre piaciuta viverla così, come una cicloturistica dove comunque vengo per pedalare di buona lena, gustarmi i ristori, ma senza abbuffarmi, che altrimenti non ripartirei più.
Al ristoro di Murlo – una trentina di chilometri dopo – sarà più o meno lo stesso: sosta veloce con ancora ottime crostate e carboidrati e poi via, con la differenza che a Murlo è già giorno da un po’, e si può iniziare a spassarsela davvero con la guida – divertentissima e allo stesso tempo “folle” – che è quella di questi vecchi pezzi di ferro sullo sterrato.
In gara con una “moderna”
Diciamo la verità: le strade de L’Eroica non sono proprio le strade su cui gareggiavano la stragrande maggioranza delle bici storiche che abitualmente partecipano alla ciclostorica toscana: qui il 95 per cento degli iscritti era, come me, su bici degli anni Settanta e Ottanta, bici d’epoca per così dire “moderne”, che appunto quando erano in auge calcavano strade asfaltate, non certo le sterrate che al contrario spettavano ai veri ciclisti eroici, quelli di inizio secolo: qui a Gaiole gli emuli di Binda e Girardengo partono alle 4:30 del mattino; fanno una fatica immane perché con quelle bici che pesano almeno quindici chili le tante salite ripide de L’Eroica sono obbligati a farle a piedi. Ma hanno solo un piccolo grande vantaggio rispetto a noi eroici su bici moderna: le loro “macchine” sono in fondo le moderne gravel ante-litteram, con una geometria comodissima e soprattutto con coperture generose, che in discesa sullo sterrato ammortizzano e sulla sabbia “galleggiano” molto di più di noi che con le bici anni Ottanta sulle buche “rimbalziamo” e sulla sabbia affondiamo.
Su una Vicini anni Ottanta
La mia Eroica XXV l’ho fatta con una Vicini degli anni Ottanta, ben testata e collaudata prima di portarla qui a Gaiole, equipaggiata con ruote originali dell’epoca ma con cerchi per copertoncino (più pratici dei tubolari per gestire eventuali forature), con guarnitura 52 e 42 e sei ingranaggi alla ruota, di cui il più agile era il massimo che mi potesse consentire il mio cambio Campagnolo: il 28 denti.
Sezione delle coperture? Anche in questo caso era il massimo consentito dal telaio e dalla forcella: 28 millimetri, per ricercare in qualche modo un relativo comfort nel transito sulle buche.
A proposito: i copertoncini – così come anche i pattini freno – erano rigorosamente nuovi, perché questi sono i due componenti su cui è bene non farsi prendere dal “purismo” di utilizzare parti d’epoca o datate, ma meglio utilizzare materiali moderni per un discorso di funzionalità, durevolezza e, soprattutto, sicurezza.
Il corredo tecnico
Immancabile nel corredo tecnico di un ciclista eroico è anche la borsetta portautensili: nel caso mio sotto la sella avevo montato una borsetta con due camere d’aria, due levagomme, un utensile multiattrezzo e per finire avevo messo un flaconcino di olio e un vecchio spazzolino per pulire la catena e poi lubrificarla strada facendo. Credo che in una “gara” come L’Eroica, l’olio sulla catena sia per la bici come quel che mangi ai ristori: qualcosa che fa rinascere. Provare per credere.
Per finire, sul tubo orizzontale avevo fissato tre raggi di scorta, altro ricambio che può salvarti da un’altra delle problematiche tecniche più frequenti nella classica di Gaiole.
Montalcino: giro di boa
Non tanto per la distanza, ma quantomeno per il volume dello sforzo, l’arrivo a Montalcino segna un po’ il giro di boa per chi fa il lungo Eroico: la salita che vi arriva da Castiglion del Bosco è roba tosta, da scalatori puri; è salita lunga e ripida, in buona parte a “gradoni”; è quella famosa perché nel 2010 fece letteralmente piangere Vinokourov al Giro d’Italia, quella che tanti eroici fanno per molti tratti a piedi. Qui – ormai che è giorno – c’è poco da risparmiarsi o centellinare le energie, ma è comunque essenziale andar su del proprio passo, e magari aspettare o farsi attendere dai tuoi compagni di avventura al termine della ascesa. Poi, quando finalmente sei in Piazza del Popolo a Montalcino, l’impressione è di aver già fatto tanto, in realtà l’arrivo è ancora incredibilmente lontano….
Quando lo sterrato è uno spasso
Dopo Montalcino e fino a Buonconvento il lungo incontra una porzione di percorso a mio avviso divertentissima: a quel punto la testa ti dice che sei già a un bel pezzo dell’impresa; poi qui c’è grossa presenza di sterrato, ma in proporzione il dislivello è relativamente contenuto, e soprattutto la strada qui è molto scorrevole: guidarci la bici eroica è uno spasso, con un fondo che era compatto e levigato nonostante la pioggia dei giorni precedenti.
Ogni anno che passo da qui mi viene sempre da pensare a quanto siano state pensate e costruite bene queste vie che sono vero e proprio patrimonio culturale.
Quaranta chilometri assieme a Cunego
Arrivo a Buonconvento che sono le dieci e mezza: da oltre due ore sono nella porzione di percorso in cui il lungo fa una strada a sé, si è staccato dal Medio che poi tornerà a incontrare tra qualche chilometro. Non c’è la calca dei primi chilometri, non c’è lo sferragliare continuo di chi ti è accanto; per me questo è un momento magico de L’Eroica, qui comincio a sentire bene la vera essenza di questa “pazza” pedalata da 209 chilometri: un’impresa solo contro te stesso.
Poi, dopo Buonconvento l’atmosfera cambia di nuovo: il lungo intercetta nuovamente il percorso medio e i suoi tantissimi partecipanti che si sono mossi un’ora dopo da Gaiole (circa in 800 hanno portato a termine il percorso lungo, circa 2600 il medio da 135 chilometri).
Si torna a respirare l’atmosfera festosa dei gruppi che pedalano assieme senza fretta oppure di chi procede speditamente al proprio passo: tra questi trovo uno in maglia rossa “Eroica” e su bici Colnago che ha una gamba “sospetta”, ha un polpaccio tornito che ha tanto l’aria di essere quello di uno che di bici ne mastica. Non mi sbagliavo, è Damiano Cunego, l’ex pro che – tra l’altro – ha vinto un Giro d’Italia, tre “Lombardia” e un’“Amstel”: anche Damiano da anni è testimonial degli eventi Eroica: fino a tre anni fa non sapeva quasi l’esistenza del mondo Eroica e delle ciclostoriche; lo ha conosciuto quasi per caso attraverso l’infaticabile Franco Rossi e il mitico Giancarlo Brocci; e se ne è subito innamorato.
Lo saluto, provo a seguire il suo passo e in fondo ci riesco, perché anche lui è qui non certo per correre a “manetta”. Vederlo pedalare in salita è uno spettacolo, gli anni sono passati ma lo stile quando la strada si impenna è sempre il suo, inconfondibile nella sua eleganza mista a forza, qualità che vengono fuori tutte sulle rampe che “fanno male” di Sante Marie. Anche Damiano ha scelto di pedalare il Medio, perché, mi dice: «Non mi andava di svegliarmi alle tre del mattino». Gli spiego che non sa cosa si è perso a partire di notte. Lo convinco e mi assicura che il prossimo anno sarà anche lui dei “nostri”, anche lui pedalerà sul Lungo.
Condivido con Damiano quaranta chilometri, fino a che il Lungo e il Medio non tornano a dividersi vicino Pianella. Pedaliamo assieme anche su quel tratto che ha messo a dura prova le capacità di guida degli Eroici: la discesa prima di Asciano è sempre stata con fondo un po’ scassato, ma mai come quest’anno le condizioni erano davvero impegnative a causa dei canali creati dall’acqua e soprattutto della sabbia che ti ritrovavi d’improvviso ammassata in alcuni tratti in discesa. In questi casi – mi conferma anche Damiano – le soluzioni sono solo due: «O ti fermi e vai a piedi (come hanno fatto in tanti), oppure arretri il peso del corpo, alleggerisci l’anteriore e poi quella sabbia la superi di slancio, stando attento a che le ruote non affondino nella sabbia». E una volta che hai preso dimestichezza con questa operazione, vi assicuro, guidare in queste condizioni con queste bici è ancora più avvincente ed appagante.
A Pianella tradizionalmente ha inizio il capitolo finale del lungo: il percorso si stacca nuovamente da quello del medio e si torna a pedalare quasi sempre da soli; da qui in poi gli eroici del lungo sono in genere ben distanziati l’uno dall’altro. Io arrivo lì che sono in sella da oltre sette ore, e di chilometri da mettere in cascina ne ho ancora quaranta.
Nelle tasche ho messo una buona scorta “carburante”, con crostate e di pezzi di banana presi al ristoro di Castelnuovo Berardenga, perché lì non ricordavo bene se dopo questo ci fosse ancora un altro ristoro. Per non sbagliare, meglio avere tutto con sé.
Certo è che già da un pezzo oltre ai carboidrati ho iniziato anche a mangiare proteine, con pane e prosciutto oppure pane con salame spalmato. Sono nutrienti essenziali se hai in mente di stare in sella così tante ore e farlo, ovviamente, senza barrette moderne o gel. La ribollita? No, non l’ho mangiata, ho preferito rimandarla a cena. Ma le attenzioni sull’alimentazione non bastano: le gambe iniziano a “chiedermi perdono” o meglio a mandarmi chiari messaggi che sto iniziando a raschiare il fondo del barile.
Capisco che sto pagando un po’ l’euforia e l’entusiasmo dei chilometri fatti con Cunego, ma forse intuisco anche che ho bevuto poco negli ultimi cinquanta chilometri. Su distanze e sforzi di questo tenore capisci bene come, superati certi chilometraggi, anche errori piccoli si pagano carissimi, con l’aggravante che qui a L’Eroica le distanze le vedi moltiplicare almeno per “uno e mezzo” se vuoi avere il corrispettivo di una gara su strada su bici moderna…
Da Pianella la strada sale dolcemente ma inesorabilmente: le ascese verso Vagliagli e poi verso Radda non sono ripide, ma con tutti quei chilometri nelle gambe sono comunque una sofferenza; sono sicuro che sarà stato lo stesso per tutti gli altri che come me hanno portato a termine – oppure conoscono – L’Eroica dei 209. Ma è proprio li che inizi ad assaporare ancor più il gusto di questa piccola grande impresa.
Sull’ambita pedana rossa
A Radda in Chianti finalmente una fontana, scolo una borraccia intera d’acqua in un baleno; riprendo forza per l’ultimo sforzo su asfalto verso lo sterrato conclusivo – il più bello per il morale – quello verso il Castello di Vertine, vera e propria terrazza sul Chianti, da dove “prendi il volo” per Gaiole che sta lì sotto ad aspettarti, e che già assapori l’arrivo mitico sulla pedana rossa che spetta a chi fa il lungo.
Arrivo a Gaiole che sono da poco passate le quattrodici. E anche quest’anno è andata! Per me L’Eroica XXV è stata l’undicesima di fila, di cui le ultime sei tutte sul percorso Lungo. Il pensiero che mi ha sempre bussato alla mente mentre ho pedalato queste sei edizioni? Sempre lo stesso: «Con questo basta, questo sarà il mio ultimo 209», ma cinque minuti dopo l’arrivo già sto facendo il conto alla rovescia per il Lungo che sperò potrò fare anche il prossimo anno…