8 apr 2018 – Nei festeggiamenti di Peter Sagan che si è finalmente messo in tasca la Parigi Roubaix mi continua a girare in testa il nome di Silvan Dillier.
Ho sempre detto che nel ciclismo non riesco a fare il tifo per qualcuno, ma faccio il tifo per l’impresa e oggi, negli ultimi dieci chilometri della Parigi Roubaix mi sono trovato in un’impasse.
Ero quasi nel dubbio di non sapere chi scegliere.
Istintivamente, nell’azione di Sagan, scappato via un po’ così, “da fagiano”, mi piaceva da matti l’idea che il Campione del Mondo potesse aver messo tutti nel sacco con un’azione non di forza, non subito almeno. Proprio quel Sagan che spesso è stato criticato per la tattica di corsa e che stavolta, a mio modo di guadare, se l’è giocata proprio bene.
Ha colto l’attimo di indecisione, dove gli avversari non hanno guardato lui, ma si sono guardati tra loro. Ha allungato come a dire “allora, che si fa?”, poi quelli hanno continuato a guardarsi ed ha aperto un po’ il gas.
Vuoi vedere che ci cascano? Ho pensato. L’avrà pensata anche lui, Peter Sagan. All’inizio mi sentivo pure ingenuo: ti pare che fanno andar via così uno con la maglia iridata? Quello lì poi, che non sarà come Cancellara nelle progressioni, ma se gli dai troppa confidenza lo saluti direttamente sul podio.
E Sagan, intanto, andava. Con dietro tutta la Quick Step che aveva appena iniziato a far partire i suoi cavalli di razza uno per volta. Roba da ammazzare tutti e tanti saluti pure a Van Avermaet che sembrava braccato come Sagan.
Invece Sagan è andato. Venti secondi, poi quaranta, poi ha ripreso quelli lì davanti che la Roubaix se la sono corsa tutta da soli, poi li ha staccati uno per uno.
Anzi no. Uno gli è rimasto attaccato.
Bella quella maglia, sembra Cancellara.
Aspetta un attimo.
Dunque vediamo: Silvan Dillier, l’avevo sentito nominare ma ammetto di non sapere nemmeno che fosse il campione di Svizzera. Invece eccolo lì, un pazzo dev’essere, ma cosa fa? Si mette pure a dare i cambi a Sagan adesso?
Andando a controllare da quanto è col vento in faccia, Dillier, il racconto della corsa parla della fuga partita quando si superavano abbondantemente i 200 chilometri dal traguardo.
E quello dà i cambi.
Automaticamente per uno così scatta l’ammirazione. Tanto più quando, chiedendo un po’ in giro, scopro che neanche doveva correrla questa Roubaix. È stato ingaggiato all’ultimo per sostituire un compagno.
La fuga di Dillier e la sua strenua resistenza iniziano a farmi stare simpatico questo corridore svizzero. Che poi la sua resistenza è tutt’altro che strenua. I suoi cambi sono piuttosto regolari e quando Sagan fa le sue serpentine a cercare la strada migliore, schivando buche e pavé lui non è da meno. Copia la ruota posteriore dello slovacco senza esitazioni. È lucido in quel che fa, non al traino.
Come fa, allora, a non stare simpatico uno così. Al cospetto del Campione del Mondo predestinato i paragoni diventano epici: Davide contro Golia e giù di lì. Ammirazione istintiva.
Per quello quando lo vedo entrare in testa nel velodromo e tirare la volata perfetta a Sagan un po’ mi spiace. Forse non se l’è giocata fino in fondo (addirittura?) forse, da pistard qual è avrebbe potuto osare di più. Forse si erano già messi d’accordo che un secondo posto nel velodromo di Roubaix può valere comunque una stagione.
Nel clamore ormai tutti gli obiettivi sono a fuoco su Peter Sagan, che scende di bici, fa l’inchino e buonanotte ai suonatori. Una vittoria fantastica, da fuoriclasse e da campione qual è. Ma davvero qualcuno ancora chiede a Sagan di dimostrare qualcosa? Datemi retta, uno così non deve dimostrare niente e già da un po’, godiamocelo e basta.
Però, dopo aver guardato le foto, cercato l’ultimo aggiornamento sul povero Goolaerts che ancora ci lascia col fiato sospeso e un attimo prima di chiudere il computer per farmi un caffè, vado a rileggermi una cosa scritta di getto, a circa dieci chilometri dal traguardo. Avevo fatto pure il titolo per un pezzo che avrebbe raccontato una cosa pazzesca. Chissà, forse in un universo parallelo le cose sono andate davvero così e mi sorride sempre l’idea di quella teoria di Hawking…
Se vi va, eccolo qui:
Parigi Roubaix 2018: vendetta e beffa per Sagan.
Il trionfo è di Silvan DillierSilvan Dillier e chi l’avrebbe detto? Una beffa, un errore. La corsa perfetta di Sagan che ha risposto nel modo migliore alle chiacchiere della settimana, è andata a farsi friggere a favore di uno svizzero cui dobbiamo solo gli onori e pure tanti.
Ha fatto una cosa mostruosa Dillier, prima nella fuga della mattina, quella partita a cento e mille chilometri dall’arrivo, mentre dietro ancora si aggiustano occhiali e maglie.
Ha resistito nei momenti difficili e poi ha osato prendere la ruota di Peter Sagan nella sua fuga folle, dove sembrava pedalare facile e inesorabile.
Finale scontato?
E invece no.
La Roubaix altre volte ci ha regalato un finale pazzesco e incredibile e l’edizione del 2018 dobbiamo metterla negli annali con parole chiave “beffa”, “Sagan” e “Dillier”, il campione pazzesco che nessuno s’aspettava. Forse nemmeno lui che sulla carta in volata avrebbe dovuto perdere 99 volte su 100. Ecco quell’una se l’è giocata proprio oggi.
Invece non è andata così e ho gioito all’impresa di Peter Sagan.
Però quasi quasi, una magia da Dillier me la sarei aspettata in quel velodromo a sorpresa.
Sì una magia ci sarebbe stata proprio bene, tanto più da uno che si chiama Silvan.
NB
Nella foto in apertura Silvan Dillier è quello sfocato e di spalle. In fondo, fino a oggi, lo conoscevamo così.
Guido P. Rubino