“Ho una paura tremenda” mi aveva detto subito Vittoria Bussi la prima volta che l’avevo incontrata, a distanza di qualche mese avrebbe fatto il suo primo Record dell’Ora.
Be’, normale avere paura per una ciclista quasi per caso, che si è scoperta un grande motore e ancora più grande volontà, lasciata all’esterno dal ciclismo che conta perché così diversa. Giovane al ciclismo ma troppo vecchia per l’anagrafe del ciclismo. A più di trent’anni cosa vuoi investire su una che fa di testa sua e poi rischia di dimostrarti pure che aveva ragione lei.
Laurea in matematica, il dottorato a Oxford, non la freghi facilmente.
E di muri, Vittoria, ne ha trovati davvero tanti. Logico avere paura.
“In realtà – aveva precisato subito dopo – ho paura di cadere uscendo dal blocco dello start”.
Ecco, così aveva fregato anche me, spiazzandomi completamente.
Ma come?
Nel ciclismo su pista, nelle prove cronometrate dove un millesimo di secondo può fare la differenza, non lo si può lasciare nelle mani di un pur volenteroso, ma umanissimo, giudice. C’è un sistema idraulico, comandato elettronicamente, che intrappola la bicicletta fino al momento del via. E si apre proprio nel millesimo di secondo giusto, poi sta all’atleta, ma intanto è uguale per tutti e non si può sbagliare. Si parte da fermi e c’è quell’attimo in cui ti ritrovi con la bici libera e completamente ferma. In quell’attimo Vittoria Bussi ha paura (e se cado?), mica nell’ora di solitudine e sofferenza che l’aspetta poi.
A quella, Vittoria, è abituata. Allenata.
Era iniziata così, con una chiacchierata che avevo capito sarebbe stata subito tutto al contrario, l’incontro con Vittoria Bussi, professione: matematica, anzi, atleta. Un connubio più unico che raro. Nella mia testa avevo iniziato a fare il conto di quanti ciclisti o cicliste di alto livello conoscessi, anche solo per sentito dire, che fossero mai entrati in una università, figuriamoci un dottorato.
Vittoria aveva scoperto il ciclismo quasi per caso, aveva preso coscienza, però, di avere un bel motore muscolare correndo a piedi. La bici è stata una conseguenza ma essendo già adulta è diventata anche un problema. Avete presente cosa significa stare in un gruppo di corridori in una gara? Ci sono una serie di sensazioni da provare, situazioni da assorbire e comportamenti da far diventare automatici, riflessi da allenare e istinto da educare, a volte al contrari alla logica apparente.
Insomma, un gran casino. Col rischio di farsi e fare male. Cosa vuole questa nel gruppo, perché non torna tra i suoi libri?
Vittoria si sentiva fuori posto anche con l’età. Contornata da ragazzine che avrebbero potuto essere sue allieve se, invece di salire in sella, avesse continuato la strada naturale della sua vita salendo in cattedra. Ma oggi chi ce la vedrebbe lì, forse un domani che per lei è decisamente lontano.
Una ciclista al contrario. Per un’atleta, vale anche per i maschi, il Record dell’Ora è la conseguenza di una storia ciclistica. Quella di Vittoria, invece, parte proprio da lì, dal Record dell’Ora. Come se un’alpinista volesse partire scalando l’Everest, per capirci. Lo prenderebbero tutti per matto.
E infatti per matta è stata presa Vittoria quando ha iniziato a pensare al suo Record. Aveva conosciuto Graeme Obree, un altro che fece un Record dell’Ora quasi impensabile: “Are you ready to die?”, sei pronta a morire? L’aveva messa in guardia dalla fatica pazzesca fisica e mentale.
I numeri rassicuranti delle sue prestazioni non parlavano di tutto il resto: della testa ad esempio. Di come sia massacrante stare lì un’ora, da soli, a sputare l’anima rimanendo composti e senza urlare, senza finire sui sacchetti che delimitano le curve in pistsa. Senza neanche disperarsi quando la testa va per conto suo e inizia a dare suggerimenti folli. Se mi lasciassi cadere metterei fine a questa sofferenza. Lo capisci che è illogico ma la nebbia della fatica rischia di dare un senso a qualsiasi follia. Ma non è follia anche pensare al Record dell’Ora pronti-via? E allora quella testa che sembra folle, ricoperta da riccioli disordinati, rimette tutto a posto: si va a fare il Record, voi fate come vi pare.
Solo che se la prendi così rischi di farti male, Vittoria lo sapeva, ma probabilmente non s’immaginava quanto. Lo avrebbe scoperto piano piano, trovandosi porte chiuse davanti, anche quelle che si sarebbe aspettate facili. Mai completamente dentro il giro della Nazionale azzurra che non aveva interesse a investire su un’atleta già matura, Vittoria ha vestito la maglia azzurra solo quando… non se ne poteva proprio fare a meno. Puoi lasciare a casa una che ha stabilito il Record dell’Ora? Al tempo stesso lei non si è mai allineata alle logiche di una nazionale che funziona in maniera completamente diversa e non è mai riuscita ad assorbire un elemento così anomalo. Per abituarla alla bicicletta l’hanno persino messa a correre su strada, lei che si trova bene da sola a girare intorno facendo della fatica una questione personale al punto di allenarsi proprio a quella, facendosi portare in allenamenti lunghi ed estenuanti che sarebbero serviti a digerire meglio quell’ora che non finisce più.
Vittoria tutta al contrario, a partire da una comunicazione fatta solo sui social e nessuna cartella stampa e che poi ti spiazza quando lo fai notare: “Oddio scusa, non ci abbiamo mai pensato, siamo un po’ artigianali in tutto”. In quel noi ci sono lei e il suo compagno, Rocco, che la supporta e sopporta in tutto e ha fatto una squadra apposita per sostenere un progetto che ha spiazzato anche le aziende, sempre difficili da trovare a supporto. Oggi qualcuno rimpiange l’occasione perduta.
E adesso? Ancora non ho ancora chiesto a Vittoria dei prossimi progetti, ma cosa volete aspettarvi? Rischia di spiazzarci tutti ancora una volta per dimostrare, di nuovo, che aveva ragione lei. Con la stessa espressione della fotografia che avevo ripescato dall’archivio di quella prima intervista (la trovate qui sotto).
In realtà, era l’ennesima che le avevo fatto quel giorno e, molto probabilmente, stava pensando qualcosa tipo “hai finito con ‘ste foto?”. Ma da persona educata e per bene qual è, non me lo ha mai confessato.
Premetto che, come chiunque può capire, Vittoria Bussi ha un motore fantastico, di cilindrata superiore a moltissime ragazze che del ciclismo hanno fatto una professione. Però capisco anche la federazione, che si cura poco di lei e non la chiama in nazionale: che te ne fai di una atleta che, fino a prova contraria, record dell’ora a parte non ha ottenuto alcun risultato in altri tipi di gara ? Se c’è un campionato del mondo di velocità sull’ora, è senz’altro la prima da convocare, altrimenti … Sarebbe come convocare un calciatore che battendo le punizioni segna tre volte su quattro, ma per il resto non ha alcuna idea su come stare in campo.