Un favorito unico, tanto scontato ma non noioso. Perché il ciclismo è spettacolare anche quando sembrerebbe scontato e tanto più se si parla del Giro delle Fiandre, la Classica per eccellenza, quella che nell’immaginario popolare apre la settimana santa del ciclismo (non per i Belgi che non si sognerebbero mai di mettere una corsa francese a delimitare la santità del ciclismo)
Mathieu van der Poel sembrava scontato e si è confermato tale. Ma tutt’altro che noiosi i 270 e passa chilometri di gara, da Anversa a Oudenaarde. Partenza in primavera, arrivo più consono, da classiche, in autunno pieno, strade viscide e pavé più infido che mai.
Gli altri all’attacco del nuovo re (cinque Ronde sul podio, terza vittoria con quella di oggi, secondo posto nelle altre due edizioni non vittoriose) cercando quello che poi si è rivelato impossibille: metterlo in difficoltà.
Senza i fenomeni come Pogacar e Van Aert il resto diventa contorno. Dietro si è formato un gruppetto di sette con un ottimo Pedersen, il primo dei grandi ad accendere le polvero, ma anche il nostro Bettiol, in stagione di grazia. Perfetto fini agli ultimi cento metri, con Theuns accordo perfetto quando sono esplosi tutti e due facendosi riprendere dagli inseguitori proprio lì, quasi sotto al traguardo. Peccato. E noi che contavamo già in un secondo posto per l’italiano. Podio che è rimasto azzurro, almeno per il secondo posto, con l’ottimo Luca Mozzato che ha regolato addirittura un cagnaccio come Matthews (poi retrocesso per volata irregolare). Ma dopo 270 chilometri può succedere anche questo.
Il primo attacco di Van der Poel è stato sul Kwaremont, l’antipasto per assaggiare la gamba degli avversari. Il colpo finale su Koppenberg, in progressione, superando un Ivan Cortina appiedato dal fango scivoloso e temerariamente in avanscoperta. Una corsa da gambe e abilità, il mix perfetto che descrive il Campione del Mondo. Non si è innervosito nemmeno quando gli avversari hanno provato a scompigliare la corsa. A rivedere la corsa di Van der Poel non troviamo neanche energie sprecate. Le ha spese tutte quando servivano, per fare fuori gli avversari in maniera chirurgica, cresciuto più che mai.
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foto d’apertura: Sprint Cycling Magazine