3 apr 2017 – Un anno fa di questi tempi avevamo espresso il timore che il ciclismo si stesse rompendo. Corse chiuse fino all’ultimo chilometro, tatticismo esasperato favorito da squadre numerose, sempre meno fantasia e coraggio dei corridori nell’inventarsi un numero che sparigli le carte in tavola.
Siamo molto felici, dunque, che questo inizio di stagione ci stia smentendo e che abbia regalato, nella Sanremo e nel Fiandre, uno spettacolo meraviglioso e emozioni a non finire.
Alla Sanremo Peter Sagan, il campione del mondo in carica, l’uomo più marcato del gruppo, invece che aspettare la volatona di via Roma dove dopo 290 km avrebbe potuto certamente dire la sua, è scattato sul Poggio, seguito solo da Alaphilippe e Kwiatkowski. Il resto lo ha fatto l’intelligenza di Kwiatkowski che a 400 metri dall’arrivo si è lasciato sfilare per qualche metro e inducendo Sagan a lanciare la volata troppo presto e al contempo prendendogli perfettamente la scia per poi infilarlo a 20 metri dalla linea d’arrivo. Spettacolo puro di intelligenza tattica e di lucidità, le uniche doti capaci sovvertire un finale scontato e di regalarci la Sanremo più bella degli ultimi quindici anni.
Al Fiandre ancora meglio, con la Quickstep che a 100 km dall’arrivo porta via una fuga che taglia per lunghi tratti i due favoriti Sagan e Van Avermaet. E soprattutto con Gilbert che si inventa un numero d’altri tempi, facendo una cosa contraria a tutte le logiche e a tutte regole degli ultimi anni: pur avendo con sé due compagni di fuga – e che compagni! Boonen e Trentin – forza sull’Oude Kwaremont e se ne va. A 55 km dall’arrivo. Un’azione che non eravamo più abituati a vedere neanche nelle tappette interlocutorie del Giro d’Italia, figuriamoci al Fiandre. Nei chilometri successivi Sagan e Van Avermaet si dannano per rientrare, finché un calo di lucidità di Sagan lo porta a inciampare su una transenna e a dire addio ai sogni di gloria. Così il Fiandre ha premiato la classe, l’incoscienza e il coraggio di Gilbert con una vittoria che resterà a lungo negli annali e nella memoria dei milioni di appassionati che hanno sobbalzato per dieci chilometri sul divano.
Che cos’è successo, quindi? Il ciclismo è tornato a emozionare e a dare spettacolo. Cosa ci è voluto? La classe e il coraggio di due fuoriclasse, Sagan e Gilbert, capaci di accettare il rischio di perdere una corsa pur di vincerla; l’intelligenza tattica di Kwiatkowski, e per una volta la lungimiranza di direttori sportivi come quelli della Quickstep che si sono fidati delle sensazioni del loro campione. Ci voleva molto?
Una piccola nota di chiusura: alla fine il glorioso Muro di Grammont, prima tolto dalla corsa per le esigenze dell’organizzazione e reinserito quest’anno, è stato decisivo perfino a 100 km dall’arrivo, a dimostrazione del fatto che non è davvero un caso se il ciclismo vive soprattutto delle salite che hanno fatto la sua storia.
Claudio Borgognoni