22 apr 2017 – Parla Brocci e c’è silenzio. Oggi ce n’è bisogno nel ciclismo e anche di gente com Brocci. Parla di Bartali, del suo libro sul campione di Ponte a Ema e presenta anche la Valentiniana, prima prova del Grand Tour delle ciclostoriche. Parla del vintage e pensa al futuro Brocci: «Lo sai che stiamo facendo un progetto con gli Under 23? – provoca subito “il Brocci” – ci sono delle idee, siamo andati pure in Russia». Ci sarà da approfondire ma intanto si torna a Bartali e al tempo in cui il ciclismo era così importante che Mussolini aspettò addirittura un lunedì per dichiarare guerra e far finire prima il Giro.
Duello sportivo e chiacchiere di campioni, il contesto che fa l’importanza di un duello che, dice Brocci: “non ha avuto mai vincitori. E badate che io li ho analizzati tutti i giornali di allora per trovare un primato. Senza successo”. Si parla di Bartali, corridore da Tour, prima partecipazione nel 1937, quando venne finalmente ammesso il cambio di velocità perché il ciclismo che voleva Henri Degrange era puro e senza neanche le maglie in più se faceva freddo.
Un paragone col ciclismo moderno e la voce, da medico, di Brocci. Quelli che lui chiama i “campioni slick”, quelli troppo leggeri che “sfido qualsiasi donna a vedere alcuni ciclisti moderni in canottiera e innamorarsene”. E poi ancora la polvere.
Ciclismo eroico per strade e per interpreti, vicende di guerra e di tifosi e di avventure di strada. Voglia di pedalare e di strade sterrate o asfaltate.
Quelle che si affronteranno da domani in poi, con un minuto di silenzio perché oggi resta un giorno di silenzio per il ciclismo.
GR