10 feb 2019 – Il ciclismo esiste perché esiste il racconto del ciclismo. Sembra una frase retorica, invece è storia.
Le grandi corse che amiamo seguire (il Tour de France, il Giro d’Italia, le “classiche”, eccetera) sono state inventate, alla fine del XIX secolo, da alcune delle principali testate giornalistiche di quel tempo. Organizzare una corsa e farla raccontare dai propri inviati, in un’epoca in cui non esistevano radio e TV, significava vendere più copie dei giornali. Per questo motivo, per le fortune del ciclismo, chi racconta le corse è fondamentale quanto i campioni che le vincono. Da sempre.
L’avvento della radio e della televisione, nel Novecento, ha progressivamente eroso la centralità delle “penne” dei giornalisti e degli scrittori, conferendo importanza alle voci dei radiocronisti e dei telecronisti. A dispetto di chi vive solo di immagini, il ciclismo – ancora oggi – è soprattutto questo: voci. Potete guardare una partita di calcio in TV senza la telecronaca (conosco persone che ritengono sia anche meglio), perché tutto si svolge dentro a un rettangolo verde di dimensioni definite e contenute. Ma non potete fare la stessa cosa con il ciclismo. Una corsa è diffusa per natura, quasi ubiqua: senza il racconto dei telecronisti, il ciclismo non è intelligibile.
Tra le voci del ciclismo contemporaneo, quella per me più interessante appartiene a Silvio Martinello. Purtroppo, ho appreso oggi che non potrò più ascoltarla sulle reti RAI in questa stagione 2019 che sta per entrare nel vivo. Non so quali ragioni abbiano portato a questa “separazione”. O forse, almeno in parte, le so. Ma non è rilevante dirle: in ogni caso, mi dispiace molto.
Negli ultimi cinque anni Martinello ha messo a disposizione della RAI e del ciclismo tre qualità che raramente si assommano in un commentatore tecnico: esperienza, competenza e capacità prospettica.
Qualunque grande campione ha esperienza: in carriera ha visto e vissuto situazioni importanti, che può raccontare davanti a un microfono. Ma saper astrarre concetti e temi rilevanti da queste esperienze, per poi riproporli in relazione a fenomeni e contesti diversi, è un altro tipo di attività, perché richiede facoltà di analisi e riflessione; in definitiva: “studio”. Da qui nasce la competenza. E non è da tutti.
Se, poi, la competenza viene usata per immaginare il futuro in modo coerente e argomentato, per evidenziare problemi e criticità che quel futuro potrebbe riservare (e per avanzare proposte utili), allora, si ottiene anche la capacità prospettica. E questa è davvero rara.
Ho avuto personalmente modo di verificare e apprezzare queste qualità di Silvio Martinello in contesti diversi dalla TV: in ambito universitario e nel campo editoriale. Ma ne ho goduto soprattutto come spettatore delle tante telecronache RAI che Silvio ha condotto al fianco del bravo Francesco Pancani.
Attraverso il medium televisivo, Martinello ha offerto queste qualità a tutti gli appassioni italiani di ciclismo. Lo ha fatto dicendo sempre quello che pensava, in modo educato, spesso ironico, ma senza esitare e senza fare calcoli di convenienza personale. Per questo motivo nutro grande stima per lui. Per questo sto scrivendo, d’istinto e di getto, questa sorta di “apologia”.
Ma badate bene: non si tratta di un’apologia di Silvio Martinello, che non ha certo bisogno di essere difeso da qualcuno o, tanto meno, del mio modesto supporto. Avrà mille altre cose importanti da fare, da adesso in poi, e mille occasioni per dire la sua.
Questa, piuttosto, è un’apologia della voce di Silvio Martinello: qualcosa che mi mancherà molto durante i prossimi mesi, nei weekend in cui riuscirò a seguire le telecronache del ciclismo in diretta, nelle notti in cui guarderò le repliche di ciò che mi sono perso al pomeriggio.
Il commento tecnico di Silvio mi teneva compagnia e mi aiutava a capire alcune dinamiche dello sport del pedale che ancora mi sfuggono, nonostante io lo studi seriamente ormai da molti anni.
Mi divertiva, anche, perché sapeva trasformare in arte quei momenti di noia apparente delle corse che, in realtà, costituiscono l’essenza del ciclismo e il banco di prova del vero appassionato. Perché aveva sempre l’aneddoto giusto da raccontare al momento giusto: spassoso, ma anche gravido di significati. Io mi diverto solo ad ascoltare le persone intelligenti.
Infine, il suo commento mi entusiasmava quando si dedicava al ciclismo su pista: disciplina di cui è stato un fenomeno. La pista in Italia, oggi, dopo lungo oblio, è finalmente in grande ripresa, ma ha ancora bisogno di visibilità mediatica e di telecronisti di altissimo livello tecnico per continuare a crescere nelle preferenze del pubblico.
È inutile negarlo: con la “separazione” di Martinello dalla RAI, si chiude un ciclo dal punto di vista della divulgazione della cultura ciclistica attraverso le telecronache sportive. Platone, inesorabile riferimento filosofico quando si scrive un’apologia, chioserebbe: «forse era inevitabile che le cose [in RAI] andassero così». Probabilmente la televisione pubblica saprà proporre altri validi commentatori tecnici. Ma non sarà la stessa cosa. Almeno, non per me.
Resta solo da chiedersi cosa il futuro riserverà a Silvio Martinello e cosa lui riserverà al futuro del ciclismo.
Io un paio di belle ipotesi le ho formulate. Mi è anche capitato di scherzare con lui, in proposito. Mi ha risposto, simpaticamente: “…vedremo!”. Ironia complessa, come quella di Socrate: anche lui faceva sempre arrabbiare qualcuno ogni volta che parlava.
Paolo Bozzuto
(docente di urbanistica al Politecnico di Milano, autore del libro “Pro-cycling Territory“)
Peccato , un signore di altri tempi senza pensare alla sua grandissima competenza .
Mancherà pure a me.
Daniele
Senz’altro in miglior commentatore tecnico e non solo per il ciclismo.
Peccato non sentirlo più sulla Rai ma chissà….
sottoscrivo in toto .
i sentimenti di stima verso il grande Silvio che ho avuto la fortuna di conoscere ed apprezzare come uomo e atleta ,da tecnico della ditta fornitrice delle bici ;ci ha permesso di fregiarci di medaglie d’oro, di vittorie di tappa e maglia rosa al Giro;
ho potuto apprezzare la preparazione tecnica profonda sui suoi “strumenti di lavoro” ;molti atleti sono pressapochisti,molti altri maniaci o del peso o dei millimetri ma senza costrutto tecnico(una specie di scaramanzia),altri menefreghisti.
silvio no,sapeva quello che chiedeva e perchè e anche nelle sue telecronache non sono rimasto sorpreso quando ha dato spiegazioni
azzeccate riguardo a determinate cadute spiegabili con la tecnica del mezzo;solo Silvio ci è arrivato,fra i vari chiachieroni, pur senza fare bagarre,en passant,come suo solito per non salire in cattedra.
una persona intelligente ,simpatica e professionale con un timro di voce chiaro ,gradevole e senza le tiritere di certi cronisti sportivi che non valgono un’unghia di Silvio(e non parlo di Pancani,sempre attento a sfruttare la sapienza del collega).
certo in RAI succede anche di peggio,perchè nessuno deve rendere conto ai fruitori del servizio scadente.
che dire ,buona fortuna ,Silvio
spero che rinsaviscano.
Stiamo anche parlando di Livello di Massima Incompetenza?
Lo penso perché oltre ad aver sostituito il bravissimo e piacevole Martinello hanno pure impedito ad Alessandra De Stefano di continuare il suo valido lavoro giornalistico promuovendola a vice-direttrice di Rai Sport. Non che io amassi particolarmente la retorica dei suoi interventi, ma apprezzavo la sua professionalità ed il suo modo d’interagire con i corridori o con i validi commentatori tecnici come p.e. con Garzelli.
E come se non bastasse trasferendo il validissimo Pancani in sella ad una moto son riusciti a rendere il Giro d’Italia 2019 ‘inascoltabile’ per quanto il commento sia farcito di banalità e notizie del tutto superflue. La Noia!
Temo che queste pessime scelte da parte della RAI non siano reversibili e determinate più che dai livelli di competenze e capacità professionali da motivi politici/carrieristici, se non da gelosie personali.