di Guido P. Rubino
2 giu 2021 – Il Giro d’Italia che si è concluso da meno di una settimana non è stato solo uno sforzo enorme per i corridori ma anche per la Rai che ha trasmesso, per la prima volta, tutte le tappe in diretta.
Com’è andato il servizio della TV nazionale?
Ecco la nostra analisi.
Diretta RAI e telecronaca
Il Giro d’Italia è il termometro che misura lo stato del nostro servizio pubblico rivolto al ciclismo. Oramai ci torniamo ciclicamente non manchiamo neanche quest’anno anche se, vista la quantità di ore di collegamenti, è davvero difficile e praticamente impossibile, dare una valutazione su tutto e tutti.
Dopo l’esperimento con la Milano Sanremo i responsabili di Rai Sport hanno deciso di replicare anche al Giro d’Italia la diretta totale. Se alla Milano Sanremo i dubbi ci sono stati sciolti positivamente (la partenza, l’avvio della fuga e la periferia di Milano e quei primi chilometri sono un racconto tattico e culturale passato piacevolmente a nostro avviso) qualche perplessità ci è rimasta per il Giro d’Italia. Far vedere tutte le tappe dall’inizio alla fine è stato in qualche modo un esperimento di acrobazia tecnica, letteraria e stilistica per i poveri commentatori e di pazienza per i telespettatori. Ma una certa noia è stata evidente e impossibile da nascondere. Nemmeno si può attribuire ai corridori (che pure, con le fughe partite più presto che mai, ne hanno logicamente approfittato).
Buona, intanto, l’idea di alternare due coppie di commentatori per l’inizio della tappa e per la parte finale. Aiutano a rompere un ritmo che rischia di sfiorare la noia anche se, bisogna riconoscerlo, a volte è davvero dura e il dubbio che una cosa del genere non sia positiva per il ciclismo rimane. È difficile mantenere quantità e qualità direttamente proporzionali. La Rai si è spesso salvata, in parte, grazie alla bravura dei suoi commentatori.
Ecco chi ci ha raccontato il Giro d’Italia. Non diamo voti, ma solo giudizi.
Francesco Pancani
Ammiraglio e grand’ammiraglio Pancani. Le telecronache di ciclismo sono ormai casa sua e si intuisce, anzi si sente, che ci si trova bene, comodo e a suo agio. Ritmi giusti, commenti azzeccati, bilanciamento perfetto nel passare la linea agli altri commentatori che ha vicino oppure in moto o in regia. Voce piacevole e mai monotòno. Verve toscana e anche battute a spezzare la noia di alcune tappe davvero troppo lunghe in cui, comunque, è riuscito a recuperare un po’ di interesse. È una conferma scontata che non metteremmo più in discussione.
Giada Borgato
La scoperta del ciclismo Rai al microfono. Si è già fatta apprezzare nelle telecronache di ciclismo con commenti sempre puntuali, ex ciclista, l’esordio al microfono principale è da promozione, lo diciamo subito. Poi acquisirà quel po’ di scioltezza in più (e che, comunque, è andata migliorando anche strada facendo grazie pure ai due compagni di banco in telecronaca). I commenti tecnici sono stati precisi e attenti, forse un po’ acerbi ma se è mancata in qualcosa aveva una spalla tecnica formidabile, anzi due: Davide Cassani in moto e Stefano Garzelli in regia.
La voce – importantissima anche questa – è piacevole e senza troppa inflessione. Si è amalgamata rapidamente con gli altri due commentatori. Ha margini di crescita, ma l’esordio è già ben oltre la sufficienza.
Fabio Genovesi
È la voce calma del racconto, se nei primi anni sembrava un po’ fuori luogo, ormai si è integrato perfettamente nella dinamica della telecronaca. Utilissimo per macinare chilometri in sicurezza, come Filippo Ganna insomma e pure con qualche acuto. È riuscito più di altre volte a integrare i suoi racconti, merito probabilmente anche dello spazio in più dovuto alla maggiore durata della telecronaca, ma perfetto per cambiare il ritmo. Ha riso anche molto di più, buon segno per tutti.
Stefano Rizzato
Vola decisamente alto e sempre di più. Eccelle ovunque lo mettano e non perde il discorso nemmeno quando si perde la connessione della sua moto. Vede bene la corsa, conosce i corridori che intervista in quasi qualsiasi lingua parlata in gruppo (mica poco). Il ruolo di rincalzo gli sta sempre più stretto, ma l’impressione è che lui si diverta un sacco anche così. E fa divertire anche noi. Eccellente. Ce lo potremmo aspettare in qualsiasi parte, ovviamente, l’importante è non sprecarlo, sarebbe un peccato.
Andrea De Luca
Nel ruolo del conduttore della prima parte ha trovato la sua dimensione. Andrea De Luca è appassionato, pedala tanto ed è diventato un ottimo gregario. Da capitano si perde un po’ anche se mantiene sempre il livello grazie all’esperienza.
Marco Saligari
È stato il commentatore tecnico al fianco di De Luca per la prima ora. Puntuale e preciso, ormai è una voce cui non si può rinunciare, da fratello maggiore dei corridori cui vorrebbe anche dire quando vestirsi e come risparmiare le gambe. Ha competenza da vendere e non è banale.
Davide Cassani
L’esperienza. In termini di ciclismo e anche di cronaca in televisione a Davide Cassani è difficile trovare qualcosa da rimproverare. Sulla moto ha dato l’impressione di divertirsi come un ragazzino e probabilmente è stato proprio così. I suoi interventi erano in perfetta sintonia con Pancani a testimonianza di un affiatamento antico. Roba da sembrare già con un copione scritto salvo qualche strappo che testimoniava, invece, tutta l’improvvisazione. Ne sono venuti fuori bei momenti di televisione e racconto. Dal punti di vista tecnico ne ha da insegnare ovviamente e spesso ha portato i telespettatori a sentirsi in gruppo in mezzo ai corridori. Ha fatto spesso la differenza.
Stefano Garzelli
Se in telecronaca, in anni passati, è sembrato a volte un po’ inseguire la corsa, nel pullman della regia è stato a dir poco perfetto. Un ruolo azzeccato per uno con la sua esperienza e l’occhio tecnico a scovare ogni momento da raccontare e magari sfuggito in telecronaca. Forse ha fatto diventare matti tutti lì dentro analizzando la corsa metro per metro, ma il risultato lo ha portato a casa con lode.
Daniele Bennati
È preparato e spesso offre spunti interessanti. Per ora è sottosfruttato, ma certo in mezzo a tanti è difficile pure trovare uno spazio definito. Probabilmente ne merita di più.
Alessandra de Stefano
A volte è apparsa come la zia che loda, controlla e tira le orecchie. Altre come la nonna che cerca di commuoversi anche dove non ce ne sarebbe bisogno. Nel “Processo alla tappa” non è sempre necessario trovare un colpevole ma, c’è da dire, che quando il colpevole c’è stato, non gliel’ha fatta passare liscia. È stata quella che ha richiamato con più forza tutti all’ordine quando il ciclismo ha fatto la sua brutta figura in diretta TV infierendo contro i rappresentanti dei corridori come scolaretti impreparati.
Ettore Giovannelli
Conferma la sua professionalità, preciso e senza sbavature, sa fare le domande e ascoltare le risposte per rilanciare. Non fa una piega, come nei box di Formula 1.
Umberto Martini
Ha intervistato i corridori quando… nessun altro poteva farlo e lo ha fatto bene e con professionalità. Si vede che ha studiato con precisione e non era capitato lì per caso.
Il compito lo ha portato a casa.
Tommaso Mecarozzi
Nel villaggio di partenza a lui è toccato il ruolo di fare da spalla a Gigi Sgarbozza e supportarlo, anche se sembrava più sopportarlo. Non si capisce se gli scappi da ridere davvero sui commenti di Sgarbozza o se lo faccia per ruolo imposto. Il teatrino che ne esce, purtroppo, è abbastanza misero.
Gigi Sgarbozza
Perché continuare a fargli scrivere dei nomi che non conosce se non per il gusto di vederli storpiare, sbagliare le proporzioni dei caratteri come uno scolaretto alla lavagna? L’unica risposta è: per prenderlo in giro. Ecco, questo appare imperdonabile. Sgarbozza non è il massimo come pronuncia, ma se proprio lo si vuole tenere lì è perché, da ex corridore, tecnicamente potrebbe dire qualcosa. Esaltiamone la parte migliore invece che ridicolizzarne la peggiore. Pazienza che lui ci stia e probabilmente gliene vale pure la pena. Il servizio (pubblico) che ne deriva è scadente. Non è di queste risate che il ciclismo ha bisogno. E nemmeno la Rai. Perché?
Tirando le somme
La Rai? Promossa per quanto riguarda i commentatori, un po’ meno per i troppi problemi di trasmissione che ci sono stati nelle tappe importanti dove il maltempo metteva in ginocchio la trasmissione limitando i commentatori a una radiocronaca. Sì, un ritorno al passato, ma non è ammissibile più di tanto. E probabilmente anche il problema di trasmissione ha influito nella decisione di quel famigerato accorciamento di tappa: di fatto non avremmo visto niente se si considera che del Giau, la salita finale che portava i corridori poi a Cortina d’Ampezzo, si sono visti i primi chilometri di salite e poi buio totale fino alle telecamere fisse all’arrivo. Un po’ poco davvero.