16 mag 2016 – È un rapporto strano e un po’ curioso quello del Giro d’Italia con le sue origini. Ne abbiamo già parlato all’inizio della Corsa Rosa, vale la pena tornarci oggi, nel giorno di riposo, dopo due tappe toscane che sembrerebbero un tributo ad un’idea e invece appaiono come un dispetto. Il Giro d’Italia ha sfiorato l’Eroica, quell’idea di ciclismo che pesca nelle sue origini, invenzione di Giancarlo Brocci, il ragazzino che leggeva il giornale a voce alta nel bar di Gaiole in Chianti per raccontare del Giro a chi leggere non sapeva.
Un ragazzino cresciuto, diventato medico ma sempre con una passione che poi è diventata anche un lavoro. Fortuna del ciclismo.
Ritorno alle origini non solo con l’invenzione dell’Eroica, ma anche con l’idea del Giro Bio, ripescando quella corsa per dilettanti che altri stavano abbandonando per scarso interesse (economico, tanto per cambiare). Idea accolta col favore di facciata mentre dietro si è dato ascolto ad altri interessi. Ci pensate? I corridori che dormivano tutti insieme in un’unica camerata, un medico per tutti. «Se vogliamo i ciclisti veri dobbiamo insegnargli il ciclismo vero» diceva Brocci che non si tirava indietro quando c’era da faticare in salita così come quando c’era da metter mano al portafoglio quando qualcuno non onorava le promesse.
Brocci che inventò L’Eroica per professionisti. Un’idea folle in tempi di ruote in carbonio e pattini che fischiano con la polvere. Qualcuno aveva immaginato una rivolta dei corridori. I ciclisti invece fiutarono l’impresa e fecero quasi da subito a gara per aggiudicarsi i posti nella squadra che andava all’Eroica Pro.
Un evento che prese subito i gradi di una Classica. Non per storia ma per evocazione, stavolta. Una classica honoris causa, quella più a sud delle Classiche del Nord, la chiamano ancora così.
Ancora Gaiole in Chianti, un nome che trovi nei supermercati di tutto il mondo.
Brocci che pedala e, con il suo team di esperti e innamorati del ciclismo, non si fa scippare l’idea se non se ne riconosce la paternità. Niente Eroica Pro allora. Diventa Strade Bianche perché quel nome, Eroica, non si può usare.
Amore e odio e un riavvicinamento, lo scorso anno, quando tornò l’Eroica Pro nel cuore di Siena e delle vie a sterro. Rottura di nuovo, quest’anno col nome che va via e il Giro che fa tappa sullo sterrato un po’ più a sud e organizza, tra Radda, Castellina e Greve in Chianti una cronometro. Il contrappasso delle biciclette super moderne dove il ciclismo ha ripescato le sue origini. Va così ed è un peccato. Un’altra occasione persa per celebrare un nuovo punto fisso che potrebbe far riconoscere il Giro come l’Alpe d’Huez o l’Arco di Trionfo il Tour de France. Non ci voleva poi tanto, è tutto bell’e pronto. Tant’è che anche quando si parla delle “Strade Bianche”, tra corridori e giornalisti, ci si riferisce chiamandola “Eroica”. Perché quella è.
Già.
Guido P. Rubino
foto d’apertura: ©Ansa/Claudio Peri
Caro Guido, osservazione condivisibile con destinatario sbagliato. Rcs non è tenuta a ripercorrere le strade dell’Eroica e quindi ad avere partenza e arrivo a Gaiole. Avrebbe dovuto essere il Consorzio del Chianti a chiedere e ottenere questo.
Penso al contrario che il Consorzio medesimo abbia voluto promuovere altri due paesi della zona.
Per altro ci ha pensato la Rai a celebrare Gaiole con dovizia di particolari fin dalla trasmissione bella e interessante “Il viaggio nell’Italia del Giro”. Saluti, Nando Aruffo
Ciao Nando,
Che RCS vada vada dove le chiedono di andare mi pare abbastanza evidente ormai. Tuttavia pensare a dei riferimenti fissi sarebbe un modo per esaltare la storia del Giro (l’esempio, appunto, del Tour). E una cosa può non escludere le altre.
Senza dimenticare che se non fosse nato un certo Brocci (&co) probabilmente la tappa di Brambilla sarebbe stata diversa e asfaltata. E il ciclismo si perderebbe un bel po’ di divertimento che pure RCS ha saputo cogliere in parte.