7 apr 2019 – Pensavamo agli stranieri e invece Alberto Bettiol li ha messi tutti in fila. Partito all’ultimo passaggio sull’Oude Kwaremont non lo hanno più preso. Favorevole la fortuna con i corridori dietro che si saranno pure guardati, ma forse non ne avevano neanche più, Bettiol un occhio pazzesco a prendere le misure delle sue forze. A 25 anni, è il nuovo Leone delle Fiandre. Per chiamarlo “leone” è ancora presto, al di là dell’entusiasmo, d’altra parte è il suo primo Giro delle Fiandre. Anzi, è la sua prima vittoria da professionista. E allora ci sta pure.
Ecco com’è andata:
Nel giorno degli eroi santi e martiri c’è da fare una selezione che non lascia scampo. Santo sarà uno, gli altri martiri ad esaltarne la vittoria.
Non si parte piano in una classica come il Fiandre. Il gruppo ha stabilità subito le gerarchie mettendo capitani e gregari nei posti giusti. Prima dei muri ci sono comunque dei tratti di pavé e occorre tenere davanti i capitani. Le regole sono sempre le stesse e si corre al centro della strada per evitare insidie e anche il pubblico che fa un vero e proprio muro per quasi tutto il percorso, compresi i primi chilometri.
Sull’Oude Kwaremont si celebra Stigg Broecks che sta imparando di nuovo ad andare in bicicletta. Piccole scaramucce che proseguono mentre davanti resiste un gruppetto di quattro corridori partiti in mattinata.
Il primo colpo di scena è una brutta caduta di Terpstra: rimane steso a terra dopo una caduta innescata da un contatto del gruppo. Niente di grave, ma per il vincitore del 2018 la corsa termina qui, a 157 chilometri dal traguardo.
È sul Kappelmuur che la corsa inizia a dire qualcosa. Scappano via diversi corridori, si formano diversi gruppi e dopo un po’, dietro ai battistrada si forma un gruppo di una trentina di corridori che procede, a dire il vero, senza troppa convinzione pur riassorbendo i quattro che erano in fuga. Davanti c’è anche Van Der Poel, ma si vede pure Moscon.
Nel crescendo della corsa c’è anche la CCC che porta avanti Van Avermaet per il secondo passaggio sull’Oude Kwaremont. Caduta incredibile per Mthieu Van Der Poel: nella bagarre per prendere l’Oude Kwaremont finisce in un’aiola e probabilmente buca la ruota anteriore. Riesce a tenere la bicicletta ma quando alza la mano per chiedere l’assistenza centra un tombino e cade malamente a terra. Si rialza con qualche fatica da sembrare tagliato fuori.
È qui che assistiamo a una delle azioni più belle di questa corsa che, a dire il vero, non ha momenti di noia. Van Der Poel, tornato in bici, ce la mette tutta a rientrare. La sua immagine di inseguitore solitario, a tutta, con gli altri che si guardano bene dall’aiutarlo, è davvero uno spettacolo, il ricongiungimento con i migliori è già un’impresa da raccontare.
Sul Taaienberg si muovono i migliori. Partono Lampaert e controlla un Peter Sagan che ha badato bene a non far parlare di sé fino a questo momento, si scoprirà che in realtà non è al meglio, ma comunque non si stacca. La selezione continua a farsi da dietro.
Nell’ultimo passaggio sull’Oude Kwaremont è Alberto Bettiol che rompe gli indugi e lascia tutti lì prendendo una manciata di secondi. Dietro si vede chi soffre, oltre a Sagan si vede soffrire anche Van Der Poel.
Nel tratto successivo Bettiol guadagna, dietro si guardano e lui continua a contenere e guadagnare. Sul Paterberg soffre, ma non è certo il solo e scollina da solo sull’ultimo muro.
È un Fiandre che toccherà rivedere con calma, sfogliarlo lentamente quasi chilometro per chilometro per capire quanto è stata bella questa corsa.
E varrà la pena rivedere anche la prova femminile che, per chi non se ne fosse accorto, è stata vinta da Marta Bastianelli nella sua seconda, strepitosa, giovinezza.
Guido P. Rubino