23 mag 2017 – C’è da attaccare su tutte queste salite, c’è da difendersi oppure consolidare la posizione in classifica. C’era un Giro tutto da fare alla partenza di tappa da Rovetta. A Bormio c’è un Giro che ha raccontato tante storie e sono tutte belle perché parlano di un’avventura che diventa forza di volontà.
Quella di Nibali, che morde, attacca, mena ancora e si lascia andare in discesa come sa fare. All’arrivo ha quasi paura di perdere in un film visto già troppe volte. Ma in volata non sbaglia. Parte Landa, il siciliano rimonta e controlla.
La sua avventura è iniziata con un boato. L’altoparlante che annuncia il suo scatto in salita e poi in discesa. Riprende Landa, ultimo rimasto della fuga coraggiosa, e lo supera saltando il bagnato e piegando con perizia motociclistica. Sembra fatta ma poi è ancora lunga. Se la giocherà per bene all’arrivo. Lucidità Nibali, disperazione Landa con gli occhi scavati di fatica e un cazzotto sul manubrio quando si vede ormai secondo su quella riga che non arriva davvero più.
Discesa, salita e dolori di pancia.
La storia di Tom Dumoulin fa innamorare il pubblico che guardava con diffidenza questi ragazzone vestito di rosa. Accosta a destra, butta la bici come se fosse rotta. Ma è lui a non funzionare stavolta, toglie la maglia. Un’ape dentro la cerniera? No, si spoglia ancora. La telecamera insiste, inesorabile, tira giù i pantaloncini: è un mal di pancia in piena regola e in un bagno grande come la natura fa la cosa più naturale del mondo.
A chi non è capitato una volta di star male in bici? Non a molti in maglia rosa e con la telecamera puntata. Che quando si gira dall’altra parte è sempre troppo tardi. È storia anche questa.
Dumoulin lotta. Lo paragonano a un leone, ma dopo che è stato male non ha le gambe molli. Torna in bici, recupera pure e tiene stretta la maglia rosa. Con le unghie e coi denti.
Come Nibali su questo arrivo finalmente italiano.
Guido P. Rubino