Nelle gare di ciclismo professionistico, le cadute sono sempre esistite, e a volte con conseguenze drammatiche. Senza andare indietro negli anni, al tempo del ciclismo in bianco e nero, In tanti ricordiamo ancora le immagini della caduta di Fabio Casartelli lungo la discesa del Colle di Portet-d’Aspet durante il Tour de France 1995. All’epoca la stragrande maggioranza dei ciclisti non indossavano il casco, al più si vedeva qualche caschetto “danese”, quelli con le strisce di cuoio. L’obbligo di utilizzare il casco è stato introdotto soltanto nel 2003 a seguito della morte del ciclista kazako Andrej Kivilëv, avvenuta durante la Parigi-Nizza. Kivilëv cadde in una discesa e batté violentemente la testa a terra, morendo per le ferite riportate.
Negli ultimi anni, però, il numero di incidenti sembra essere in aumento, con gravi conseguenze per la salute dei ciclisti. In questo articolo, cerchiamo di analizzare le cause di questo fenomeno, che sono molteplici, complesse ed anche correlate tra loro. Il tema è ampio e dibattuto e la discussione, certo, non si fermerà qui.
Quali sono i fattori che concorrono all’aumento delle cadute? Ecco la nostra opinione. Dite anche voi la vostra.
Aumento della velocità
Le gare moderne sono più veloci che mai, con velocità medie che sfiorano i 50 km/h. A queste velocità, anche un piccolo errore, magari dovuto anche alla stanchezza e conseguente lucidità ridotta, può avere conseguenze gravi, e non soltanto in discesa. Anche in pianura, spesso, assistiamo a cadute rovinose.
Maggiore competitività
Il ciclismo professionistico è diventato più competitivo che in passato, con un numero maggiore di ciclisti, sempre più giovani, che lottano per la vittoria. Questo, specialmente negli ultimi anni, ha portato ad una interpretazione di gara più aggressiva sin dalla partenza ed ha aumentato il rischio di incidenti, non soltanto nelle fasi conclusive delle gare.
Percorsi spettacolari ma non sempre sicuri
Non è raro vedere percorsi con curve strette, spesso anche in prossimità del traguardo, anche in gare che è chiaro si concluderanno con un arrivo in volata, così come discese ripide e fondi stradali non in perfette condizioni. Questi percorsi, unitamente alle velocità elevate di percorrenza di cui abbiamo già parlato, concorrono certamente ad aumentare il rischio di cadute.
Biciclette altamente prestazionali ma forse meno guidabili
Le bici moderne sono concepite per la ricerca della massima prestazione. Telai dal peso piuma e realizzati con materiali ultra rigidi aiutano i corridori ad ottenere risultati atletici straordinari. Le bici di oggi sono dei “missili”, o delle “fionde” se preferite. Ma in termini di guidabilità, è lecito affermare che, probabilmente, siamo arrivati al limite, specialmente in quelle situazioni critiche di maneggevolezza che possono poi portare ad una caduta.
Ruote ad alto profilo non sempre indicate
Indubbiamente ineccepibili in termini di aerodinamicità e rigidezza, ma anche per le ruote vale quanto detto per i telai. La ricerca della prestazione è accompagnata da un aumento della sicurezza? Oggi, quello che un tempo era un ritenuto un profilo “alto”, diciamo dai 40 millimetri in su per non dire 50, è diventato lo standard. In alcune condizioni, ad esempio con vento forte oppure su tracciati particolarmente “nervosi”, siamo proprio sicuri che l’alto profilo sia sempre la scelta migliore?
Impianti frenanti e stile di guida
Se è indubbio che l’avvento dei freni a disco sulle bici da corsa abbia contribuito a migliorare la sicurezza in termini di potenza frenante, modulabilità ed usura dei cerchi in fibra di carbonio rispetto ai freni a pattino, soprattutto in condizioni di bagnato, resta un dubbio di fondo. Queste migliorie hanno forse generato un eccesso di confidenza nei corridori che sentendosi tecnologicamente più sicuri prendono dei rischi superiori rispetto a qualche anno fa. In discesa si viaggia a velocità folli ed anche le curve vengono affrontate al limite, non di rado con “staccate” all’ultimo centimetro utile.
Biomeccanica esasperata
La posizione in sella dei ciclisti professionisti è cambiata notevolmente negli ultimi anni. Oggi si pedala su telai più piccoli, con una posizione in sella più avanzata che, sebbene più efficace in termini prestazionali, in termini di guidabilità del mezzo non è proprio il massimo. Inoltre, l’elevato dislivello sella-manubrio fa sì che i corridori passino la maggior parte del tempo con le mani in presa alta sul manubrio, anche in discesa. Posizione, questa, decisamente non ideale per un azionamento rapido dei freni in caso di necessità.
Coperture e pressioni di gonfiaggio
I ciclisti della prima ora diranno: “una volta si scollavano i tubolari”. In effetti, ne abbiamo visto più di qualcuno, specialmente in discesa dopo frenate prolungate. Oggi, con l’avvento della tecnologia tubeless abbinata ai cerchi di tipo “hookless”, che ricordiamo è quella utilizzata nell’industria motoristica con elevati standard di sicurezza, il tema delle pressioni di gonfiaggio è diventato quantomai critico. Ciò anche in relazione all’aumento delle sezioni degli pneumatici utilizzati. È lecito pensare che alcuni degli incidenti che si sono verificati ultimamente siano dovuti a “stallonamenti” degli pneumatici a causa di una pressione di gonfiaggio non in linea con i limiti indicati dai produttori.