È giunto il momento di apportare dei cambiamenti. Stiamo assistendo a un’altra serie di incidenti con gravi conseguenze nel mondo del ciclismo. Attualmente, il ciclismo registra numeri di fratture paragonabili a quelli del Motomondiale, uno sport notoriamente ad alto rischio. Tuttavia, il ciclismo dovrebbe essere principalmente sinonimo di fatica e sudore, mentre il rischio dovrebbe rappresentare una minima parte dell’esperienza. È necessario un cambio di mentalità e una consapevolezza che la sicurezza non è un concetto astratto, ma un obiettivo concreto da perseguire, come dimostrato nel mondo della Formula 1 e come stanno facendo.
Non è un paragone casuale. Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un aumento incredibile delle fratture alla schiena. È essenziale intervenire su tutti i fronti. Dalla segnaletica alla ricognizione del percorso. Si corre su strada e non possiamo limitarci a piste chiuse. Tuttavia, non possiamo permetterci di vedere curve come quella di oggi, con massi di pietra all’esterno della curva privi di protezione, o peggio ancora, con protezioni posizionate svariati metri prima e fuori traiettoria. La ricognizione del percorso dovrebbe coinvolgere giudici con la collaborazione di ex-ciclisti professionisti, in grado di supervisionare il tracciato e identificare i punti critici. Ho visto in passato discese ritenute pericolose che in realtà lo erano relativamente. Ci sono tratti veramente pericolosi che richiedono l’occhio di chi è stato in gruppo per essere riconosciuti.
Le biciclette e i mezzi utilizzati sono progettati esclusivamente per le prestazioni. Sono estremamente rigidi, difficili da controllare e sembrano sfidare la legge della fisica. È necessario intervenire con regolamentazioni serie, anziché concentrarsi su dettagli insignificanti come l’altezza massima dei calzini. Le biciclette dovrebbero essere dotate di telai con una certa flessibilità. Creare biciclette rigide come binari di treni, e pensare di compensare con pneumatici più larghi, è un approccio inefficace. Un telaio con una certa flessibilità potrebbe perdere qualche millesimo in prestazione, ma diventerebbe molto più maneggevole.
Basarsi sull’aderenza della gomma vuol dire ottenere un grip più traditore, che quando ti lascia lo fa di colpo e la bici di scarica in modo netto. Questo aspetto è fondamentale da considerare. Si potrebbero ipotizzare test di torsione sui telai a inizio stagione per ottenere il fantomatico bollino Uci, che al giorno d’oggi risulta essere poco più di una tassa da pagare.
Parlando di pneumatici, le nuove tecnologie come i tubeless e i cerchi hookless hanno portato ad un aumento degli incidenti. Questo è un dato di fatto, la statistica lo conferma. È necessario valutare attentamente e distinguere ciò che è davvero vantaggioso da ciò che ci viene imposto come necessità di mercato. Questo non vuol dire che siano il male assoluto. Vuol dire che andrebbero fatte delle ricerche e formulate delle ipotesi indipendenti, mentre al momento l’integrità dei corridori dipende in buona parte dalle aziende leader nel settore, che prediligono ovviamente una buona strategia di marketing a un passo indietro per la sicurezza.
Il punto sulla caduta su Cyclinside pic.twitter.com/ip8XJ8KEZD
— Cyclinside (@cyclinside) April 4, 2024
L’abbigliamento del giorno d’oggi è carta velina. A nessuno è mai venuto in mente che potrebbe essere regolamentato. Nessuno lavora in direzione della sicurezza in questo senso, perché nessuno lo ha mai nemmeno pensato. Forse, a tenerne conto, i tecnici potrebbero scoprire soluzioni inaspettate.
Gli aspetti potrebbero essere mille. Basti pensare alla genialata dell’Halo in F1 che ha già salvato diverse vite. Il problema è prima di tutto riconoscere il problema, e poi voler risolverlo. In questo momento nel ciclismo siamo ancora allo scalino sotto: non solo non percepiamo il problema, ma dopo una caduta come quella di oggi ci preoccupiamo di dire “Vingegaard rischia di saltare il Tour”, mentre bisognerebbe pensare al fatto che picchiando in un masso a 70 all’ora si rischia di rimanere tetraplegici.
Vero che l’Halo in formula 1 è stato una genialata, ma come esempio parlando di biciclette mi sembra del tutto inappropriato. Va bene cercare di rendere le bici più guidabili, anche a costo di rimetterci qualcosa in termini di prestazioni, ma sarà dura fare progressi sotto l’aspetto della sicurezza passiva. Per scalare (faccio solo un esempio) il Mont Ventoux a luglio, il ciclista ha necessariamente bisogno di un abbigliamento (casco compreso) quanto più possibile leggero e traspirante. Altrimenti, magari sarà più protetto in caso di caduta, ma rischierà di lasciarci le penne per un collasso …
Certo Gigi, sono perfettamente d’accordo. Se segui la Formula 1, saprai che l’Halo è stato per anni definito impossibile da montare sulle auto, perché avrebbe tolto visibilità al pilota e reso difficile l’ingresso in auto, e persino reso difficile una eventuale operazione di soccorso. E invece ora è lì e lo danno tutti per scontato ormai.
Senza peccare di presunzione penso di avere la risposta a tutto.
bici da 10 kg e non di meno
scatto fisso 34×15
magliette di lana e pantaloni senza fondello
tappe e gare max 15 km
garantito che non succede nulla. Ah, Ah, Ah