16 mar 2020 – Ciclisti insultati, se prima era per la sola ragione di essere in strada, ora è perché non dovrebbero circolare. Ce n’è sempre una a quanto pare e ora ad attaccare i ciclisti in strada sono anche i ciclisti.
Stare a casa è giusto e logico. La legge dice che si può fare attività motoria all’aperto e anche in bicicletta, ma l’imperativo della sicurezza dice di limitare gli spostamenti. È giusto così, stiamo a casa. Ma entrare nell’isteria della giustizia da sé rischia di fare più danni del coronavirus.
Ci sono diversi corridori professionisti che stanno lamentando la stessa cosa: escono ad allenarsi e prendono insulti e parole da chi li vede girare e pensa siano lì per diletto. Invece sono professionisti e sono ad allenarsi a pieno titolo. Sì, il decreto legge del Governo Italiano spiega chiaramente che gli atleti professionisti sono autorizzati ad allenarsi e, cosa diversa da tutti gli altri: lo fanno per lavoro, magari devono rendere conto a chi li paga. Badate: possono essere nella stessa condizione del lavoratore chiamato ad andare nell’azienda che non chiude e che non può permettersi di perdere il posto di lavoro, tanto più se non parliamo di corridori di nomi di primissima fila.
Soprattutto chi è in strada non ha alcun diritto di insultare nessuno, sia chiaro. C’è chi è preposto ad applicare la legge, gli altri si facciano da parte. Se pensate che chi avete davanti stia compiendo un reato – questo vale per qualsiasi situazione – avvisate le forze dell’ordine. La giustizia non è demandata ai singoli cittadini, per cui conviene comportarsi civilmente e lasciare da parte insulti (o peggio). Quelli sì, potrebbero procurare qualche guaio a chi li proferisce.
E questo, ovviamente, vale anche per i social, per cui attenzione nei commenti, chi dovesse subire insulti o minacce può rivalersi su chi offende e avrebbe ragione anche facilmente.
Per il resto, rispettiamo chi lavora. Quando gli sarà detto di fermarsi, come sta avvenendo in Spagna anche per i corridori professionisti, allora stop anche per loro. Fino ad allora rispettiamoli come tutti i lavoratori che sono chiamati al loro compito.
RC
Ennesimo articolo che afferma una cosa inesatta: Il DPCM del 9 marzo, l’unico in vigore per la parte inerente allo sport non dice in alcun passaggio che gli atleti Professionisti si possono allenare all’aperto. Questo e’ un errore che va corretto, possono, sempre che non gli si contesti che la loro fabbrica sia chiusa (sospensione del Calendario UCI mondiale) e che quindi, allo stato attuale, non hanno necessita’ lavorative, allenarsi in quanto “lavoratori” con contratto di lavoro subordinato. Continuate a tirare fuori la storia che il Decreto lo dice chiaramente ma quello nuovo non lo avete letto bene, il comma d) e’ stato riscritto e “sostituisce” quello precedente (li si’ che era scritto quello che affermate in tutti gli articoli), purtroppo la Fci ci ha messo del suo con il comunicato ufficiale affermando qualcosa di inesistente e l’odio dei social ha puntato il mirino su chi, cosa valida per tutti i cittadini italiani tesserati o meno, ha fatto quello che era “ammesso”, sport e attivita’ motoria all’aperto (questo si’ che e’ scritto molto chiaramente nel Decreto in vigore) ammessa anche in bici. Dispiace che l’argomento sia stato gestito cosi’ male da Fci, forze dell’ordine e stampa specializzata. Interpretazioni a cazzum prontamente smentite dalle note esplicative del Ministero degli Interni http://www.governo.it/it/articolo/decreto-iorestoacasa-domande-frequenti-sulle-misure-adottate-dal-governo/14278, sezione spostamenti. Saluti, Paolo