13 mag 2017 – Forse gli anni a cavallo del 2000 sono stati la massima espressione di perfezione raggiunta dai treni dei velocisti. Il gruppo arrivava agli ultimi chilometri talmente forte che tutti erano in fila indiana. Subentrava un meccanismo perfetto, quasi da inseguimento a squadre su pista, dove delle vere e proprie locomotive raggiungevano velocità incredibili – spesso c’è stata gente che tirava il proprio velocista con il 54×11 a 68-69 km/h – ed era impossibile affiancarsi.
Rimaneva solo la possibilità di giocarsi “la ruota buona” a suon di spallate, mentre i velocisti erano così lanciati che quasi dovevano solo mantenere la velocità negli ultimi metri senza nemmeno accelerare. Questa perfezione esagerata non c’è più. Ma non vuole assolutamente essere una critica. C’erano una serie di fattori che portavano a queste strategie, mentre ora i presupposti portano a risultati diversi ma, in definitiva, più spettacolari per il pubblico.
I grandi treni di 10 – 15 anni fa venivano creati a inizio stagione. Cipollini era il vagone di gente come Martinello, Lombardi, Scirea, Bennati. Tutti corridori che avrebbero potuto vincere loro stessi, locomotive di lusso, che erano assunte in squadra appositamente per questo lavoro tutto l’anno. C’era una preparazione di base specifica solamente per fare questo servizio che comprendeva allenamenti mirati e prove tecniche perché ogni ingranaggio funzionasse perfettamente. Tutto era altamente specializzato, e lasciava ben poco spazio all’inventiva degli outsiders.
Corridori come Robbie McEwen o Erik Zabel non potevano fare altro che accodarsi a questo super treno e poi giocarsela in un testa a testa con Mario Cipollini. E lo stesso SuperMario era sì il re degli sprinter, ma non un velocista puro: riusciva ad avere una grande potenza ed a mantenerla più a lungo di altri, a patto di arrivare ben lanciato ai 250 metri. Probabilmente senza il super treno, arrivando a velocità basse McEwen sarebbe stato più reattivo e scattante. Finita l’epoca di Super Mario, è iniziata quella di Petacchi.
Ora tutto è diverso, e lo si nota già subito a colpo d’occhio guardando la fisicità degli atleti che compongono il treno, sicuramente meno poderosi di uno Scirea che quando si portava davanti metteva tutti d’accordo. Non c’è un treno “costruito a tavolino” che prevale, la guerra fra squadre che vogliono stare davanti è alta. Addirittura spesso riescono ad inserirsi i treni delle squadre che hanno un leader in classifica e vogliono solamente tenerlo davanti per evitare cadute o perdite di secondi. La vera differenza è che anni fa chi era in squadra con un velocista aveva un solo e comunque obiettivo, mentre ora i ragazzi sono liberi anche di giocarsi una fuga. Non sono più solamente una locomotiva, ma sono compagni di squadra.
Questo forse nel complesso risulta meno tecnico e specifico, ma è molto bello vedere un inizio Giro dove sembrava che tutte le tappe di pianura fossero appannaggio di Greipel, mentre in realtà abbiamo ben già 4 sprinter sul gradino più alto del podio, ed è una piacevole sorpresa.
Stefano Boggia (www.daccordistore.it)