13 ott 2017 – Nei programmi di rilancio del ciclismo si parla di giovani, salvo poi, concretamente, trovarci sempre con società in difficoltà per mancanza di fondi e, ancora di più, di giovani atleti. Preoccupazioni spesso legittime da parte dei genitori che non hanno coraggio a immaginare i bambini in bicicletta su strade aperte al traffico.
Però si può cominciare in modi diversi. Uno lo avevamo segnalato qualche giorno fa, a Roma (si legga l’articolo qui), un’altra bella realtà di cui abbiamo già accennato in passato è quella di Ispra, in provincia di Varese, dove nella Bottega del Romeo c’è un giornalista, che non chiamiamo “ex” perché mantiene l’attenzione sul ciclismo e spesso ne scrive (oltre che essere autore di alcuni libri). Lorenzo Franzetti ha rilevato l’attività di famiglia portando un negozio di biciclette, già riferimento della zona del Lago Maggiore a diventare anche un centro di attività culturali legate al ciclismo e di promozione di varie attività a pedali. Giovani compresi.
La segnalazione che diffonde via Facebook e che riportiamo qui sotto, pone l’accento su un tema importante: cosa succede se c’è volontà di organizzare cose e ci si scontra con una burocrazia un po’ ferraginosa? Problema molto italiano, lo sappiamo, ma quando si parla di ragazzini da avviare al ciclismo dà ancora più fastidio. Ecco cosa dice Lorenzo Franzetti.
Amo il ciclismo, lo pratico in modo scarso, ma lo racconto con passione e lo promuovo più che posso. Da sempre, da quando sono nato: da quando, da bambino, vedevo il cortile della bottega strapieno di bambini, ragazzi di non meno di sette o otto società sportive che gravitavano attorno alla nostra attività, sul Lago Maggiore. Oggi, quella realtà di bambini non c’è più, il ciclismo giovanile nella mia zona è in grave sofferenza. L’ultimo cucciolo passato di qui si chiama Alessandro Covi, un bel talento di Taino, a cui vogliamo un gran bene. Ora c’è il deserto., come in molte altre aree della provincia.
Con la scelta coraggiosa di mollare il giornalismo e continuare l’attività di mio padre c’era e c’è l’intenzione di ricominciare, di far conoscere e fare amare il ciclismo e le bici ai bambini, come è successo a me quarant’anni fa. E’ un sentimento puro che mi ha convinto ad appoggiare un’altra idea “da sognatori”, quasi una favola, di far scoprire la disciplina più umile, il ciclocross, ai bambini di oggi: idea che mi frullava nella testa da un bel po’, e chi mi conosce come giornalista lo sa, e che ha iniziato concretamente a realizzare, prima ancora che lo conoscessi, un altro appassionato puro, Rinaldo Ponti.
Il ciclocross sarà anche uno sport povero, ma a livello giovanile può permettere di far conoscere la bici da corsa, imparare a guidarla e divertirsi: può avvicinare molti bambini che, magari, su strada non ci andrebbero, viste le condizioni di sicurezza delle nostre strade. Bastano un prato, una fettuccia, un po’ di fantasia e voglia di pedalare: con qualsiasi tipo di bici, qualsiasi. Poi, se vogliono c’è anche il ciclocross, che invito schiettamente a conoscere e scoprire.
La cosa, inaspettatamente sta prendendo piede, comincia a piacere e sta contagiando altre realtà in Lombardia e nel vicino Piemonte: un’idea nuova che va a ripescare una tradizione, una vecchia disciplina. Primo e unico dovere: non all’esasperazione, il mio vuole essere un ciclismo spensierato, praticato col sorriso sulle labbra. Sempre. Andare in bici è una gioia: lo vedo, ogni volta, che mi capita di parlarne con i bambini, quando vado a scuola a fare i corsi dedicati alla bicicletta.
Non si è chiesto e preteso nulla, per carità, ma di fronte a persone nuove che entrano o rientrano a promuovere il ciclismo, con un’idea nuova e simpatica, mi sarei aspettato almeno un approccio costruttivo, un “complimenti, idea interessante, vediamo come si può aiutarvi”. E, invece, che succede? Praticamente il contrario.
Un putiferio. Un’idea per portare in bici più bambini tra i 7 e i 12 anni diventa oggetto di polemiche, discussioni e ripicche. Una semplice idea, che è anche un impegno bello, ma faticoso, di alcune (ancora poche) persone finisce per suscitare un vero e proprio “pollaio” addirittura sulle prime pagine dei giornali e sui social network. In sintesi, c’è un regolamento nazionale che consente ai bambini del ciclocross di partecipare con tutti gli altri alle kermesse “short track”: solo in Lombardia, però, c’è un nuovo regolamento che in realtà non lo consente. Un piccolo guazzabuglio normativo che finisce per sfiorare il ridicolo quando dei bambini, presentatisi a Solbiate Olona a una garetta, sono stati mandati a casa dai giudici.
Mi permetto di esprimere qui la mia opinione e il mio chiarimento, visto che nessuno me lo chiede, ma ritengo opportuno scriverlo: vorrei riportare tanti bambini della mia zona, come una volta, a riscoprire la bicicletta da corsa. Mi piace la passione genuina che ci mette Rinaldo Ponti con i genitori della nostra squadretta, che cresce. Mi sono ingegnato, cercando fino in Inghilterra, biciclettine compatibili anche per le tasche delle famiglie: e a riguardo, sono serenamente disponibile a mostrare a chiunque come, sui ragazzi che scelgono di praticare il ciclocross, non ci sia lucro, ma è in realtà un investimento, un impegno economico e meccanico.
Una buona idea non può arrivare a suscitare polemiche, se succede è perché qualcuno le vuole creare o è in malafede: io, da uomo con la coscienza a posto, suggerisco di fare il bene del ciclismo. Pedalate come vi pare, bambini, ma pedalate. Le gare, che ve le facciano fare oppure no, non sono la cosa più importante.
Da innamorato del ciclismo e del ciclocross, e in questo caso anche da giornalista con tanti anni vissuti nel mondo del ciclismo mondiale, chiedo ad altre persone di buonsenso di tutelare chi ha passione, chi ce la mette tutta per far bene e, soprattutto di tutelare una passione (dei bambini) che rinasce. Sbatterli in prima pagina, con un dibattito comunque parziale, secondo me, non aiuta. I bambini, lasciateli in pace, per favore.
Parole Sacrosante!
Bellissimo articolo, grazie