“Papà, papà! Voglio anch’io una bicicletta gravel!”.
Era il 2019, il gravel stava esplodendo ed era considerato una disciplina ciclistica marginale e solo per “grandi”. Dove trovare allora una gravel per un bambino di 8 anni che misura 130 cm?
Quando si tratta di figli, i papà sanno essere molto tenaci e cerca che ti cerca finalmente riusciamo a trovare la bicicletta adatta, una bellissima Scott Gravel Junior con ruote da 24”.
Ricordo ancora la gioia di mio figlio Pablo quando, arrivato da scuola, se l’è trovata bellissima e luccicante nella sua cameretta.
E così nel gennaio del 2019 abbiamo iniziato a fare le prime uscite insieme. All’inizio pochi chilometri, nessun dislivello, ritmo da passeggiata, pause molto frequenti e obiettivi di giornata sempre chiari e stimolanti.
A volte si andava a pranzare dai nonni, si faceva un salto in pasticceria, si andava al fiumicello per giocare con i sassi e guadare il corso d’acqua scalzi e con l’acqua freddissima! Stimoli che rendevano ogni uscita una piccola avventura e una nuova sfida.
E così si sono accumulati i chilometri, le ore in sella e la capacità di gestire anche i tratti di percorso più “noiosi”. Sì, perchè per un bambino il nemico numero uno non è tanto la fatica, ma piuttosto la noia. Quando si pedala con un bambino è importante creare continuamente delle piccole sfide, come il superamento di ostacoli, piccoli salti, pedalare senza mani (quando si è in sicurezza) e altri trucchetti che lo distraggono dal semplice pedalare.
In pochi mesi il piccoletto ha iniziato a macinare giri da 20, 30, 40, 50 km e oltre. Con questa condizione fisica, di comune accordo, abbiamo cercato di alzare un po’ l’asticella.
“Cosa dici Pablo, ti piacerebbe partecipare ad un evento gravel?” La risposta è stata assolutamente positiva, ma dovevamo superare almeno due difficoltà: trovare un evento che accettasse minorenni e un tracciato non troppo lungo e praticamente piano.
La scelta è caduta sulla 100 km 10 castelli, un evento gravel lungo il fiume Oglio che proponeva anche un percorso di 60 km senza dislivello alcuno. La partenza avveniva da Orzinuovi (BS), la settimana prima dell’evento non aveva praticamente mai smesso di piovere e le previsioni per la domenica non lasciavano molte speranze. Per prendere il via alle 8, dovevamo partire molto presto. Alle 5 del mattino, cercando di non farmi sentire, mi sono alzato a controllare la situazione meteo. A Vicenza diluviava, ma stranamente le previsioni meteo su Orzinuovi davano uno spiraglio di tempo accettabile, almeno per la mattinata. Quanto già stavo per tornare a letto rassegnato a rimanere a casa, ho sentito dietro di me una presenza, era mio figlio che mi chiedeva: “Allora papà, andiamo?”.
Colazione abbondante, borse pronte, biciclette in macchina e via lungo l’autostrada con la pioggia che si schiantava sul parabrezza per tutto il tragitto. Improvvisamente, a pochi km dal luogo di partenza, il cielo si è aperto e abbiamo potuto vedere cos’era successo solo qualche ora prima. Alberi abbattuti, campi allagati, foglie a terra “triturate” dalla tempesta. Vedendo tutto questo Pablo ha commentato: “Figo papà, ci divertiremo un sacco!”.
Abbiamo confermato l’iscrizione, ci siamo vestiti e via, pronti per partire! Le pozzanghere erano enormi, alcune veramente profonde, altrettanto grandi erano anche alcuni alberi abbattuti che sbarravano il sentiero e che affrontavamo quasi fossero degli ostacoli di una gara di ciclocross. L’attraversamento dei bellissimi ponti in legno, realizzati per superare i piccoli canali nel bosco lungo il fiume, erano scivolosissimi e ci costringevano a portare la bicicletta a mano. Tutti incolonnati, aspettando il proprio turno, i partecipanti all’evento guardavano Pablo meravigliati sulla sua piccola gravel e lo incitavano. Tra brevi pause con biscotti e cioccolatini, toast farciti e piatti di pasta al pomodoro, in poco più di 5 ore siamo giunti all’arrivo. Una volta alla macchina, stanchi e infangati, ci siamo complimentati come farebbero i “veri uomini”, stringendoci la mano, ma poi non abbiamo resistito e ci siamo abbracciati e baciati quasi commossi.
Con questa esperienza ancora impressa nelle nostre menti, abbiamo iniziato a pensare alla successiva avventura.
“Che ne pensi Pablo, ti sentiresti di fare un viaggio in bicicletta di tre giorni solo io e te?” La risposta è stata più che eloquente: “Quando si parte?”.
Dopo qualche settimana dall’evento gravel, avevo già pianificato il percorso nei minimi dettagli, una traccia completamente in pianura ma comunque stimolante e piacevole per un bambino che doveva passare in sella 5-6 ore al giorno per tre giorni consecutivi. La lunghezza totale del percorso era di 160 km in bicicletta e quasi altrettanti tra treno e traghetto.
Nei preparativi del viaggio avevo naturalmente coinvolto Pablo, compresa la preparazione delle biciclette e del bagaglio, mancava solo trovare un fine settimana di bel tempo e l’avventura sarebbe iniziata.
Primo giorno di viaggio – Vicenza – Sottomarina (50 km)
Venerdì alle 6 suona la sveglia, colazione abbondante, ultimi preparativi, bacio alla mamma e via, si parte verso la stazione di Vicenza, attraversando la città con le biciclette cariche di bagagli ed emozioni!
La tratta ferroviaria scelta era Vicenza – Busa di Vigonza (PD), una stazione poco frequentata che si trova proprio subito dopo il ponte sul fiume Brenta, i quali argini ci avrebbero portati dopo circa 50 km, a Sottomarina (VE).
Scesi in stazione verso le 8.30, abbiamo subito iniziato a percorrere l’argine destro del fiume. Lungo la traccia ci siamo fermati più volte all’ombra di un albero a mangiare e a rinfrescarci. Verso mezzogiorno ci siamo fermati a fare acquisti a Codevigo (PD), piccolo paesino lungo il corso del corso d’acqua. Abbiamo pranzato all’ombra con grissini piccanti al pomodoro, biscotti al cioccolato e tanta frutta fresca, con l’aggiunta di qualche cioccolatino. Nel primo pomeriggio eravamo già a Sottomarina. Il tratto del percorso da me più temuto, era quello che dalla grande rotatoria immette nel paese. Purtroppo in quel tratto sembrava non ci fossero alternative sicure per chi si muove in bici, ma guardando le mappe e cercando informazioni sul web, avevamo scoperto un piccolo sottopasso ferroviario pedonale che evita buona parte del traffico. Giunti al sottopasso però la sorpresa, lo stretto passaggio era allagato da almenon 20 cm d’acqua.
Spostando le tavole e i mattoni portati nel tempo da chi utilizza ogni giorno questa scorciatoia, siamo riusciti a creare un piccolo ponte e passare dal lato opposto, senza bagnarci troppo. Ancora pochi chilometri di strade semi deserte e saremo arrivati al campeggio dove ci aspettava il nostro bungalow.
Stanchi ma soddisfatti da questo primo giorno di viaggio, abbiamo appoggiato le biciclette in veranda, le abbiamo scaricate e ci siamo finalmente concessi una doccia, non prima però di aver divorato i cioccolatini di benvenuto trovati sul tavolo della cucina. Dopo un breve riposino abbiamo nuovamente inforcato le biciclette e siamo andati a vedere il mare. Per cena ci siamo affidati ad una buona pizza a domicilio consumata sdraiati sul divano guardando la tv, e arrivata la sera ci siamo infilati sotto le coperte raccontandoci le sensazioni provate mentre piano piano ci addormentavamo, stanchi e soddisfatti da questa prima giornata di viaggio.
La tappa che ci aspettava il giorno successivo era sì faticosa per la distanza da pedalare, ma anche per l’aspetto logistico. Dovevamo infatti prendere due vaporetti e un traghetto che ci avrebbero riportati nuovamente sulla terra ferma, dopo avere percorso per tutta la loro lunghezza l’sola di Pellestrina e il Lido di Venezia.
Verso le due di notte, mentre Pablo riposava in un sonno profondo, mi sono svegliato sudato e febbricitante… In un attimo, quel momento felice che stavo vivendo con mio figlio, aveva lasciato il posto alla preoccupazione e avevo iniziato a pensare a come rientrare a casa nel modo meno traumatico possibile per Pablo.
Quando si viaggia in bicicletta con un bambino è d’obbligo portarsi un piccolo pronto soccorso, anche quando si tratta solo di un giro di qualche ora. Per fortuna avevo ben rimpinguato l’apposita borsa rossa, aggiungendo qualche medicinale e due compresse di tachipirina. Senza pensarci un attimo ne ho ingerita una e il mattino successivo con mia sorpresa, la febbre era scomparsa.
Secondo giorno di viaggio – Chioggia – Jesolo (50 km)
Alle 7 suona la sveglia e alle 8 siamo pronti per abbandonare il nostro bungalow. Sotto un bellissimo sole, ci siamo diretti verso il centro di Chioggia per prendere il primo dei vaporetti che ci avrebbe portati all’altro estremo della Laguna di Venezia. La preoccupazione per la mia condizione fisica stava svanendo, ma per precauzione avevo fatto un salto in farmacia, meglio essere prudenti. Colazione abbondante in uno dei bar della piazza e poi di corsa alla fermata del traghetto, pronti a caricare le biciclette e goderci il nostro viaggio.
Sole, mare, aria frizzantina e gabbiani ci accompagnano per il breve tratto di mare che ci porta all’Isola di Pellestrina, i 50 km di bicicletta e gli altri 20 di traghetto non preoccupano assolutamente Pablo che felice guarda l’acqua scorrere sotto lo scafo del vaporetto.
Una volta sbarcati sui murazzi, abbiamo seguito la ciclabile che passa lungo la laguna, fermandoci frequentemente per fare foto, qualche spuntino e ammirare la bellezza del luogo con i suoi colori, magnifici in questa bellissima giornata di sole. Dopo aver fatto uno spuntino presso un piccolo e caratteristico locale, abbiamo preso il traghetto che ci avrebbe condotti al Lido di Venezia.
Appena sbarcati abbiamo seguito per un lungo tratto di ciclabile con vista sul mare aperto e ad un certo punto, siamo scesi in spiaggia a giocare con la sabbia e a mettere i piedi nell’acqua ancora fredda. La stanchezza iniziava a farsi sentire e i gelati erano la soluzione al problema :)
Arrivati all’altro capo dell’Isola ci aspettava l’ultimo tratto di mare fino a Punta Sabbioni. Lungo questa tratta abbiamo conosciuto Francesco, giovane universitario partito da Bologna con la sua datata bicicletta da corsa, con l’obiettivo di arrivare a Bibione, dove lo aspettava il padre per accompagnarlo a casa. Anche Francesco era alla prima esperienza di cicloviaggio e come noi era felicissimo di vivere questa sua avventura.
Alle 13 in punto siamo sbarcati a Punta Sabbioni, i morsi della fame si facevano sentire e così ci siamo letteralmente lanciati nel primo ristorante che abbiamo trovato. Pablo non aveva dubbi riguardo al menù: “Un grande piatto di spaghetti con le vongole e una coca grande!”, che alla fine ha accompagnato da un dolce al cioccolato e caramello!
Mentre divoravamo tutto quello che passava sotto i nostri denti, abbiamo ripercorso con la mente i luoghi visitati fino a qual momento, le sensazioni provate ma soprattutto ci siamo riposati, visto che dovevamo affrontare ancora un tratto di circa 20 km, che era quello meno stimolante di tutto il viaggio.
Alle 16.00 siamo finalmente arrivati a Jesolo dove avevo prenotato una stanza di hotel. Abbiamo parlato con la proprietaria per poter mettere le biciclette in un luogo sicuro (l’hotel non era molto bike friendly), abbiamo sganciato le borse dalle biciclette e siamo saliti in camera per toglierci la polvere di dosso e riposare un paio d’ore.
Pablo accusava un po’ di dolore al polso destro, probabilmente causato dalla posizione sul manubrio mantenuta per molte ore. Ho cercato quindi una farmacia dove acquistare una crema antinfiammatoria che Pablo ha definito subito “schifosa e puzzolente” e del ghiaccio.
Alla sera la via centrale di Jesolo, visto il periodo di bassa stagione, si presentava piacevole da percorrere, ma la stanchezza accumulata durante l’intensa giornata era molta e così ci siamo recati nella vicina pizzeria dove abbiamo chiamato la mamma in video call mentre aspettavamo le pizze.
Ci attendeva l’ultimo giorno di viaggio, la tratta più lunga e impegnativa. Circa 60 km quasi tutti sterrati. Il dubbio che fosse un po’ troppo per un bambino di 8 anni iniziava ad insinuarsi nella mia testa, ma c’era ancora tutta la notte per riposare e il meteo prometteva un’altra magnifica giornata di sole.
Ultimo giorno di viaggio – Jesolo – Treviso (60 km)
Avevamo programmato di partire alle 8.00 in punto e alle 7.00 Pablo era già pronto. Colazione abbondantissima a base di pane, burro, marmellata, biscotti, affettati, formaggio… insomma tutto quanto era disponibile sul tavolo della colazione dell’hotel è passato sotto le nostre fauci. Dovevamo accumulare energie per il lungo tratto di strada che ci aspettava.
Agganciate le borse alle biciclette, ci siamo diretti verso l’argine del fiume Sile passando per il centro. Il sole splendeva in cielo e l’aria era fresca, tanto da consigliarci di indossare le giacche per qualche km.
Il primo tratto di argine si presentava poco battuto e si pedalava sull’erba che rendeva la pedalata faticosa, ma dopo poco abbiamo iniziato a mettere le ruote su strade sterrate e ben battute, fino ad arrivare finalmente a vedere l’altro lato della laguna. Quando possibile ci fermavamo per osservare gli uccelli acquatici dalle torri sparse lungo il percorso e la felicità di Pablo si poteva leggere nei suoi occhi.
Arrivati a Portegrandi ci siamo concessi una pausa, qualche dolcetto e un po’ di diversivi divertenti per ridurre la monotonia. La mia preoccupazione sulla resistenza di Pablo era svanita, pedalava ancora più veloce dei due giorni precedenti e facevamo anche meno pause.
Quarto d’Altino prima e Casale sul Sile poi, dove ci siamo fermati a pranzare insieme ad un nutrito gruppo di ciclisti che non credevano alle loro orecchie quando gli abbiamo raccontato la nostra avventura. Ripartiti freschi, riposati e con la pancia piena, siamo passati per Lughignano e poi Casier, con il Cimitero dei Burci, carcasse di barconi in legno semiaffondati e abbandonati che venivano utilizzati fino alla seconda metà del XX secolo per trasportare le merci e materiali lungo il Sile.
Dopo alcuni km iniziamo a vedere i primi edifici della città di Treviso, manca poco per arrivare in stazione e la nostra avventura sta per concludersi. Pablo sembra non accusare ancora la stanchezza, pedala gli ultimi km fermandosi a dare da mangiare alle anitre, felice e soddisfatto per avere portato a termine anche questa avventura insieme a papà. Arriviamo finalmente alla stazione dei treni di Treviso, stanchi ma tanto soddisfatti, e mentre sulla panchina del binario aspettiamo il treno per Vicenza mangiando un panino al prosciutto, riviviamo ogni momento di quell’avventura, ripromettendoci che non sarebbe certamente stata l’ultima.
Riproduzione riservata (foto di Roberto Pellizzari)
Ho letto e visto il tuo bellissimo resoconto. Io ormai ho la figlia grande e non ho fatto viaggi o giri in bici con lei, come lo stai facendo tu con tuo figlio, ma ricordo alcune uscite attorno a casa, dove pedala vamo assieme o ci avventuravamo lungo carreggiate di campo attorno a casa e sembrava di essere su un’altro pianeta. Grazie per aver risvegliato in me certi ricordi ormai sopiti.
Ciao. Hai detto bene che è temibile la noia più che lo sforzo, sempre moderato se non si affrontano grossi dislivelli. La scorsa estate con le mie figlie di 9 e 11 anni abbiamo disceso il Reno dalla sorgente alla foce in modalità borse/campeggio. Loro ovviamente portavano solo i propri vestiti, sacco a pelo e materassino, io anche tenda, cucina e kit di riparazione. In due se la sono contata sempre, i chilometraggi sono aumentati gradualmente man mano che i dislivelli si riducevano e il fisico si adattava, nel mezzo abbiamo visitato un po’ di tutto. Abbiamo sempre improvvisato nel pomeriggio dove dormire, solo nell’ultima settimana, con percorso piatto e pochissimi campeggi già dal mattino era prevedibile con uno scarto di circa 20-30 km dove saremmo arrivati. Alle fine sono stati 1430km, 4500m D+ in 19 giorni, con tappe tra 22 e 110km. Avevamo fatto solo un’uscita in bici prima, per cui non avevo idea di cosa avremmo concluso. Sono allenate agli sport di endurance (mezzofondo, corsa in montagna, sci di fondo, escursionismo). Ma stare in sella per ore e giorni era un’altra cosa: la speranza di vedere il mare dei nord c’era, ma la fattibilità era tutta da scoprire. In particolare mi aspettavo un ammutinamento della piccola, che non c’è stato, anche se abbiamo dovuto visitare un numero di musei e monumenti che io non avevo mai visto in via mia. Bici un po’ raffazzonate: MTB primo prezzo Decathlon con ruote da 26×1.5″ la piccola, bici triban 7 con ruote 28x32mm la grande, Surly LHT 28x37mm io. Tutti gommati shwalbe marathon plus, borse Ortlieb rear e manubrio loro, front + rear e manubrio io.