Prendete un territorio valdostano ricco di charme e desideroso di cogliere a volo l’opportunità di una svolta smart, metteteci il bando di un finanziamento europeo; aggiungete un “brand” di biciclette da corsa illuminato, condite con una spruzzata di realtà locali che decidono di mettersi in gioco (e in rete). Et voilà come dicono qui, nasce il Cervino Matterhorn Gravel, un evento non competitivo, aperto alle gravel bike, anche assistite, destinato a diventare pure un tracciato permanente. Due percorsi, uno lungo 120 chilometri per 4000 metri di dislivello positivo circa, e uno medio di 60 chilometri e quasi 2000 metri, entrambi per ciclisti “veri” quindi. Tutti e due affacciati sulla Gran Balconata del Cervino, spettacolare trekking con vista sullo “scoglio più nobile d’Europa” ma diversi per altimetrie, intensità e lunghezze.
L’evento che lancerà il percorso permanente del Cervino Matterhorn Gravel si terrà nel giugno 2024, Il tracciato è ancora work in progress, ma noi ne abbiamo avuto un assaggio in anteprima assoluta sotto l’egida di Paul Créton, che della rete d’impresa che lo ha ideato è la mente e l’attivatore, e da Luca Santini, milanese pentito, ora valligiano convinto che progetta e gestisce eventi di mountain bike nella valle.
Arriviamo accaldati dalla pianura ancora rovente, e ci lasciamo abbracciare dall’aria fresca che profuma di foglie e terra, con un vago retrogusto di neve, una promessa che ancora non si sa se verrà mantenuta.
La rete d’impresa, l’idea
Ci vediamo a Torgnon, all’hotel Panoramique affiliato alla Rete, davanti a un buon bicchiere di Chambave Muscat, un vitigno autoctono e piatti della tradizione della Valtournanche, Paul e Luca ci raccontano di come una volta ottenuto il finanziamento, ci volesse un’idea concreta, per mettere a terra il progetto, che non restasse – come spesso accade – solo un bla bla teorico.
E l’idea gli viene parlando con Cinelli, marchio iconico del ciclismo milanese ma da sempre, al contrario di molti brand “puristi”, simpatizzante delle strade bianche, dei sentieri, e addirittura antesignana della mountain bike. Infatti fu Cinelli ad uscirsene con l’indimenticabile “rampichino” quando ancora la mountain bike era una cosa solo americana, nel lontano ’85 e oggi ha un nutrito catalogo di gravel diverso per tipologia e prezzo. Dal carbonio all’acciaio, dalla Zydeco alla Nemo.
L’obiettivo è quello di rilanciare e far conoscere le meraviglie di questa Valtournenche, oltre la (ormai rarefatta e sempre più breve) stagionalità sciistica.
Il progetto è ambizioso e sfidante: sfatare il mito che in montagna, come dice la parola, si possa usare solo la mountain bike. E quindi, in perfetto allineamento con l’obiettivo del bando, ovvero di creare un’interazione virtuosa tra agricoltura e turismo, si decide di recuperare i numerosi sentieri poderali, utilizzati solo per scopi agricoli e collegarli ad alcuni tratti di piste da fondo per creare un percorso fattibile anche con le gravel bike.
E qui arriviamo noi, appassionati di ciclismo o narratori di montagna, a provarlo in anteprima.
Il primo giorno
La mattina, le biciclette Cinelli – colori sgargianti e grafica pulita su design, materiali e tecnologia – tentano anche chi tra noi non è ancora “cinellista“
L’aria è fresca e il sole assente, nuvole chiare e scure si alternano all’orizzonte, ma è tutto così bello, così poco affollato, che il rischio pioggia non ci turba più di tanto.
La partenza in salita (ovvio) è su asfalto, ma dura poco e qualche chilometro e 400 metri di dislivello dopo è già “coffee break” al bar ristoro La Montanara. Da lì in poi sarà tutto sterrato, perché pedaleremo su quelle che d’inverno sono le piste di sci da fondo fino al Santuario Gillarey.
La vista sulla Valtournenche e sul Cervino è memorabile.
Pochi chilometri dopo raggiungiamo il lago di Cignana circondato da un incredibile anfiteatro naturale, dove il Rifugio Barmasse, abituato al clangore degli scarponi più che al ticchettio sommesso dei nostri tacchetti, ci aspetta per il pranzo.
Decisamente, mangiamo più di quello che abbiamo pedalato fin qui, poco più di 20 chilometri.
Infatti, non sono tanto i chilometri, quanto i metri di dislivello, lo sterrato, i punti tecnici. Qualsiasi cosa, anche l’aria frizzante, a cui non siamo più abituati, tutto contribuisce a farci fare (troppo) onore alle delizie locali che, appena appoggiate al tavolo, scompaiono.
E tra tutte, il lardo con le castagne al miele, resterà per sempre nei miei ricordi palatali.
Dopo la pausa si riprende a fatica, e una discesa difficile, ancora da addomesticare, ci scuote dal torpore post prandiale.
A Promoron torniamo a pedalare piacevolmente, gli occhi incantati dallo spettacolo del Cervino.
Alla fine abbiamo percorso, ognuno con il suo passo, meno di 40 chilometri che definire facili e morbidi sarebbe ingannevole. Sempre in montagna siamo, e i tratti tecnici e le pendenze non ce lo fanno dimenticare. Però la bellezza del panorama che si apre di colpo uscendo dai tratti chiusi nella fitta vegetazione dei boschi, ammutolisce più della fatica sulle salite e della paura di alcune discese un po’ tecniche. E Sua Maestà è sempre lì, che si concede alla vista, con una certa condiscendenza.
Les Neiges d’Antan, l’albergo e ristorante di Perrères ci toglie definitivamente il fiato, già messo a dura prova dalla giornata.
Il lusso di questo hotel antico è inaspettato e mai fine a sé stesso. È negli spazi, enormi, dai volumi altissimi così in contrasto con l’allure da rustica baita di montagna, legno antico e corten, profumo di neve e sapori locali. È nel dojo tibetano dallo spazio smisurato. Nella spa a cielo aperto, acqua calda vista Cervino, in cui rilassare le gambe e appagare gli occhi.
Ludovico Bick, patron de Les Neiges d’Antan nelle cui vene probabilmente scorre neve, regala il suo gusto incredibile a tutto quello che lo circonda. Ai muri, enormi foto macro di cristalli, ghiaccio, paesaggi in bianco e nero (ma molto più bianco) chiosano una storia d’amore già ben raccontata da tutto ciò che ci circonda.
Il secondo giorno
Il villaggio alpino di Cheneil accoglie le nostre buone intenzioni appena inficiate dall’hangover dispiegando tutto il suo charme in un sole pallido e già fresco d’autunno. E le nostre Nemo e Zydeco, di cui abbiamo imparato a fidarci anche nei punti più impegnativi, ci aspettano per portarci sul primo tratto già completato del percorso Cervino Matterhorn Gravel. In circa tre chilometri di salita raggiungiamo il colle da cui si ammira una vista davvero unica su tutta la valle, fino al versante opposto.
La discesa è sulle piste da sci, e non ho altro da aggiungere, se non: che ripida! e ci porta a Chamois, una delle “perle delle alpi” raggiungibile solo a piedi, in bici o in funivia, che proprio per questo mantiene intatto il suo fascino e vale (letteralmente) la pena.
La meritata pausa avviene da Mario, produttore della Bière de Chamois che degustiamo molto volentieri.
Riprendiamo la sella reidratati su uno sterrato molto scorrevole, o forse era la birra, dai grandi panorami aperti fino a la Magdaleine. E poi discesa, discesa e ancora discesa con alcuni tratti di single track, divertenti o paurosi a seconda delle capacità tecniche e del coraggio di ognuno, fino a Saint Vincent, dove, per cambiare mangiamo troppo e bene.
Saint Vincent conserva l’allure del tempo in cui fu bella e famosa, ricca e corteggiata. Il tempo del Casino e delle terme, e dei visitatori del bel mondo che univano il brivido dello sfidare la sorte al bello della montagna. E come una nobildonna decaduta, qua e là mostra con una classe senza cedimenti i suoi gioielli di famiglia.
Alla fine ci ritroviamo nella sala conciliare con la presenza di Alex Sabolo, assessore allo sport e ambiente e Marco Ciocchini Assessore al turismo, commercio e attività produttive. E ci lasciamo pensando al bello di fare rete, in questa media montagna, che vista da lassù guardando in faccia la vetta più famosa del mondo, tanto media non sembrava.
E al bello di riuscire a trovare, tutti insieme nuovi modelli di turismo, per poter offrire ai posti virtuosi come questi, opportunità diverse, più attuali.
Del bello delle biciclette Cinelli non dico altro. Aggiungo solo che alcuni di noi (non faccio nomi) hanno pensato di incatenarcisi per non doverle restituire.
Dove abbiamo pedalato (con Komoot)
percorso, courtesy Carlo Simonelli
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