13 mar 2019 – Sessantatre chilometri di strade sterrate più sdrucciolevoli del solito per una siccità che ha tenuto tutto fuorché compatto il terreno; un polverone indicibile che non faceva vedere a dieci metri di distanza; in più, le solite buche di diversa altezza ed estensione che disseminano in modo irregolare gli stradoni della Val d’Orcia e delle Crete Senesi. Eppure, nonostante questo scenario complesso, alla “Strade Bianche” dello scorso 9 marzo praticamente nessun corridore ha utilizzato biciclette speciali, nessuno ha utilizzato telai da ciclocross oppure telai fatti apposta per affrontare terreni dissestati, cosa che invece accade in altre Classiche “regine”, prima tra tutte la Parigi-Roubaix. No, non ce ne voglia questa che è “la classica del nord più a sud d’Europa”, ma dal punto di vista tecnico la Strade Bianche è poca cosa rispetto ad altre competizioni che davvero obbligano i concorrenti a rivoluzionare l’equipaggiamento tecnico con cui si schierano al via.
Le bici? Standard o quasi
Curiosando tra le biciclette alla partenza abbiamo trovato gli stessi mezzi che i corridori utilizzano per le gare usuali, quelle che si corrono interamente su asfalto; aggiungiamo che tutti i professionisti abituati ad utilizzare telai del segmento “aero”, anche alla strade Bianche hanno continuato a fare lo stesso, a dimostrazione del fatto che biciclette di questo tipo hanno sì tubi filanti e smussati che le predispongono per competizioni veloci, ma che in realtà la loro configurazione geometrica si adatta ad affrontare anche competizioni particolari come è appunto quella toscana. Le grandi capacità di guida che hanno i corridori professionisti fanno tanto, ci mancherebbe, ma certo è che i telai oggi in uso ai corridori sono molto versatili e garantiscono uno spettro di utilizzo che spesso va oltre la destinazione specialistica con cui talvolta i relativi produttori le presentano e le dipingono nelle loro campagne promozionali… È per tutta questa serie di ragioni che il principale – e praticamente unico – adattamento tecnico che abbiamo visto mettere in pratica per l’occasione ha riguardato le coperture, che nella stragrande maggioranza dei casi utilizzavano tubolari più generosi del solito. Non è cosa così scontata questa, ma è una cosa possibile solo oggi, perché solo da qualche anno tutti i produttori disegnano i loro telai con un passaggio ruota ampio, adatto per ospitare coperture di sezione anche “large”.
Gomme con sezione large
Nello specifico alla Strade Bianche la sezione più gettonata è stata la 28 millimetri. Le pressioni di esercizio? Variabili tra le 6 e le 7 atmosfere, a seconda del peso del corridore, dello stile di guida di quest’ultimo e infine della ruota in questione (anteriore o posteriore). A dire il vero non sono mancati casi in cui le ruote erano gommate con coperture ordinarie, ovvero le stesse utilizzate nel corso delle altre gare, gonfiate però a una pressione leggermente più bassa. Esemplare in questo senso è la scelta fatta dal vincitore Alaphilippe e dalla sua Deceunink-Quick Step, che per vincere ha utilizzato tubolari Specialized Turbo da 26 millimetri, gonfiati a un bar in mento rispetto al solito (7 anziché 8 bar).
Insomma, i fatti dimostrano che sezione – e assieme a questa pressione – della gomma sono i due punti chiave per affrontare tecnicamente una gara particolare come questa, tanto più che a supportare coperture con larghezza maggiorata sono le ruote di nuova generazione, quelle con canale largo che ospita lo pneumatico, quelle che vanno bene sia per le gare più veloci e scorrevoli, ma che evidentemente si adattano anche ad occasioni particolari come questa. Ruote di questo genere, tra l’altro, hanno un’architettura e una struttura del cerchio che consentono di ottenere un livello di assorbimento delle vibrazioni elevato anche in presenza di profili alti, da 40 o anche 50 millimetri.
Pensiamoci bene: fino a qualche anno fa tutto una cosa del genere era impensabile. Fino a qualche tempo fa le ruote ad alto profilo erano confinate alle gare di velocità pura, non certo a competizioni come la Strade Bianche.
Freni a disco: il punto della situazione
Cosa altro ci ha detto la Strade Bianche dal punto di vista della tecnica? Quali le tendenze che sono emerse nel curiosare sulle bici dei corridori? Il primo aspetto su cui soffermarsi in questo senso è quello dei freni a disco, ancora loro sì, quelli oggetto da ormai da quattro anni di un dibattito lungo (e anche noioso?) che ha creato due “partiti” di fautori e detrattori di questo tipo di standard. Numericamente parlando alla Strade Bianche la proporzione tra squadre che hanno utilizzato bici “disc” e altre che hanno utilizzato bici rim-brake è stata “35 a 65”, che sancisce una prevalenza ancora netta dello standard tradizionale.
Se facciamo un passo indietro di un anno, però, quel 35 per cento di squadre che hanno utilizzato i dischi è sicuramente un dato degno di nota rispetto ai pochi atleti che fecero questa scelta tecnica lo scorso anno, quando tra l’altro la gara si disputò sotto la pioggia. Qualche altro dato importante: il meccanico della Astana ci ha rivelato che il team andrà a sostituire a breve le sue Argon18 rim-brake con delle nuove Argon18 “disc”, in particolare con il nuovo modello Nitrogen Disc. L’incidenza delle bici con freni a disco comincia dunque ad essere significativa, ma, è bene rimarcarlo, anche in questo caso l’impiego di bici con freni a disco alla Strade Bianche non è legata alla tipologia di questa corsa e al suo percorso; no, le squadre che a Siena avevano bici Disc erano squadre che sin dalle prime gare di questo 2019 stanno utilizzando bici con freni a disco, ancora una volta a conferma del fatto che nella Classica toscana le bici sono quelle ordinarie, utilizzate anche nelle altre gare. A proposito di freni a disco: il 2019 ha confermato che lo standard dimensionale più gettonato per i rotori – ovvero i dischi su cui agiscono le pastiglie – è quello che sceglie i 160 millimetri di diametro sull’anteriore e 140 millimetri sul posteriore, che è ritenuta la soluzione migliore per avere sia potenza della decelerazione sull’anteriore, sia modulabilità della frenata nel suo complesso.
Trasmissioni: due importanti novità
Due novità importanti anche in merito alle trasmissioni: le abbiamo viste nei team (la minoranza a dire il vero) che non utilizzano Shimano come partner della componentistica: così, tutti i team equipaggiati Sram hanno corso con la nuova trasmissione Red eTap Axs a dodici velocità, optando per una guarnitura anteriore a doppio plateau 50-37. Nel bouquet del Red eTap Axs c’è anche il monocorona, è vero, ma evidentemente e sicuramente non è la soluzione adatta per le corse professionistiche… Il 50-37 era accoppiato in quasi tutti i casi a una scala 10-28 montata alla ruota (solo in rari casi abbiamo visto il 10-33). Chi è sponsorizzato da Campagnolo, invece, ha utilizzato la nuova trasmissione Eps a dodici velocità, che evidentemente sarà ufficializzata a breve dalla Casa italiana. A proposito di trasmissioni facciamo infine un “salto” in casa Shimano: se pensate che tutti i professionisti corrano solo con il top di gamma Dura-Ace vi sbagliate di grosso. Un big team come la Ag2r sta correndo queste gare di inizio stagione con l’Ultegra Di2, secondo reparto nella gamma della Casa giapponese. Il meccanico del team francese ci ha detto che tutto questo è legato a problemi nella disponibilità del Dura-Ace, che arriverà a breve sulle Eddy Merckx dei corridori. Una dimostrazione, se ancora ce ne fosse il dubbio, del livello del prodotto di gamma Ultegra e anche a dispetto di tantissimi amatori che tendono a snobbare un po’ troppo ciò che non è top di gamma.
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Maurizio Coccia