20 lug 2017 – No, non state leggendo un articolo della settimana scorsa e nemmeno siamo ubriachi. Lo diciamo davvero: e se Aru si vestisse di giallo sull’Izoard?
Già, ieri le sue gambe ci hanno detto altro in apparenza, ma ci sono dei segnali che pure vanno colti.
Quando è passato a 20 secondi sul Galibier, ancora lontano dall’arrivo e con tante discesa e strada da pedalare avevamo temuto nel tracollo. Se si è staccato in salita, cosa succederà nell’ultimo tratto dove è rimasto quasi da solo? Quei venti secondi potevano diventare un minuto e più. Davanti si davano cambi regolari e c’era il meglio della classifica generale. Corridori forti anche a cronometro oltre che in discesa.
Dietro, Aru ha potuto sfruttare pochi cambi di quelli rimasti con lui. Abbiamo visto che spesso e volentieri era lui a tirare e a dare la spinta maggiore per non naufragare. Ci sarà stata tantissima volontà, senza dubbio (e non dimentichiamo cosa possa fare la volontà), ma c’è stata una forza che evidentemente Aru ha recuperato. Non erano certo le gambe di uno in crisi, quelle, se in quasi trenta chilometri ha perso solo 10 secondi – e praticamente da solo – rispetto ai migliori.
Passato il momento di crisi, allora, c’è davanti una tappa decisiva. Con un arrivo in salita dove vale davvero la pena di attaccare e non c’è squadra avversaria che tenga. Oggi attaccherà Bardet, lo deve ai suoi (e ha pure una buona squadra a supportarlo), attaccheranno anche altri, chissà. Potrebbe attaccare Aru. La testa c’è e le forze – scommettiamo? – pure.
Altrimenti sarà rimasto comunque un bel sogno da cui il nostro avrà imparato tanto.
Guido P. Rubino