19 lug 2018 – Fino a ieri il limite della ricerca aerodinamica applicata ai capi di abbigliamento del corridore era limitata ai test in galleria del vento e poi alle prove cfd, che sono delle simulazioni fluidodinamiche effettuate con l’impiego di computer. Oggi no, oggi per sviluppare i capi e i tessuti che un’azienda fornisce ad un grande team del World Tour si può arrivare anche a realizzare dei manichini con dimensioni reali e con le caratteristiche morfologiche specifiche dell’atleta cui è destinato quel capo. L’azienda dell’abbigliamento in questione è la Castelli, il corridore – o meglio i corridori – interessati sono Chris Froome e Michał Kwiatkowski, che da due anni sono “vestiti” dall’azienda italiana con sede a Belluno assieme a tutto il team Sky.
«L’ideale, è ovvio, sarebbe avere sempre il corridore a disposizione per fare test in galleria del vento con l’abbigliamento che stai andando a sviluppare»: ci spiega Soren Jensen, che della Castelli è direttore marketing. Questo, però, non è sempre possibile, perché il corridore ha i suoi impegni di gara ed è per questo che per sfruttare al meglio le indicazioni che fornisce la galleria del vento le aziende dell’abbigliamento integrano quei risultati con i test CFD.
«Ma noi della Castelli volevamo andare oltre – ci spiega Jensen – volevamo superare i limiti del CFD, visto che questi ti danno informazioni aerodinamiche limitate. Il vero obiettivo della nostra ricerca sull’aerodinamica è capire come e dove l’aria che colpisce la superficie esposta si possa staccare dal corpo, che è appunto il primo obiettivo da perseguire per avere il migliore coefficiente possibile di penetrazione all’aria. Ciò che dobbiamo fare è impedire che i flussi si “attacchino” sulla trama del tessuto, frenando in questo modo la penetrazione all’aria del corpo del corridore. La simulazione al CFD in questo senso non ti dà informazioni esaustive, visto che le macchie di colore che visualizzi sullo schermo del computer ti dicono solo quali sono le aree di maggiore pressione aerodinamica che si registrano sul corpo che in quel momento vuoi andare ad analizzare».
Castelli ha dunque investito in una tecnologia unica nel suo genere: prima per Froome e poi per Kwiatkowski (il manichino del quale è stato utilizzato per esporre l’abbigliamento Sky all’ultimo salone di Eurobike) il marchio italiano ha fatto realizzare da un’azienda svizzera dei manichini in plastica con fattezze e dimensioni che corrispondono esattamente le caratteristiche anatomiche dei due corridori in oggetto. Per “Kwiato”, ad esempio, anche la forma delle orecchie – piccole e leggermente curve – è identica a quella che il polacco ha in carne ed ossa.
«Abbiamo fatto realizzare due manichini per ognuno, due per Froome, due per Kwiato, scegliendo le posizioni più importanti ai fini dei nostri studi. Un manichino ha la forma del corridore in posizione con presa alta sui comandi, perché abbiamo verificato che questo è statisticamente l’assetto che il corridore mantiene per circa il settanta per cento del tempo di gara. Il secondo manichino che abbiamo fatto fare è invece quello del corridore in posizione schiacciata, che utilizziamo per i capi destinati alle situazioni di alta velocità e per le cronometro».
Con i manichini tridimensionali a dimensioni reali Castelli riesce dunque a capire come realmente l’aria si stacchi dalla superficie colpita e come lo faccia in funzione del capo o del tessuto che di volta in volta viene testato. È appunto in questa fase che al lavoro della Castelli si aggiunge anche il lavoro del team Sky:
«Di recente la squadra ha assunto appositamente degli ingegneri per capire, attraverso minitest in galleria del vento, quali sono i tessuti migliori da usare in base alla direzione dell’aria che colpisce il corridore e inoltre per determinare quale direzione assegnare alla trame che costituiscono quel tessuto. Solo dopo questa fase facciamo il primo capo prototipo, che nella migliore delle ipotesi facciamo provare direttamente al corridore in galleria del vento o in mancanza di questo utilizziamo i manichini».
Lo stesso Soren, tra l’altro, ci ha spiegato cose molto interessanti sul lavoro che la sua azienda sta effettuando da due anni con il Team Sky e su tutta l’esperienza acquisita da quando è al fianco dei grandi team del World Tour (prima di Sky c’erano la Cannondale e ancora prima la Garmin-Cervélo, la Garmin-Sharp e la Garmin-Barracuda):
«I test in galleria ci hanno chiaramente dimostrato che i copriscarpe che si utilizzavano fino a qualche anno fa non avevano nessuna incidenza a livello aerodinamico. Semmai, la loro unica ragione di essere era estetica. Indossarli oppure no, non portava differenze nel grado di penetrazione all’aria. Molto importante è invece che i copriscarpe siano con taglio alto, ossia che coprano la porzione più estesa possibile del polpaccio, essenzialmente perché si è capito bene che la nuda pelle rappresenta una superfice molto meno aerodinamica di tanti tessuti». Del resto è esattamente per questo che i corridori – non solo quelli del Team Sky – indossano body con maniche lunghe anche nelle cronometro “torride”.
Sempre dai tanti test effettuati in galleria l’equipe di ricerca e sviluppo della Castelli ha ottenuto un’informazione molto importante per gli stessi corridori: «La cadenza giusta per avere la migliore resa aerodinamica – ci spiega sempre Jensen – è attorno alle novanta pedalate al minuto. Questa indicazione è scaturita dai tanti anni di test in galleria del vento effettuati con gli atleti dei nostri team. Se “giri” a ottanta sei aerodinamicamente meno efficace e lo stesso succede se la cadenza è di cento “colpi” al minuto. Il dato di novanta rpm corrisponde a un media indicativa, visto che piccole differenze possono esserci in base alla struttura fisica del corridore e al diametro della sue gambe, ma la cadenza migliore è appunto quella attorno alle 90 rpm».
È un altro discorso, per carità, ma tra le altre cose 90 è il numero che più si avvicina alla cadenza media al minuto consigliata ai corridori dai fisiologi per affrontare le salite.
Maurizio Coccia