11 ott 2016 – La scena che si sono trovati di fronte i ciclisti alla partenza è da togliere il fiato. Cinquemila biciclette, cinquemila maglie tutte uguali disposte lungo il chilometro di via dei Fori Imperiali, con il Colosseo che si staglia sullo sfondo e le luci dell’alba a rischiararle.
Il percorso
La partenza è a rilento, il giro nel centro storico di Roma un po’ complicato, con qualche collo di bottiglia e alcuni tratti in cui si è dovuto mettere il piede a terra. Certamente chi aveva ambizioni agonistiche ha un po’ sofferto, ma per tutti gli altri, per le centinaia di turisti iscritti, è stata un’esperienza emozionante.
La partenza vera, il chilometro 0, è al Colosseo; discesa a via di San Gregorio, sampietrini ed ecco le prime borracce che volano dalle bici per i sussulti. Svolta a sinistra, Terme di Caracalla, via Cristoforo Colombo e imbocco della via Appia. Da qui si fa sul serio.
Rispetto agli anni scorsi è stato tolto il tunnel che porta alla spiaggia del Lago di Albano e che tanti problemi aveva causato l’anno scorso per il fondo bagnato e la scarsa illuminazione. È stato sostituito da una salita meravigliosa, la “Papalina” (3 km al 5%), che porta a Castel Gandolfo. Da lì si gode uno dei più bei panorami della corsa, con la vista sul lago, e ci si prepara per il primo tratto cronometrato.
Per il resto il percorso è quello collaudato: le due salite maggiori del Lago di Albano e di Rocca Priora, i due muri micidiali di Rocca di Papa e di Montecompatri, la salitella di Tuscolo, la picchiata verso Vermicino, i saliscendi massacranti fino a Ciampino e all’Ardeatina, la passerella trionfale sull’Appia con l’arrivo a Porta San Sebastiano.
L’organizzazione
La riuscita di una Granfondo si misura soprattutto dall’organizzazione degli aspetti logistici: la chiusura delle strade, i ristori, il villaggio sportivo, il pasta party. Quante volte ci è capitato di ritrovarci in una granfondo organizzata in maniera confusa e dilettantesca, senza assistenza o con segnaletica carente?
Qui si è capito da subito quanto l’organizzazione abbia investito nel rendere la Granfondo Campagnolo Roma di quest’anno ancora più divertente e con quanta professionalità sia stato gestito l’evento.
Fin dal venerdì il villaggio si è animato di ciclisti, turisti e famiglie. Sponsor di alto livello, stand ben curati, decine di biciclette esposte, espositori di bici e maglie d’epoca, attività per bambini. Ce n’era davvero per tutti; una festa lunga due giorni e mezzo in un clima piacevole sull’erba dello Stadio delle Terme di Caracalla. Difficile immaginare a Roma una location migliore.
Credo che anche i lettori di Honolulu immaginino facilmente che incubo logistico debba essere, in una città come Roma, l’organizzazione di una corsa in bici su un percorso così lungo e per così tante ore. Eppure, visto da dentro tutto è sembrato incredibilmente facile.
Lungo i 125 km del percorso tutti gli incroci sono stati presidiati, e lo sono stati a lungo, non solo per i primi. Grazie all’enorme dispiegamento di personale, di volontari della Protezione Civile e di vigili urbani, anche chi era ben lontano dai ritmi elevati dei primi ha potuto pedalare in tutta tranquillità e sicurezza. Per i cicloamatori meno allenati la macchina del Fine Corsa rappresenta infatti l’incubo peggiore in una granfondo. Essere superati da quella macchina significa che da lì in poi non si avrà più alcuna assistenza, non si avrà la stessa sicurezza e si correrà tra le auto. L’anno scorso io fui raggiunto e superato a circa due terzi del percorso, col risultato di pedalare gli ultimi trenta chilometri nel traffico. Quest’anno, pur piazzandomi sempre tra gli ultimi, ho pedalato sempre in sicurezza con le strade chiuse al traffico e protetto dagli organizzatori: o sono migliorato io o sono migliorati loro.
Un’attenzione, questa di garantire lo stesso livello di protezione anche a meno veloci, che la dice lunga sullo spirito che da anni si è voluto dare a questa granfondo: non lo scimmiottamento di una gara professionistica ma una pedalata aperta veramente a tutti, fenomeni e normali. La stessa formula ormai collaudata di prendere i tempi solo sulle salite e non sulla classifica generale è pensata proprio per limitare l’agonismo esasperato: spingi forte sulle salite e goditi la pedalata nel resto del percorso.
Incredibilmente non ho visto neanche una scena isterica di automobilisti esasperati per essere stati fermati a un incrocio. Ci saranno sicuramente state, ma io non le ho viste. Ci piace pensare che sia un segno che qualcosa lentamente sta cambiando anche nell’atteggiamento delle persone verso le manifestazioni sportive. Altra cosa che non mi era capitata negli anni scorsi: sulle salite il pubblico che incitava i ciclisti e li applaudiva; un altro segno che qualcosa sta cambiando?
L’impressione generale è stata quella di una Granfondo organizzata con lo spirito e la professionalità di un grande evento internazionale e non con quelli di una sagra di paese. Una manifestazione che ormai si è inserita di diritto tra le grandi d’Europa e che è diventata un appuntamento fisso della comunità degli amatori. Noi ciclisti non aspettavamo altro.
Claudio Borgognoni