Guardando la discesa del Lombardia ho avuto nostalgia di Nibali, del suo stile classico e delle sue linee pulite. O guardando anche più indietro, anche di tanti altri ottimi discesisti come Cunego e Mirko Celestino. Perché, diciamoci la verità, se il Lombardia di quest’anno è stato bellissimo da vedere per come è stata interpretata la corsa, in discesa i protagonisti hanno lasciato davvero molto a desiderare.
Come giustamente fa notare Petacchi, per scendere dal Selvino bisogna pedalare forte perché non c’è una grande pendenza, e quindi il tempo è dato soprattutto dalle gambe. Però è palese che il gruppo inseguitore ha problemi tecnici di guida. Come fa notare l’ottimo Stefano Rizzato, il fatto che sia davanti Rodriguez – corridore non propriamente conosciuto per essere un falco in discesa – significa che non c’è velocità. Il più veloce a scendere dal Selvino è stato Carapaz, che da dietro è rientrato sul gruppetto inseguitore.
Tecnicamente ci sono state lacune importanti, probabilmente date dalla scarsa lucidità dovuta allo sforzo. Yates ha percorso parecchie curve veloci con i pedali orizzontali, senza nemmeno abbassare il pedale esterno. Teoricamente il pedale esterno andrebbe anche caricato del proprio peso con la caviglia abbassata. Questa parte tecnica però non è sfruttata quasi mai, perché in discesa nel ciclismo su strada si cerca anche di recuperare un po’ e di riposare le gambe. Certo è che nemmeno abbassare il pedale e mettere il peso quei 170-175 millimetri più in basso è segno di scarsa attitudine alle curve, perché dovrebbe essere un gesto automatico.
Roglic ha affrontato la discesa come se avesse la mountain bike. Pedali orizzontali e gambe larghe in fase di frenata, come per ammortizzare delle buche non c’erano. La pedivella bassa riporta sempre quei 170-175 millimetri più in basso il bilanciamento del peso anche in fase di frenata. E poi torsione del busto all’interno, proprio come nel ciclismo fuoristrada. Su strada la torsione ha efficacia nei tornanti stretti, ma non nelle curve larghe e veloci, dove per esempio un bel pennellatore come Tom Dumoulin portava addirittura le spalle verso l’esterno e le anche all’interno della sella per combattere la forza di gravità.
La tecnica di Roglic è stata la medesima di Pogacar, che come ha detto bene Petacchi è stato sì veloce in discesa, ma grazie alle gran gambe. Anche lui pedali orizzontali in frenata e grande torsione di busto all’interno a centro curva, anche più marcata di Roglic, che lo ha aiutato nei tornanti, ma che lo ha reso molto impreciso nelle curve veloci, con traiettorie inaccurate. Tadej è finito spesso largo troppo presto e ha avuto palesi difficoltà a raggiungere il punto di corda diverse volte, soprattutto nelle curve a sinistra, che può anche essere solo un caso, ma solitamente tutti noi abbiamo un lato che prediligiamo per le traiettorie, e quello di Pogacar mi è sembrato piuttosto marcato.
Un peccato che Carapaz non sia mai stato inquadrato, perché il suo rientro in solitaria fa pensare che sia stato l’unico bello da vedere in discesa, oltre che efficace.