Leggere che Vingegaard ha stravinto la cronometro del Tour de France 2023 a 41 di media fa saltare sulla sedia per entusiasmo e paura.
Abbiamo di fronte un fenomeno che, ieri, ha battuto un altro fenomeno. Solo Pogacar non si sarebbe fatto riprendere da uno così. Eppure, in quei 22 chilometri e un po’, Vingegaard è arrivato vedendo l’ammiraglia dell’avversario. Sarebbe stata una beffa pazzesca.
Eppure, l’avversario non è crollato, è andato fortissimo. È andato in linea con le aspettative del fenomeno che è: distruggendo la prestazione di un formidabile Wout van Aert, condannato al podio di tappa senza ancora vincerne una.
Ma non abbiamo avuto il tempo, letteralmente, per fare considerazioni sul colpaccio e sulla forza di Pogacar proprio perché lì dietro, a bomba, è arrivato il fulmine giallo Jonas Vingegaard a scippare attenzioni e tempi fenomenali.
Spettacolare ed entusiasmante. Fosse capitato anni addietro avremmo detto che si tratta di una sentenza definitiva, ma non avevamo un riferimento come Tadej Pogacar, lo sloveno in maglia bianca e due Tour de France già nel palmares. Tutto normale e secondo le aspettative se non fosse per il “jolly” Vingegaard. Che vederlo saltare felice dal cubo della magia è anche una esplosione di gioia, ma queste differenze che, di anno in anno, si sommano con l’arrivo di fenomeni tra i fenomeni stanno entusiasmando con una paura sotto.
Una paura
«Fate bene ad avere sospetti – aveva detto in conferenza stampa Vingegaard – ne avrei anche io e il vostro compito è anche essere scettici» aveva concluso lasciando i giornalisti quasi senza parole per aver rivoltato la domanda. Dice sul serio?
La sua sicurezza, in realtà, è una fiducia nelle tecnologie di allenamento che possono spingere un fisico formidabile come il suo a prestazioni fuori dal comune, tecnologie affinate più che mai e senza ricorrere a soluzioni illecite.
E non è solo il fisico.
Ieri Vingegaard ha dimostrato di aver fatto una preparazione meticolosa della cronometro e si vede. L’aveva studiata con cura prima del Tour de France, l’ha ripassata nel giorno di riposo ed ha affrontato la strada come fosse la sua via di casa. Avete visto come affrontava le curve? Le sapeva tutte, come un pilota di Formula 1 in pista. Pogacar è andato forte, ma quel ritardo lo ha accumulato anche nelle curve che l’avversario ha affrontato aggredendole senza nemmeno rischiare troppo, solo conoscendole. Ecco, tra le cose scientifiche viste ieri c’è anche questa, frutto di preparazione e simulazione come fanno in piloti automobilistici. Poi la scelta di non cambiare bicicletta, per non modificare l’assetto, per non rompere quel ritmo indiavolato. Studiata anche lì e probabilmente se ha pagato qualcosa per il peso della bici da crono nei tratti più duri della salita, si è rifatto con gli interessi in altri tratti.
Insomma, se Froome lo avevamo indicato come il ciclista calcolatore, Vingegaard lo ha probabilmente battuto in questo.
Il resto del Tour de France comincia oggi. La tappa durissima odierna ci dirà se quello di ieri è stato il colpo del KO per la corsa o solo un momento.