Per creare una delle imprese più grandi della storia del ciclismo, ci sono voluti tre ingredienti: un grandissimo campione, un percorso durissimo con aggiunta di pioggia, e una grande remissività degli avversari.
Pogacar non le ha mandate a dire. Ha dichiarato, prima della gara, di stare molto bene, che dallo sloveno all’italiano si traduce con un “domani vinco io”. Io mi aspettavo la fila a ruota di Pogacar, gente che lo avrebbe marcato dalla partenza all’arrivo, senza perderlo di vista nemmeno un secondo. E invece? E invece ho visto il forcing del suo compagno di squadra Wellens, che impone un passo tremendo, talmente forte che spacca tutto il gruppo, già messo a dura prova dalla parte iniziale del percorso. Ed è l’abc del ciclismo: la squadra del favorito in testa in un tratto molto impegnativo, gruppo sgranatissimo, passo forte, uguale attacco sicuro del favorito.
Matematico.
I grandi nomi non erano a ruota di Pogacar quando è partito. E poi leggo l’intervista di Pidcock, in cui dice che non si aspettava che Pogacar partisse così da lontano, e rimango a bocca aperta: sappiamo tutti che lo sloveno è un “pazzo furioso” – nel senso buono. Uno che può partire all’inizio della salita del Col Du Galibier al Tour de France per attaccare la maglia gialla. E chi era lì per vincere le Strade Bianche ha avuto dubbi che Pogacar avrebbe fatto calcoli sui chilometri rimanenti? Una barzelletta.
I commentatori Rai hanno ipotizzato una fantasiosa idea che Pogacar potesse rialzarsi e aspettare quelli dietro. Ma in una corsa così con curve, sali e scendi duri e sterrato, quello davanti comanda, sempre. Anche uno contro venti. E quei venti dietro avrebbero dovuto saperlo: uno così va ripreso subito, perché lo vedi a Siena. E invece dietro hanno discusso, non erano convinti. Andavano piano, talmente piano che Toms Skujins ha fatto in tempo a cadere e rientrare, senza l’aiuto delle ammiraglie come succede nelle corse “normali” quelle che non hanno strade bianche nel percorso.
Non sarebbe cambiato niente, certo. Pogacar aveva il tempo di fermarsi a prendere un caffè al bar e vincere ugualmente. Ma non c’è stato un solo rivale vero, uno che gli dicesse “vincerai te, ma per farlo dovrai sputare sangue”. Quello non si è visto. E nemmeno la frase: “hanno tutti corso per il secondo posto” non si addice a questa situazione, perché correre su Pogacar poteva voler dire portarsi avanti, seguire il treno giusto e magari essere il primo degli sconfitti. I rivali di Pogacar hanno considerato lo sloveno un Hors Catégorie e non l’hanno nemmeno preso in considerazione. Lo spettacolo alle Strade Bianche è stato tutto Pogacar.