C’è Mondiale e Mondiale. Innsbruck, Austria, poco meno di una settimana fa. Il Mondiale dei grandi, quelli che si giocano la vittoria e sono lì a provare materiali e a discutere su grammi e fibra di carbonio, poi c’è il Mondiale degli altri, quelli che una manifestazione internazionale è l’occasione per girare il mondo e conoscere. Quelli che il ciclismo è fatto così: si esalta per i primi ma stravede per gli ultimi e per quelli che fanno più fatica.
E allora c’è una bella storia da raccontare dal Mondiale di Innsbruck, quello visto da dietro le quinte e da dietro la corsa. Quello di Daniele Callegarin, che la maglia azzurra l’ha pure indossata e ora guarda quelle degli altri dal pullman Vittoria, che guida con pazienza e abilità in giro per il mondo.
Daniele è uno che la fatica la conosce e poi quando lavori con il servizio di assistenza neutra ti abitui a non guardare il colore delle maglie. I corridori vanno aiutati, tutti.
Ecco la sua storia, così, come l’ha raccontata lui (perché Daniele pedala ancora forte, ma scrive altrettanto bene):
Questa è la storia di un paio di scarpe e di un paio di caffè.
Siamo in Austria, al Campionato del Mondo Uci e lui è Dealton Nur Arif Prayogo e io sono Daniele Callegarin.
È mercoledì, il giorno della cronometro professionisti ed un atleta asiatico, pochi istanti prima della partenza, è alla folle e disperata ricerca di un paio di scarpe per poter prendere il via.
Gira sconfortato tra i bus delle squadre ma nessuno, a quanto pare riesce a soddisfare la sua richiesta.
Fino a che, lui, un asiatico, accompagnato da un massaggiatore spagnolo in forza alla Nazionale Australiana si presenta al pullman della Nazionale Italiana. Nessuno però pare avere intenzione di dare un paio di scarpe a Dealton. Tranne uno, io.
Ho paio di Gaerne nuove usato forse quattro volte che dovrebbero essere ancora, da qualche parte, sul bus.
Sono le mie scarpe preferite ma non vedo occasione migliore di poter essere utilizzate.
Gliele mostro. Lui prende, guarda le tacchette e, incredulo, sorride. Le prende e ringrazia. Il massaggiatore spagnolo mi dà un pacca sulla spalla. Domani te le riporta. Io annuisco felice.
Poi il nulla.
Il giorno dopo, giovedì, niente. Così pure venerdì. E neanche il sabato.
Vengo a sapere che Dealton è un Indonesiano, è il campione Nazionale e che con le mie scarpe ha preso il via alla prova classificandosi terz’ultimo.
Mi avrà cercato e non mi avrà trovato, penso. Non me le avrà mica inculate, è impossibile. Ci correrà anche domenica, immagino. Preferisco semplicemente pensare di essere stato di aiuto a qualcuno.
Sì, ma cazzo, le mie scarpe.
È domenica, i professionisti stanno correndo, tranne uno Dealton, che si aggira ancora tra i pullman, ma con un paio di scarpe in mano. Le mie.
Mi guarda, mi sorride, mi ringrazia.
Io sorrido, ‘mortacci sua.
Poi dallo zaino estrae e mi consegna un paio di buste di caffè. Per me.
Questa è la storia un paio di scarpe e un paio di caffè.
Questa è la storia mia e di Dealton. E del massaggiatore spagnolo in forza alla Nazionale Australiana.
Redazione Cyclinside