31 mar 2019 – L’Eroica è evento che funziona da solo, ci mancherebbe; e non è certo per fare promozione che l’ideatore della “regina” delle ciclostoriche si muove spesso in giro per l’Italia per parlare dell’evento che ormai da ventidue anni si svolge ogni prima domenica di ottobre a Gaiole in Chianti, in Toscana.
Piuttosto, quel che più gli piace è divulgare il vero spirito “eroico”, roba che va ben oltre la rivisitazione vintage che caratterizza L’Eroica e in genere tutte le manifestazioni satellite, quelle che da qualche stagione hanno esportato questo formato e marchio in giro per il mondo: Giancarlo Brocci è tornato da appena una settimana dal Sudafrica, dove ha conosciuto gli scenari inaspettati della “Eroica Sudafrica”, lei e le sue splendide sterrate lunghe chilometri e chilometri, sterrate che non hanno nulla di meno rispetto alle strade bianche del Chianti. Tra qualche giorno “Il Brocci” partirà di nuovo, alla volta della California, per l’Eroica omonima che si svolge a Cambria, a sud di San Francisco.
Tra un’Eroica e l’altra Brocci trova appunto il tempo per condividere e divulgare lo spirito eroico nelle scuole – come successo in due istituti di Perugia – nei bike café – come successo all’Up Cycle di Milano – oppure nei negozi storici di biciclette, come la Cicli Lazzaretti a Roma, dove tra le altre cose Giancarlo ci ha rivelato che l’Eroica del prossimo 6 ottobre ha elevato il numero chiuso da 7000 a 8200 partecipanti.
«E siamo certi che le richieste di adesione saranno molte di più»; ci ha detto Brocci. Per rimanere in Italia, il prossimo evento a marchio “Eroica” sarà invece la Nova Eroica del 28 aprile a Buonconvento (SI), manifestazione aperta a tutte le tipologie di bicicletta, sia d’epoca, sia da corsa, ma soprattutto gravel, tipologia che meglio incontra le caratteristiche delle strade sterrate che coprono una porzione importante del suo percorso.
Lo sterrato, già, lo sterrato è il pallino di Giancarlo Brocci da quando ha inventato prima L’Eroica e poi la Monte Paschi Eroica dei professionisti, ossia quella che da qualche anno è diventata “Strade Bianche”: «In Sudafrica – ci dice – ho trovato un posto incredibile per praticare ciclismo, vedendo quelle strade bianche lunghissime ho pensato subito che sarebbero quelli posti perfetti dove far correre i giovani ciclisti; sono posti inesplorati, dove non c’è il problema del traffico e delle macchine e dove anche i ragazzi possono avvicinare il ciclismo eroico».
Ma faresti correre anche i giovani con le bici d’epoca, Giancarlo?
«No, per quelle strade ci sono le biciclette gravel, ma in fondo cambia poco, lo sterrato è un contesto che ti fa scoprire un modo diverso di praticare ciclismo, e che di sicuro crea corse più spettacolari, più avvincenti». Non a caso c’è sempre lo zampino di Brocci nella recente riscoperta dello sterrato da parte del Tour de France (e lo stesso farà la Grande Boucle degli anni a venire). Oggi, 2019, sembra quasi scontato parlare di strade bianche nelle corse pro, ma se ci pensate bene dieci o quindi anni fa proporre formati di questo tipo era roba da farsi prendere per visionario, addirittura folle.
Tutt’altro: secondo Brocci lo sterrato, o se preferite lo spirito eroico, è un ingrediente primario per tornare a un ciclismo che dopo gli anni bui che questo sport ha vissuto tra la fine e l’inizio del millennio torni ad essere pienamente credibile, pulito e perché no torni anche ad essere più spettacolare e meno “telecomandato”. Il secondo ingrediente? Come succedeva “anta” anni fa, quello di ridare potere pieno agli organizzatori delle corse ciclistiche e allo stesso tempo eclissare quell’egemonia che nel ciclismo moderno ha assunto il duo “preparatori/procuratori”. È solo nostalgia e romanticismo tutto questo? Forse no, a pensare così sono solo gli stessi che quindici anni storcevano il naso di fronte a un visionario che riportava lo sterrato nelle corse pro. E invece…
Maurizio Coccia