L’Erioca Gaiole 2023 è stata la più grande di sempre: 8316 ciclisti, per la precisione 5305 italiani e 3011 stranieri. Sempre poche le donne 889, cioè l’11 per cento, ma in aumento. Si è svolta ormai un mese fa, in un inizio ottobre che sembrava fine luglio, la terra arsa e secca, gli alberi esausti di polvere e sete, un sole a coccio, che non risparmiava niente e nessuno. Cuoceva lane cotte, salite, ristori. E nonostante questo è stata, come diceva Lucio Battisti, comunque bella, speciale, come solo l’Eroica sa essere. O forse proprio per questo, perché senza questo caldo torrido e innaturale o senza pioggia e fango e freddo, insomma senza il bello di questa fatica, che gusto avrebbe l’impresa? Così, tanto per citare il Brocci.
E tu, di che partenza sei?
Ma quest’Eroica 23, è stata per me anche una timida, tentennante ripresa, che doveva essere una partenza simbolica, finta, e invece nel suo piccolo, (anzi nel suo corto) è stata vera, verissima.
E allora questa 26esima edizione, la dedico a tutte le partenze, a tutte le ripartenze, vere o false. A tutti gli inizi, che chissà dove ci porteranno. A chi comincia e a chi ricomincia, a chi cade e si rialza. A chi parte per scappare e a chi parte per tornare. Ai viaggi lunghi o corti non importa, che sono come i percorsi dell’Eroica, basta sceglierne uno, basta partire.
C’è la partenza eroica, dei “berrutiani” Ci sono quelli per cui la partenza è una roba che si fa al buio, alzandosi quando alcuni vanno a dormire. Sono quelli con le bici antiche, arrugginite, cigolanti. Che hanno tanti chili quanti anni, quelle che non vanno neanche a spingere. E loro invece partono alle quattro, e spingono, e vanno. Partono per primi, le frontali che ondeggiano al buio come lucciole giganti, e probabilmente arriveranno per ultimi piegati sul manubrio, sporchi di terra e di sudore, ma felici.
A loro va tutta la mia ammirazione.
Poi c’è la partenza “mi tocca”, quella degli eroici involontari. È una nicchia, sono pochi infatti, quelli per cui la partenza non è la loro. Loro, magari neanche ce l’hanno la bicicletta, e se ce l’hanno, al massimo il corto volevano fare. Non questa levataccia assurda, a metà notte, che prima del cambiamento climatico c’era anche la nebbia, se ti diceva male, e un freddo, che poi passava, ma a quell’ora, restava lì, attaccato addosso come una canottiera. Sono quelli che fra le mani non tengono un manubrio, ma una macchina fotografica, o una telecamera, e al posto delle frontali al massimo hanno il flash. Viaggiano in auto, o in scooter, per poter arrivare dappertutto, cogliere anche le espressioni sui visi, rubare dettagli. Sono, i fotografi e i video maker, e ben vedere sono i più eroici, perché per cogliere “quell’alba” o “quel partecipante”, arrivano in partenza prima di tutti gli altri.
E a questi un grazie per le immagini che ci regalano.
E che dire delle partenze scalpitanti? Sono poche, ma in aumento. Le fanno i “polpaccetti depilati” prestati dalla lycra alla lana cotta solo per quel giorno. Arrivano al via puntuali al secondo per la partenza dei percorsi lunghi. Atletici e carichi come balestre prima del lancio, fingono indifferenza ma il loro pensiero è fisso sul Garmin che nascondono nel tascone posteriore, e che alla fine dirà loro tempo e durata, che non sempre coincidono, ma per loro sì. Loro la devono fare tutta, e la devono fare in fretta, ovvero in meno tempo dell’anno prima, costi quel che costi, non importa se l’età sale, e il muscolo scende. Non metteranno il piede per terra se non per motivi idraulici (acqua in entrata o in uscita), non guarderanno il paesaggio, e non si lasceranno tentare dal profumo dei ristori.
A loro va tutta la mia solidarietà: non sanno quello che si perdono.
La partenza gaudente invece, detto per inciso la mia preferita, è del tutto diversa.
L’eroica per loro è qualcosa che si associa alla fatica, certo, ma principalmente è una festa, da fare con gli amici, da godersi tutta. Il bello di questa partenza qui, è che l’arrivo più tardi è, meglio è, perché significa che hai chiacchierato con tutti, e non ti sei perso neanche un ristoro, neanche una canzone, neanche un sorriso. Chi parte da gaudente sceglie il percorso proprio sul ristoro migliore. Esiste una specie di Guida Michelin Eroica che si tramanda oralmente che li segnala. Certo, le salite più dure e le “difficult descent” come recitano i cartelli sulla strada, sono memorabili, ma a loro interessa di più che sull’86 c’è Cecchini con “la cicciaaaaaa!” e il suo indimenticabile “burro del Chianti”, e che a Dievole ci sono le uova al tegamino più buone del creato e che non c’è niente di più bello che vedere il sole alzarsi dall’alto del Castello di Brolio, dopo aver bevuto il caffè ballando canzoni kitchissime.
Partono presto ma non prestissimo e solitamente si collocano nella giornata dei “corti”, anche se magari poi fanno la 106 (sì, perché anche in quello c’è Dievole, ma non spargete troppo la voce). Li riconosci dal sorriso jn po’ storto (è il Chianti).
La partenza generosa. Questa partenza non ha scopo di lucro, o di cronaca. Non soffre di ansia da prestazioni atletiche, né ha obiettivi ludici. Inizia presto, prestissimo, senza far rumore. Sono tanti quelli che si alzano che è ancora buio, e zitti zitti, partono. E poi li trovi dietro ai banconi dei ristori, o a quelli ufficiali, sui mezzi scorta, sul carro scopa. Nelle ambulanze, e ai crocevia, a indicarti la strada. Di solito li riconosci dal sorriso gentile (e dalle occhiaie). Sono i volontari, quelli che consentono a tutti gli altri di divertirsi, fotografare, mangiare e bere, farsi male, partire, arrivare. Dovremmo tutti ringraziarli un po’ più spesso. Fatelo, io lo faccio sempre. Anche qui: grazie.
La mia falsa vera partenza
Le partenze sono tante, tantissime, ognuno ha la sua.
Io per esempio, dopo un incidente, un’operazione, un paio di complicazioni e 8 mesi senza bici, mica la dovevo fare, l’Eroica.
Ho pensato, faccio solo una falsa partenza, almeno mi vesto (che bello è vestirsi da eroica?), sistemo la bici, vado in griglia, faccio le foto, saluto… È un modo come un altro per rompere il ghiaccio.
Ma poi mi sono detta, provo a fare qualche chilometro, almeno vedo come va, arrivo all’Eroica Caffè che è tutto asfalto, e mi godo la festa e poi torno. La giornata era stupenda, e gli amici pure. Si pedalava piano, si chiacchierava tanto.
Ma non avevo fatto i conti con il fatto, che per chi ama la bicicletta i chilometri sono come le ciliegie: uno tira l’altro.
E quindi è stato tutto un “arrivo solo fino in cima alla salita di Broglio…beh. Magari faccio un altro pezzetto…forse riesco ad arrivare a Dievole!”
E una volta arrivata lì, il tempo e la fatica, sono spariti, e di chiacchiera in chiacchiera, di uovo in uovo, di bicchiere in bicchiere, tra un pezzo di pane e olio e l’altro, senza quasi accorgermene ho tagliato il traguardo della “passeggiata”, che ogni tanto penso che dovremmo cambiarle nome, visti i quasi 50 km e quasi 1000 metri, chessò, almeno “passeggiata eroica”, no? E questa è stata per me la migliore delle ripartenze possibili. E il traguardo più emozionante della mia vita. Ero di nuovo in sella, di nuovo all’Eroica!
La partenza zero
Ma la partenza vera, senza la quale non ci sarebbero tutte le altre, è stata quella di 26 anni fa, avvenuta quasi per gioco da un bar di Gaiole. Senza quella, noi non saremmo qui a partire, arrivare a divertici e a sognare. E a sperare in un turismo migliore, che rispetti i luoghi e li valorizzi invece di rovinarli, che sia sempre di più un esempio per il mondo, di come si possa avere successo facendo divertire migliaia di persone di tutto il mondo, facendo del bene all’ambiente e al territorio.
foto ©Cyclinside/Guido P. Rubino