Raccontamela senza farmela vedere.
A.C.
Fastel messer, fastidio de la cazza,
dibassa i ghebellini a dismisura,
e tutto il giorno arringa in su la piazza
e dice che gli tiene una ventura.
Rustico Filippi
Nuntereggae più ♫
Quest’anno, a L’Eroica, mi ero rotto la cazza.
Mi ero rotto la cazza di fare sempre le stesse cose: sveglia alle tre; slalom fra i cinghiali sulla SR 222 “Chiantigiana”; arrivo a Gaiole; partenza dei percorsi lunghi; Brolio; foto alle luci posteriori che salgono verso il castello; Siena; foto alle prime biciclette che arrivano al ristoro di piazza del Campo; foto al campanile e alla piazza, in caso fossero cambiati dall’anno precedente; foto ai ciclisti che mangiano; foto ai ciclisti che si abbracciano; foto ai ciclisti che si fanno i selfie; cappuccino caldo e pipì appena apre il bar dopo vicolo Duprè.
Tornare alla macchina senza ricordarsi minimamente dove la si è lasciata; arrivare a piedi dalle parti di Arezzo; ammettere di essersi sbagliati e tornare indietro; trovare l’auto e andare ad Asciano; ricordarsi che Asciano non è niente di che; fare le foto lo stesso, ormai ci sei; rientrare verso Gaiole; scroccare un caffè al primo conoscente che incontri; mangiare qualcosa; andare in Sala Stampa, pensare: “Adesso comincio a buttare giù l’articolo così..”; svegliarsi che sono circa le sette di sera; fare delle foto ai ciclisti che arrivano; bere una birra; berne un’altra perché nel frattempo è arrivato Giovanni Battistuzzi e non è che lo puoi far bere da solo, si intristisce; andare a cena; tornare a Siena; preparare abiti e bagagli per il giorno dopo; mettersi a letto; pensare a una battuta di-ver-ten-tis-si-ma da mettere nell’articolo; dimenticarla nell’istante in cui ti addormenti.
Notte di luna Siena
Tutto ciò considerato, Venerdì sera ho deciso che il giorno dopo, invece di svegliarmi alle tre, avrei dormito fino a tardi (le quattro) e con tutta calma (le cinque) sarei andato direttamente al ristoro di Siena, risparmiandomi cinquanta chilometri di Chiantigiana e svariati incontri con istrici giganti e ungulati selvatici. Così ho fatto e il mattino dopo, alle 05:29, mi beavo della sobria bellezza di Piazza del Campo. Contrariamente all’anno scorso, non c’era nebbia, l’aria era tiepida e la luna, piena, brillava in un cielo privo di nuvole.
Fra di loro, “un fricchettone, forse drogato” munìto di chitarra disturbava il quieto frinire dei grilli con una ballata malinconica che sul momento ho attribuito a Vasco Rossi, ma che sarebbe potuta essere anche un Paul Anka prima maniera o la versione Death-Metal di Bibbidi-bobbidi-boo.
Più in là, molto più discreti, un ragazzo incappucciato e una ragazza velata, simili a un Presepe orbato di buona parte dei pezzi, chiacchieravano dei fatti loro e mostravano reazioni opposte alla mia richiesta di far loro una foto. Uotever.
L’Eroica che si vive la notte è molto diversa da quella, più nota, che si svolge alla luce del sole. La sua caratteristica principale è il silenzio. Come in una chiesa, tutti parlano a bassa voce o – meglio – non parlano affatto. Gli altoparlanti, che fra poche ore diffonderanno musica ad alto volume, tacciono; il traffico non è che un’eco lontana e l’unico suono che si sente – oltre ai grilli e ai fricchettoni drogati – è il fruscio delle ruote delle biciclette sul terreno.
Vado a sgraffignare qualche cibaria dai banchi del ristoro e faccio due chiacchiere con uno dei volontari.
«Hai visto l’interno del chiostro?» mi chiede il volenteroso, indicando il portone alle sue spalle. No, non l’ho visto; lo vado a vedere e faccio bene, perché il chiostro, in sé, non è nulla di eccezionale, ma guardando in alto, attraverso l’apertura merlata del tetto, si vede la parte superiore della Torre del Mangia che si staglia contro il blu del cielo. Faccio una foto che, se togli il colore, sembra un dipinto di Escher.
Il resto della mattinata si svolge come da copione: arrivano i primi ciclisti; ne arrivano altri, più numerosi; arriva qualcuno che conosci, ci fai due chiacchiere, poi lo vedi andare via (se avessi meno sonno penseresti che è un’allegoria della Vita); fai le foto canoniche alle biciclette, ai ciclisti che mangiano a quelli che si abbracciano e a quelli che si fanno i selfie. Compiuto il tuo dovere, ti riscaldi con un cappuccino caldo e ne approfitti per fare pipì.
Mentre tutto questo avviene, cambi ogni tre minuti l’immagine dello “stato” su Whatsapp per far credere ai tuoi conoscenti, probabilmente ancora addormentati, che ti stai divertendo una cifra, ma in realtà preferiresti essere anche tu in un letto – possibilmente in compagnia – invece che in mezzo a una piazza, per quanto bellissima, con le macchine fotografiche appese al collo.
Si sappia.
Come vendere droga in linea
«Vuoi comprare delle amfetamine? Dovevamo fare la ottanta chilometri, ma accorciamo a cinquanta e ci avanzano..»
Mi sono fermato all’ombra, all’inizio della salita verso Radda perché devo cambiare la batteria alla GoPro. A pochi metri da me c’è un ciclista che si riposa, seduto sul ciglio della strada. Giovanni gli si è avvicinato e gli ha proposto di comprare della droga.Lo ha fatto con tutti quelli che abbiamo incontrato, oggi; lo farà anche con un esponente dell’Associazione Nazionale Carabinieri che sorveglia la Sala Stampa, non si capisce bene se per evitare che entri il pubblico o che usciamo noi.
Il potenziale acquirente sorride, pensando che noi si stia scherzando, ma il suo sorriso comincia a scolorire “like a watercolour in the rain” quando Giovanni tira fuori dalla sua borsa la custodia della GoPro e, da questa, una scatolina dorata grande poco meno di un pacchetto di fiammiferi. Con studiata lentezza, Battistuzzi apre la scatolina mentre l’altro guarda ansiosamente prima lui e poi la strada, sperando di veder arrivare qualcuno a cui chiedere aiuto. Non sorride più. Il Caso lo ha posto da solo, in mezzo a un bosco, con due spacciatori di droga, per altro sudati: che probabilità ha, di uscirne vivo? In pochi secondi gli passano davanti agli occhi i titoli dei giornali di domani, con le foto del suo corpo abbandonato al bivio per Capannole, la bicicletta occultata fra la vegetazione per ritardare il ritrovamento del cadavere.
«Ah, no, mi sono sbagliato,» dice Giovanni, mostrando all’umano il contenuto della scatolina. «Queste sono le schede delle telecamere..»
«Ti avevo detto LDS, non SDD!» lo redarguisco io, mentre il sangue, lentamente, riprende a colorire il volto del malcapitato; poi accendo la GoPro e ripartiamo, senza dargli il tempo di fare domande.
Poco dopo incontriamo un concorrente che traina con la bicicletta un carrellino giallo in cui è seduto il figlioletto. Battistuzzi, prontamente, si aggrappa al maniglione del carrellino per farsi trainare.
«Adesso non esageriamo,» dice il padre di famiglia.
«Tu non lo sai, ma anche lui è tuo figlio, » gli spiego.
Giovanni scatta in avanti e mette una mano sulle spalle, curve, del genitore.
«Papà!” esclama. «Ciao, papà, come stai? Da quanto tempo!..»
Mi affianco anche io, mentre attacchiamo l’ultimo strappetto prima di un tratto in pianura. 5024 è palesemente affaticato dal suo carico familiare, così cerco di distrarlo chiacchierando un po’.
«Prima di Brocci,» gli dico. «questo era tutto pianura. C’era il mare, qua.»
«Poi Brocci ha creato prima i fiumi, poi le colline..» aggiunge Giovanni; al che, 5024 chiede:
«Cos’è, Dio?»
«Non lo sminuire,» rispondo.
«E non bestemmiare,» dice ancora Giovanni. «Brocci sente tutto.»
What a difference a day makes ♫
Cos’era successo, fra le 07:28 di Sabato 30 Settembre e le 12:25 di Domenica 1 Ottobre, che aveva mutato così radicalmente il mio umore? Assolutamente nulla, anzi: l’atteggiamento che Giovanni e io avevamo assunto durante la pedalata di Domenica era la forma pubblica della disubbidienza civile da me praticata privatamente nella giornata precedente. Se Sabato mi ero ribellato alle consuetudini editoriali dell’Eroica, oggi contestavo le regole stesse della manifestazione, ignorando i percorsi prestabiliti e importunando i partecipanti.
L’unica differenza, rispetto al giorno prima, era che sapevo di non essere l’unico a non sentirsi (più) a suo agio a Gaiole. Avevo avuto delle conferme esplicite in questo senso da parte altri partecipanti e, forse, perfino una conferma implicita dallo stesso creatore dell’Eroica, il suddetto Brocci, che mi era sembrato nervoso e insoddisfatto malgrado tutto stesse andando nel migliore dei modi: il tempo era perfetto, la partecipazione massiva, gli incidenti di percorso pressocché assenti e la diretta RAI aveva portato in tutte le case degli Italiani la bellezza della fatica e il gusto dell’impresa di pedalare nel Chianti. Cosa c’era, che non andava?
In quel momento avevo al mio attivo troppe poche ore di sonno per capirlo, ma il problema era proprio la RAI, la cui presenza massiva, a seguito dei buoni ascolti dello scorso anno, aveva inevitabilmente lasciato un’impronta piuttosto profonda sull’aspetto e sulla fruizione dell’evento, accentrando su di sé la maggior parte delle attenzioni dell’organizzazione e ridimensionando la valenza della parola scritta a fronte dell’immagine tele-trasmessa. Come avviene per i figli unici che si vedono invadere la casa dalla concorrenza, il senso di abbandono di noi piccoli scrivani aveva trovato sfogo in una prevedibile avversione nei confronti della nuova sorellina e un’immotivata ribellione nei confronti dei genitori. Altrettanto prevedibilmente, la nostra ribellione avrebbe avuto un esito ben diverso da quello che ci aspettavamo.
Sindrome abbandonica
Se volessimo fare della psicologia spicciola (ce n’è, di altro taglio?) potremmo dire che anche ciò che è avvenuto al punto di ristoro di Radda è una conseguenza subliminale della sensazione di abbandono in cui versavamo noi spacciatori di parole scritte.
Le cose importanti da sapere su Radda sono due: la prima è c’è il pane con l’olio; la seconda è che solo i pivelli fanno la fila al distributore di acqua; noi habitué ci riforniamo alla fontana dall’altro lato della piazza. Un’altra cosa da importante da sapere, a proposito di Radda in Chianti, è che l’ultimo tratto di strada è infido: sembra che la salita sia finita e invece no: dopo la curva la salita riprende, con maggior pendenza, praticamente fino alle mura. Questa repentina disillusione può causare, nei ciclisti psicologicamente più vulnerabili, delle crisi psicotiche associate a momenti di esaltazione mistica durante i quali il soggetto canta a squarciagola inni ultrà da oratorio, enfaticamente inneggianti alla Croce e al Nazareno.
Giovanni l’ha fatto davvero. Non so in quale momento della sua vita abbia imparato certe canzonacce, ma dall’ingresso nel paese fino al ristoro, mi ha intrattenuto con la Hit-Parade dei Papa Boys. Per questo motivo, una volta arrivati, sono stato ben felice di vederlo andare verso la mescita del vino: l’esaltazione alcolica è più facile da gestire, di quella religiosa.
Da parte mia, ho provato a battere il record di fette di pane con l’olio ingerite nell’unità di tempo, di cui sono il detentore dallo scorso anno e ho raccolto della documentazione iconografica per un articolo sulla disparità di genere nelle calzature de L’Eroica.
Dopo aver appagato i rispettivi appetiti, ci siamo brevemente consultati per decidere se proseguire sul percorso da 80 chilometri o scendere direttamente verso Gaiole. Stabilito che il salitone della Volpaia lo avremmo potuto anche lasciare per l’anno successivo, ché per questa edizione ci eravamo divertiti a sufficienza, siamo risaliti in sella e, proprio in quel momento, abbiamo visto arrivare il papà e il fratellino putativi di Giovanni. L’emozione, unita alla stanchezza e agli abusi alcolici ha avuto la meglio sulla naturale compostezza del mio amico.
«Ho iniziato con le amfetamine, da piccolo, perché mi ha abbandonato!» ha singhiozzato, mentre le lagrime gli colavano copiose lungo le gote.
«Lo sai che lui è tuo fratello?» ho chiesto al piccino. Lui ha guardato Giovanni e nel suo sguardo ho letto una domanda che la ristrettezza del suo suo vocabolario infantile gli impediva di esprimere verbalmente, ovvero: “Ma chi è, ‘sto cojone?”.
«Saluta, F.» ha detto 5024 al piccino, dimostrando una volta di più come l’educazione sia un tratto comune a tutti noi Eroici – oltre alla propensione a vestirci da citrulli, ovviamente.
«Ci vediamo sulla Volpaia,» ha detto il padre ritrovato, accomiatandosi; al che, io e Giovanni ci siamo guardati negli occhi.
D’accordo: avevamo deciso che faceva troppo caldo per proseguire, ma potevamo lasciare che il suo papà e il suo fratellino affrontassero quella lunga salita sterrata da soli? Non abbiamo avuto bisogno di parole, per intenderci.
«Non se ne parla nemmeno,» ho risposto io.
«Dobbiamo lavorare,» ha detto Giovanni e poco dopo sfrecciavamo, in discesa, verso Gaiole e la prima birra di Ottobre.
Rebel Rebel ♫
Quest’anno, a Gaiole, Battistuzzi ed io abbiamo infranto svariate regole della convivenza civile; in particolare, ci siamo macchiati di:
- bigamìa: proposta di matrimonio congiunto ad Alessandra Ortenzi (rifiutata);
- blasfemìa: redazione e diffusione di una parafrasi Brocci-centrica della Genesi;
- spaccio: reiterate offerte di sostanze psicotrope a partecipanti, membri dell’organizzazione e Forze dell’Ordine;
- mendàcio: noi, la droga, non ce l’avevamo mica;
- diffamazione: su un palo, a un punto di ristoro, c’era un cartello che recitava: “Fabio e Elena Sposi”; così, abbiamo cominciato a intervistare i presenti, chiedendo loro cosa ne pensassero dei nubendi, se Elena era la donna giusta per Fabio ecc.;
- ubriachezza: “Ci pensi, che è dall’inizio di Ottobre che non tocco un goccio d’alcol?” mi aveva detto Giovanni. Erano le 11:23 del 1 Ottobre 2023.
Abbiamo inoltre contravvenuto alle regole dell’Eroica, impipandocene dei percorsi canonici, non timbrando il Road Book ai punti di controllo e tracciando un nuovo percorso, successivamente battezzato: “Battistelli”, dalla crasi dei nostri due cognomi. (L’idea iniziale era di chiamarlo: Black Cock, in onore del marchio del Chianti, ma la Moglie di Livio Iacovella, che è di origini irlandesi, dice che è meglio non farlo, credo per motivi di Copyright..)
Soprattutto, però, ci siamo divertiti; tanto. E, con noi, si sono divertite anche le persone che abbiamo coinvolto nelle nostre “trasgressioni”: i potenziali acquirenti del nostro millantato spaccio, il signor 5024 e suo figlio F., gli intervistati su Fabio ed Elena e la coppia di sconosciuti che mangiava accanto a noi a Gaiole, a cui abbiamo raccontato le nostre avventure, mentre ci rifocillavamo dopo l’arrivo. Come ha detto giustamente Battistuzzi, la nostra Eroica 2023 è stata un viaggio lisergico senza aiuti chimici, la versione PEGI7 di Paura e delirio a Las Vegas.
Ripensando a tutto questo non posso fare a meno di sorridere, quando qualcuno dice o scrive che si è perso lo Spirito dell’Eroica, perché gli atteggiamenti spirituali, quali che siano, non sono un gadget che ti possono dare con il pacco-gara, ma sono qualcosa che devi avere dentro di te, come l’onestà o la Fede. Battistuzzi ed io abbiamo preso le nostre biciclette pre ’87 e ce ne siamo andati in giro per il Chianti, bevendo e mangiando quando se n’è presentata l’occasione. Ci illudevamo di ribellarci all’Eroica, ma in realtà ne eravamo i portabandiera.
C’erano più di ottomila persone? sì, ma il Chianti è grande abbastanza da contenerle tutte. C’era la RAI che rompeva i coglioni? sì, ma giusto all’arrivo e a Brolio, con l’elicottero che smuoveva l’erba alta, come nei film sul Viet-Nam.
Papà Livio voleva più bene alla RAI che a noi? falso. Come ho cercato di spiegare a mio nipote, il rapporto che si ha con un primogenito è speciale e diverso da quello che si può avere con i figli che lo seguiranno; solo che, come dice un’affascinante Stefania Sandrelli nel film: La Famiglia, «Ai figli che non danno pensieri, si dedicano meno pensieri.»
Forse mi sbaglio, ma non mi sento minacciato dalla RAI.
La Televisione, per sua stessa natura, ha la necessità di guardare le cose dall’alto – un’impalcatura, una gru o un elicottero – e, dall’alto, si sa, è difficile distinguere i dettagli. Visti dall’alto, siamo solo un branco di matti, vestiti strani, che vanno in giro in bicicletta.
Per capire cosa sia davvero l’Eroica, capire perché ci ostiniamo a prendere così sul serio questo curioso rito pagano, è necessario farne parte.
Come disse Goethe:
Chi vuole capire il Poeta
Deve andare nella Terra del Poeta.
Questo, la Televisione non lo può fare, perché nella Terra dell’Eroico bisogna andarci a piedi, umilmente, sporcandosi di polvere e di fango; non la si può invadere con elicotteri e sottofondo wagneriano, come il IX Reggimento Aviotrasportati di Apocalypse Now.
Finché le cose resteranno così, la Televisione potrà anche diffondere l’Eroica, ma non la potrà narrare. La potrà descrivere, ma non la potrà vivere.
Noi sì.