24 apr 2016 – Tempo fa ci trovammo a parlare di Classiche con Davide Cassani. Ci parlava delle sue corse, della sua esperienza, della sue Classiche.
«Pensa che la Liegi l’ho fatta otto volte – ci raccontava – e nel 1992 a un certo punto pensavo pure di poterla vincere. E ci ho creduto per parecchi chilometri.
«Ho imparato presto che la Liegi è una corsa che si divide in due parti. Nella prima si va quasi lentamente, si corre al risparmio perché ogni goccia di energia che rimane dentro potrà essere utile nei chilometri finali. E quell’anno avevo fatto le cose per bene. Ero partito risparmiano e non sprecavo nulla.
«Poi, quando mancano 100 chilometri all’arrivo è il momento che ti rendi conto se sei sulla strada giusta oppure no. Nel gruppo comincia ad esserci selezione e si rimane in quei 50-60 corridori che si giocheranno la corsa.
Quell’anno Davide va in fuga e le gambe girano bene.
«Accidenti, a un certo punto mi sono accorto che potevo davvero fare qualcosa di buono. Fino ai tre chilometri dall’arrivo. Mi sono alzato sui pedali e ho capito che c’era qualcosa che non andava. Diamine, avevo bucato! Invece guardo la ruota posteriore e mi rendo conto che era a posto. Non era la bici ad avere qualche problema, ero io. Avevo finito completamente la benzina e le gambe mi davano quella sensazione di morbidezza com quando buchi un gomma, ma ci pensi?»
Ecco, la descrizione della Liegi-Bastogne-Liegi di Davide Cassani la dice tutta sulle caratteristiche di questa corsa. «Le pulsazioni sono sempre al limite, si accumula fatica e gli spazi di recupero non ci sono. Io ho imparato molto dal mio amico Rolf Sorensen. Sai che faceva per risparmiarsi? Iniziava le salite in prima posizione e le finiva in fondo al gruppo. In questo modo, pur non staccandosi, riusciva a farle col passo più lento di tutti e faticando meno».
Parole sagge e buone idee.
Certo, oggi c’è il freddo che farà consumare ancora di più i corridori.
Guido P. Rubino