10 set 2016 – Una volta c’era una distinzione netta tra stradisti e biker (termine veloce per definire quelli che vanno in mountain bike). Strade diverse, non solo per percorsi e fondo dove poggiare le ruote, ma anche per approccio alla bicicletta. Chi correva su strada veniva spesso dalla pratica nelle categorie giovanili, dalla passione per i campioni del passato. Ne conseguiva anche uno stile di vita che faceva della bicicletta qualcosa cui far ruotare anche il proprio modo di essere. Se vuoi andare forte devi andare a letto presto, poco alcool, meglio niente, e allenamenti precisi. Anche chi andava in bicicletta per turismo aveva con sé questo bagaglio culturale.
Diverso il biker. Spesso proveniente da una cultura completamente diversa e modelli differenti, magari ha fatto bmx da ragazzino, o comunque era affascinato da campioni d’Oltreoceano di cui, vien da sé, c’era voglia di imitare lo stile, che spesso non è proprio quello dell’asceta cui spesso si ispiravano i campioni di un ciclismo in bianco e nero che fu (con alcune belle eccezioni, va detto).
Approccio differente anche in bici quindi. La mountain bike è sempre stata territorio di sperimentazione. Prima artigianale e quasi casalinga, poi più ragionata, scientifica, ricercata. Osando pure con soluzioni azzardate. E il pubblico pian piano si è abituato, anzi, è proprio cresciuto al concetto di sperimentazione continua anche su concetti rivoluzionari dell’idea stessa della bicicletta. Ne hanno fatte davvero di tutti i colori: il passaggio alle biammortizzate (con una quantità di geometrie infinita e logiche diverse), poi l’arrivo dei freni a disco, quindi la confusione delle ruote con un susseguirsi di standard che dal 26″ hanno portato al 29″, poi al 27,5″ e ora a difficili convivenze. Le dimensioni dei copertoni e così via.
Non che i biker abbiano digerito tutto allegramente eh. Le critiche ci sono state pure. Soprattutto per chi si trova una bicicletta improvvisamente invecchiata non per usura ma per colpa del mercato. E sappiamo che anche l’occhio vuole la sua parte, nel senso di quella soddisfazione che nasce dalla coscienza di aver speso tanto ma sapendo, per contro, di avere quanto di meglio ci sia sul mercato. Soprattutto il dubbio che la nuova soluzione possa essere effettivamente migliore di quanto si possiede.
Una sensazione, evidentemente, con la quale il biker ha imparato a convivere e a fare i conti: se con la mia bici ora vado benissimo, continuo a divertirmi così, pienamente soddisfatto e guardandomi intorno per poter essere pronto a nuove scelte ed evoluzioni.
Lo stradista è rimasto molto più legato alla tradizione invece. La bicicletta da corsa ha subito modifiche più “lente” e già l’introduzione dei pedali a sgancio rapido fu vista con diffidenza. Così come l’arrivo dell’alluminio (quei primi telai, così enormi nelle sezioni dei tubi, erano uno stacco davvero forte rispetto all’acciaio), pure il carbonio non fu accolto con entusiasmo e ancora c’è scetticismo su alcune scelte.
Ecco che, allora, c’è un approccio completamente diverso rispetto alle novità. Quello che potrebbe dare effettivamente delle migliorie viene comunque scartato dalla maggioranza, all’inizio. Salvo poi accettarlo in seguito quando si tocca con mano l’effettivo miglioramento che se ne può ottenere.
Un po’, fateci caso, sta avvenendo con i freni a disco sulla bicicletta da corsa. Da un parere quasi unanime di inutilità a priori (in fondo le biciclette da strada frenano già), sono sempre di più gli stradisti che ammettono la superiorità dei dischi. Tra questi ci sono tutti quelli che li hanno provati: nessuno è sceso della bicicletta, dopo un test adeguato, dicendo che no, meglio prima. Poi magari si parla di dubbi e migliorie ancora da fare (la velocità del cambio ruote, ad esempio), ma non dell’efficacia del sistema. Lo stesso vale per i cambi elettronici. Forse meno per le soluzioni più esasperate delle biciclette aerodinamiche. È difficile apprezzare, nell’uso comune, differenze di questo tipo (poi dipende pure dall’impiego che si fa della bici). Ma qui, certamente, si punta molto sull’estetica. Come in parte fu, a suo tempo, per le ruote ad alto profilo.
GR