Come la prendereste se vi dicessero che la vostra bicicletta, costata soldi e sacrifici, è “solo” di plastica?
È quello che, curiosamente, è successo a Daniel Gisiger nel 1988. È così che è stato definita la sua bicicletta nel “Grande Dizionario del Ciclismo” di Dante Ronchi e Gianni Marchesini.
Il telaio che vedete nella stampa sul volume ma anche nell’originale che abbiamo scovato in Svizzera, in esposizione nello showroom Assos di Lugano, è uno dei primi esempi di telaio in fibra di carbonio. Sì, è un termoplastico, ma proprio definirlo “plastica” ci pare un po’ riduttivo. Quello, pensate, è un telaio il cui valore è impossibile da quantificare proprio per l’unicità del prodotto e i materiali utilizzati.
Quella bicicletta era il risultato degli studi di Tony Maier-Muossa, l’ingegnere elvetico fondatore di Assos. Aveva capito che poteva essere un materiale interessante per costruire le biciclette. Per essere così, però, aveva bisogno di fibra di carbonio ad alto modulo, quella già utilizzata nell’industria aerospaziale di allora e, proprio per le sue caratteristiche di innovazione, considerata ancora “segreta”, tanto che gli ci volle un permesso speciale da parte del Dipartimento della Difesa americano per avere quel materiale a disposizione.
Ed ecco il risultato datato 1976: è la bicicletta utilizzata da Daniel Gisiger nei campionati mondiali su pista del 1978. Particolare non solo per l’impiego della fibra di carbonio, ma anche per il disegno a goccia dei tubi e per l’impiego di un manubrio a corna di bue fissato direttamente sulla testa della forcella. Un anticipo di quasi dieci anni rispetto a quanto sarebbe stato più tardi.
In quei Campionati del Mondo, tra l’altro, Gisiger fu il primo ad utilizzare un body da cronometro aerodinamico a quanto afferma la stessa Assos.
Insomma, una bicicletta decisamente interessante. Altro che “plastica”, no?
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RC