Jakobsen ricomincia oggi. Il tempo si era fermato per lui dopo quella volata al Giro di Polonia. Ha sofferto, è tornato in bicicletta, ha vinto pure, ma il Tour era l’esame finale che aspettava: che velocista sei se non hai delle vittorie al Tour da vantare? Per lui la squadra ha lasciato a casa anche un campione del mondo come Cavendish. Oggi ha detto che il velocista più forte è lui, che quello spavento, se mai ci avevate creduto, a lui non ha lasciato addosso (quasi) niente.
Cosa vuoi giocarti la maglia gialla in una tappa dopo che la salita più dura è un ponte? Detta così farebbe quasi sorridere. Poi, in effetti, ti accorgi che al Tour de France non si scherza, mai. E ti accorgi anche che il ponte è roba di un bel po’ di chilometri, non finisce più e sei lì col vento in agguato.
E poi strade strette, agguati ai traguardi volanti per giocarsi la maglia verde che, quest’anno più che mai, se la giocheranno coi in punti delle volate di metà strada.
Le prime tappe del Tour de France sono roba da assaltatori ma anche da trappole di strada. Stanno tutti bene, vogliono stare tutti davanti, il pubblico fa un passo indietro all’incedere dei corridori, meglio così. La tattica di questi giorni parla anche di posizioni in gruppo; stare troppo indietro è pericoloso, ti giochi il Tour per una sciocchezza, Pogacar allarga i gomiti.
Bandiere tese, c’è vento e nervosismo: si cade per cercare spazio e nascondersi dal vento. Sedere a terra anche per Lampaert che rientra con qualche scia e un po’ di mal di gambe. Il ponte diventa una salita dove non succede niente se non la fatica da portarsi dentro. Strada larga e niente ventagli. Un sospiro di sollievo per Rigoberto Uran che riesce a rientrare dopo una caduta.
Volata tirata e quasi a favore di Van Aert che un attimo prima di alzare le braccia si accorge che Jakobsen gli è sfrecciato vicino. Vince lui, ma Van Aert è maglia gialla.
2 lug 2022 – Riproduzione riservata – redazione Cyclinside