La notizia
Sabato 27 Gennaio, nel Salone d’Onore del CONI al Foro Italico, Bartali e Girardengo hanno presentato l’edizione 2024 del Giro d’Italia d’Epoca.
No, non sono impazzito e, anche se la mia è una famiglia di medium (tranne mio padre, che era extra-large), non sto parlando di una seduta spiritica, ma delle nipoti dei due summenzionati campioni: Michela Moretti Girardengo e Gioia Bartali; sorelle separate alla nascita oltre che – rispettivamente – Presidente e Vice Presidente del Giro d’Italia d’Epoca.
L’edizione di questo anno prevede quattordici tappe, ciascuna con le sue attrattive e la sua storia, che si svolgeranno in luoghi diversi della Penisola, dal Piemonte alla Puglia, in un periodo che va dalla metà di Marzo alla fine di Ottobre. Trovate l’elenco completo delle tappe è in fondo a questo articolo.
Come d’uso per le ciclo-storiche, si tratta di eventi non competitivi, riservati a biciclette costruite prima del 1987, con caratteristiche tecniche specifiche: telaio in acciaio, leve del cambio sul tubo diagonale del telaio, fili dei freni esterni e gabbiette ai pedali.
Bene: se volete, potete passare compulsivamente ad altro (quel filmato con i gatti che litigano fra loro sembrava interessante): io, la notizia ve l’ho data e voi, scorrendo la pagina, avete attivato i banner che sostengono i costi del giornale e le folli spese di rappresentanza del nostro Editore. Siamo pari; grazie.
Da qui in poi, questo articolo sarà un’analisi della valenza esistenziale delle ciclo-storiche, con citazioni da testi di filosofi coreani vissuti in Germania. Se andate avanti nella lettura, lo fate a vostro rischio e pericolo.
La Q di “quadro”
Mentre Sabato sentivo parlare gli organizzatori delle diverse tappe, non potevo fare a meno di pensare a due cose: la prima è che ciascuno di noi ha un suo personalissimo concetto del termine: “concisione”; la seconda è l’incredibile diffusione che sta avendo questo genere di eventi.
Dato che, come è noto, è la domanda che genera l’offerta, ne consegue che le ciclo-storiche devono soddisfare in qualche modo un qualche bisogno dell’Uomo del Terzo Millennio, ma quale?
Perché ci piace vestirci da scemi e andare in giro su delle biciclette scomode, che funzionano molto peggio di qualunque mezzo moderno?
Ho appena letto su Facebook un post di Giancarlo Brocci in cui il fondatore de L’Eroica racconta:
di quando, terza elementare, ad inizio anno scolastico la maestra dette ad ognuno di noi un cartoncino da tenere sul banco per appoggio ai nostri scritti. Erano le lettere dell’alfabeto, a me era toccata la Q e come disegno c’era l’ovvio Quadro. A fine anno la maestra li riprese a tutti e, semplicemente, li rottamò: per la mia Q di quadro piansi mezza giornata,
Mi risulta impossibile non pensare che ci sia della sincronicità in questo e non posso fare a meno di chiedermi: se la maestra di Giancarlo non gli avesse tolto la Q, a fine anno, saremmo qui a scrivere di ciclo-storiche?
Avevo intenzione di parlare di lui, in questa parte dell’articolo, di dire quanto sia stato bravo a percepire questo bisogno collettivo di passato prima che diventasse collettivo, come un’antenna più alta delle alte che riesce a captare in anticipo i segnali in arrivo, ma a questo punto mi pare chiaro che si è trattato solo di un trauma giovanile rimasto sotto traccia per anni e rispuntato fuori alla fine del Secolo scorso, spingendolo a non buttare via le biciclette del passato, a tenerle ancora lì, sul banco.
La domanda che mi ero fatto prima di leggere il post di Giancarlo, però, rimane:
Perché lo facciamo?
Nel suo libro: Le non-cose, il filosofo Byung-chul Han ha enumerato gli oggetti della nostra vita che abbiamo visto scomparire o trasformarsi nell’ultimo quarto di Secolo. Il libro, nel complesso, è una bella mattonata sulle gonadi (cos’altro ti puoi aspettare, da un professore di filosofia nato a Seul, che ha studiato e insegnato in Germania e cita costantemente quel malato di mente di Heidegger?), ma alcune delle sue affermazioni sono piuttosto interessanti:
Oggi corriamo dietro alle informazioni senz’approdare ad alcun sapere. Prendiamo nota di tutto senza imparare a conoscerlo. Viaggiamo ovunque senza fare vera esperienza. Comunichiamo ininterrottamente senza prendere parte a una comunità. Salviamo quantità immani di dati senza far risuonare i ricordi. Accumuliamo amici e follower senza mai incontrare l’Altro. Cosí le informazioni generano un modo di vivere privo di tenuta e di durata.
Mediante lo smartphone ci ritiriamo in una bolla che ci protegge dall’Altro. Nel quadro della comunicazione digitale spesso scompare anche l’atto di chiamare. L’Altro non viene chiamato appositamente: preferiamo scrivere messaggi di testo invece di chiamare, poiché per iscritto siamo meno esposti all’Altro. In tal modo scompare l’Altro in forma di voce.
Ma soprattutto:
L’assenza digitale di resistenze e l’ambiente smart portano a una carenza di mondo e di esperienze.
Confrontate questa affermazione con il motto de L’Eroica:
La bellezza della fatica e il gusto dell’impresa.
Se dobbiamo dar credito al buon Byung-chul (e come fai, a non fidarti di uno con un nome così?), buona parte degli esseri umani vive un’esistenza preminentemente virtuale, circondandosi di “amici” che non conosce davvero e accumulando compulsivamente oggetti ed esperienze sempre nuovi che, soddisfacendo solo i loro desiderii senza soddisfare i loro bisogni, li lascia perennemente insoddisfatti.
In totale controtendenza a questa deriva esistenziale dei popoli “civilizzati”, i partecipanti alle ciclo-storiche si riuniscono ciclicamente (gioco di parole non intenzionale) per officiare un rito in cui vengono celebrati i comuni antenati e le loro gesta. Queste persone, che non si conoscono reciprocamente, ma provano comunque un senso di affinità gli uni nei confronti degli altri, non solo tengono viva la memoria dei tempi passati, ma ne preservano anche i simboli e gli strumenti.
Tranne alcune rare eccezioni (And how are you, mister Bellino?), nessuno di loro è un luddista, anzi; tutti quanti fanno uso degli strumenti tipici della società moderna, ma questo loro essere nel flusso – non sempre ben diretto – del progresso si accompagna al rispetto e all’amore per ciò che di buono è esistito negli anni passati. Mentre buona parte dell’Umanità sta salendo su una scala che ha solo un paio di pioli, che vengono spostati in alto di volta in volta, loro (noi) salgono una scalinata costituita da solidi blocchi di pietra.
Le cause del fenomeno vintage
Sono sicuro che una buona delle persone che si iscrive alle ciclo-storiche lo fa solo per moda, per potersi scattare un selfie davanti al gallo Nero a Gaiole e postarlo sui social-network. Per quanto riguarda L’Eroica, di cui ho dati di affluenza sicuri, penso di poter affermare che i ciclisti “fashion” appartengano a quel 25% di iscritti che partecipa solo una volta e poi non torna più. Ammettendo che ci sia un altro 25% che partecipa solo per soddisfare un bisogno di appartenenza a un gruppo, rimane un 50% di persone che, io credo, non partecipa alle ciclo-storiche per motivi sociali, ma antropologici. Più dettagliatamente, io sono convinto che le ciclo-storiche non sono il “lo famo strano” del ciclismo contemporaneo, ma che soddisfino il bisogno ancestrale dell’Uomo di avere un legame con il proprio passato.
Noi umani abbiamo sempre avuto paura della morte e, da Gilgamesh in poi, abbiamo sempre cercato di sfuggirle o di annullare il suo operato. Tutto il buono che abbiamo prodotto nell’arte, nella religione e nella scienza nasce dal naturale rifiuto della transitorietà della nostra esistenza. Tutte queste creazioni, nel tempo, hanno creato un bozzolo culturale che, da un lato, ci ha protetto dalla paura e, dall’altro, ci ha dato degli ideali comuni per cui lottare, anche se non sempre a fin di bene. Negli ultimi due secoli, però, la Scienza ha squarciato questo bozzolo, privando gli esseri umani delle loro bugie confortanti e sostituendole con delle certezze inquietanti, mentre il suo figlio scemo (il Movimento del ‘68) ha spazzato via delle parti sicuramente rivedibili, ma fondamentali della nostra Società, come la famiglia o la scuola, senza darle nulla in cambio – tranne ovviamente la minigonna.
Le ciclo-storiche sono un tentativo di ricucire lo squarcio che ci ha lasciati inermi di fronte alla vita e alla morte. Se le guardate con il giusto paio di occhi, queste manifestazioni si rivelano inevitabilmente per ciò che sono in realtà: un rito tribale durante il quale ricordiamo i nostri antenati perché i nostri pronipoti si ricordino di noi, nella speranza che tutto ciò che siamo e che abbiamo fatto non svanisca con l’ultimo “bip” del nostro elettrocardiogramma, ma che in qualche modo continui a vivere, almeno per un po’.
È ciò che la nostra specie fa da quattordicimila anni.
Elenco delle tappe
LA LASTRENSE | 15-16-17 marzo 2024, Lastra a Signa (FI) |
LA LAMBRUSTORICA | 24 marzo 2024, Novi di Modena (MO) |
LA 99 CURVE VINTAGE | 4-5 maggio 2024, San Vincenzo (LI) |
LA BAROCCA | 18-19 maggio 2024, Marina di Ragusa (RG) |
LA MATTA | 1 giugno 2024, Noci (BA) |
LA CANAVESANA | 8-9 giugno 2024, Torino |
LA TITANICA | 15-16 giugno 2024, San Marino (RSM) |
LA POLVEROSA | 22-23 giugno 2024, Monticelli Terme (PR) |
LA MITICA | 28-29-30 giugno 2024, Castellania Coppi (AL) |
LA SCALIGERA | 24-25 agosto 2024, Soave (VR) |
GIRODELLAROMAGNA | 31 agosto-1 settembre 2024, Lugo di Romagna (RA) |
LA VISCONTEA | 7-8 settembre 2024, Rovescala loc. Luzzano (PV) |
LA FRANCESCANA | 20-21-22 settembre 2024, Foligno (PG) |
LA DIVINA | 25-26-27 ottobre 2024, Cervia (RA) |
Ulteriori informazioni: https://www.giroditaliadepoca.it/