3 mag 2016 – La mia prima Eroica Primavera sono stati 56 chilometri di meraviglia sulle strade bianche delle crete senesi, accompagnati dal sole, dalle nuvole soffici e paffute che si rincorrevano nel cielo blu cobalto, dalle rondini che sfrecciavano sui campi.
Partenza ore 9,00 di domenica 1 maggio da Buonconvento, 938 m di dislivello, le discese ardite e le risalite, l’eccitazione di arrivare in cima ad ogni poggio e di lanciarsi a perdifiato lungo i crinali, come quando si era bambini, la luce che brilla sui campi ancora bagnati dal temporale della notte, i sorrisi di gioia dei ciclisti eroici che si salutano, si incitano, scherzano e faticano insieme, sentendosi giganti della strada, esaltandosi del proprio vigore dell’essere somieri di sé stessi, come direbbe il Giuàn Brera fu Carlo.
La mia prima Eroica sono tante, tantissime donne “con i capelli al vento, col cuor contento e col sorriso incantator”, bellissime come solo sono belle le donne in bicicletta, tostissime come solo sono toste le donne che pedalano.
La mia prima Eroica sono le facce dei ciclisti, tutti belli, tutti felici, uomini dalle lunghe barbe, dalle maglie di lana spesso troppo strette e coi buchi delle tarme, dagli occhi che ridono.
La mia prima Eroica sono le salite, maledette salite, maledetta fatica, maledetta bicicletta, ma quanto manca? Sono i profumi, quello della terra bagnata, quello dei fiori, quello del prosciutto dei panini del ristoro, benedetto ristoro. Sono i muscoli tesi per lo sforzo, il dubbio che un’altra salita e muoio, la certezza che dopo un’altra salita c’è un’altra discesa, è il rumore dei cambi, l’ansimare degli eroi, le battute tra amici o con improvvisati compagni di fatica, è perdersi a leggere le scritte di tutte le maglie, a chiedersi qual è la storia di tutte le biciclette. Perché alla fine i veri eroi non siamo noi, sono loro, questi cavalli d’acciaio o di ferro, vecchi “cancelli” o gioielli preziosi, che ci fanno sentire un po’ bambini e un po’ creature invincibili, che ci fanno passare attraverso i confini, oltre le colline, oltre i paesi, oltre i nostri sogni. Il destriero alato che mi ha accompagnato è di marca Romeo, non purosangue ma cavallo leggiadro, compagno fidato, mio cavallino storno, che capisce il mio cenno ed il mio detto. E allora viva l’Eroica e viva gli eroi. E soprattutto: viva la bicicletta.
(Quanto alle mie più vive impressioni, come direbbe Luison Ganna, “L’impressione più viva l’è che me brüsa tantu ‘l cü!”)
Elena Borrone, Eroica