9 apr 2018 – Per onorare una morte, qualunque sia, ci vorrebbe un rispettoso silenzio. Tanto più se si parla di un ragazzo di 23 anni e tanti sogni per una carriera appena iniziata. Su una morte così, inevitabilmente, si indagherà, ma non c’è alcun dovere di cronaca che dica di aprire la porta a sospetti. Semplicemente non ce ne sono. E aprire un’indagine, in questi casi, è un’azione dovuta.
È comparso oggi un articolo vergognoso su Huffington Post Italia. Non trovando altro cui aggrapparsi il giornalista (o la giornalista, l’articolo non è firmato) si stupisce di come nessun corridore si sia fermato a soccorrere il compagno a terra.
Ecco, era difficile immaginare un articolo così becero e ignorante di questo sport. È evidente che chi ha scritto non sappia nulla di gare ciclistiche. Ci può stare, ma nei doveri di un buon giornalista, pur messo a scrivere di un argomento di cui non ha competenze, c’è quello di raccogliere informazioni. Sarebbe bastato chiamare qualsiasi corridore, o direttore sportivo, o squadra… ma sarebbe bastato chiedere anche a chiunque abbia mai corso in bicicletta, per evitare una figuraccia e aizzare pure le critiche di chi cerca scandali facili. Ci sarà in una redazione generalista qualcuno che abbia sentito parlare di ciclismo, diamine!
Sarebbe bastato poco, in effetti, per scoprire che quella era una gara ciclistica e pure di una certa importanza e sapere che in una competizione di quel tipo il servizio medico è articolato e imponente.
Ancora di più. Qualsiasi ciclista di minima esperienza avrebbe detto che di cadute in gara ce ne sono quasi sempre purtroppo. Cadute spesso banali e a volte più gravi, dove si rimane a terra anche per qualche secondo. Il tempo magari di capire cosa ci si è fatti e poi ci si rialza. Per il povero Goolaerts non è stato così, ma l’abbiamo saputo dopo. Abbiamo visto un corridore a terra, come capitato spesso purtroppo nella Parigi Roubaix di domenica.
Chi si occupa dei corridori caduti? L’assistenza, che è dietro a ogni gruppo o quasi. O al massimo a pochi secondi. Fermarsi, per gli altri corridori, non serve e sarebbe stato anche d’intralcio ai soccorsi (tanto più in una situazione così delicata). Fermarsi non avrebbe avuto neanche senso, perché quando vedi uno a terra pensi a una normale caduta. Anche se lo vedi fermo, cacci via qualsiasi altro pensiero (e no, non era palese che fosse un infarto, come avrebbe potuto esserlo? Nel ciclismo non è una cosa comune e non è certo un pensiero che sfiora la mente). È una gara, non una scampagnata tra amici e da soli. Soprattuto si sa già che c’è chi è lì apposta per prestare soccorso nella maniera più professionale possibile. Anzi, sembra paradossale viste come sono andate le cose, ma per il giovane corridore belga sarebbe stato peggio se quel problema fosse capitato in allenamento, con personale specializzato lontano e senza defibrillatore come è stato invece in gara. Purtroppo anche questo non è servito a nulla, se non ad alimentare per un po’ di ore la speranza.
Attribuire certi pensieri ai corridori, ragazzi che vivono insieme per buona parte dell’anno, è davvero una cosa indegna.
Per tutti può valere il pensiero di Stefano Boggia, nostro collaboratore ed ex corridore professionista che ha visto la corsa in tv e tutte le immagini che passavano:
C’è una cosa che penso accomuni tutti gli ex-corridori: il fatto di sentirsi un po’ ancora in gruppo. Dal gruppo, l’ho constatato, non se ne esce mai. E così quando vedi le immagini di un corridore sdraiato immobile a terra ti senti male. Quando succedono queste cose per un momento ti manca la forza nelle gambe, un paio di pedalate ti vanno a vuoto, pensi di fermarti a vedere se puoi essere d’aiuto. Ma saresti solo d’intralcio alla macchina organizzativa che interverrà prontamente, e allora giri la testa dall’altra parte e ti riconcentri sulla gara e basta, con un piccolo angolo del cuore che spera non sia nulla di grave, sapendo che di cadute brutte e incidenti gravi ne abbiamo tutti visti tanti.
Non conoscevo Michael Goolaerts ma ieri in qualche modo ho perso un compagno di gruppo, e me ne dispiace veramente tanto.
Le cose stanno così insomma e finché si leggono commenti senza filtro da chi perde tempo sui social e non si rende conto della sua ignoranza è una cosa. Se a farlo è qualcuno che quell’ignoranza non se la può permettere per professione e scrive pure su una testata di una certa importanza è grave. Ci sarebbe da vergognarsi. E auguriamo a quel giornalista di farlo presto e capire l’errore. Altrimenti tornerà a far danno a sé e alla sua testata, facendo passare il suo lavoro per una ricerca facile e becera di clic.
GR
Che un giornalista non firmi un articolo, suona come una lettera anonima. Ma non sono più i tempi di j’ accuse.