27 mag 2016 – L’epica del ciclismo è fatta di episodi che caratterizzano un evento. Per un Mondiale può essere uno scatto (pensate a Saronni a Goodwood), per un grande giro può essere una tappa. E allora non c’è dubbio che quella di oggi sarà la tappa del Giro 2016, quella con cui verrà ricordato. Il Giro “del Colle dell’Agnello”, con quel nome che racchiude in sé il contrappasso della mansuetudine a dispetto della cattiveria della strada che si avvicina così tanto ai tremila metri. E lo chiamano “colle”.
Epica è l’avventura della strada quando i corridori restano da soli a guardarsi in faccia e a fare i conti con sé stessi senza suggerimenti. Ai campioni basta la testa. Nibali ha detto di aver visto soffrire Kruijswijk nel finale della salita e allora vuoi vedere che quella caduta che hanno chiamato sfortuna non era poi solo malasorte? Brutto segno per l’olandese che fino a quel momento era apparso così sicuro. Nelle corse a tappe c’è chi sale e chi scende di forma e quando si pedala per tre settimane qualche sorpresa può accadere. Nibali fa ben sperare perché la sua forma è in crescita e 44 secondi diventano davvero pochi a questo punto.
Epica è anche la storia dei gregari. Pronti a ubbidire agli ordini anche quando c’è la gloria a fare l’occhiolino. Applausi a Michele Scarponi allora. Il suo fermarsi quando era in testa da solo sa di devozione totale, non solo allo stipendio ma al campione. Un gesto in più che ha sicuramente dato carica e morale allo stesso Nibali. Il gregario antico si sacrifica e ringrazia. C’era anche lui, potete scommetterci, nelle lacrime di Nibali dopo il traguardo. Assieme a Rosario, il bambino della squadra siciliana volato in cielo prima di applaudire ancora il suo campione che lo ha indicato con le dita per fare festa insieme sotto al traguardo.
Bell’Italia che vince nel modo spettacolare e quando non te l’aspetti più e stai quasi per lasciar perdere. Un altro significato per quel tricolore un po’ striminzito sulla maglia Astana di Nibali. Dite la verità, quanti avrebbero scommesso sul siciliano fino a ieri sera?
Qualche giornale aveva già rispedito a casa gli inviati, qualcun altro non è neanche partito e ora farà le interviste per telefono. Come a quel Tour di Bartali. Ma a noi va già bene così, anche se la storia non si ripeterà.
È il bello delle corse a tappe di tre settimane. Quelle che al ciclismo sembrano diventare sempre più strette per esigenze di marketing. Ma guai a toccarle e chi le ha in mano le tenga strette. Per carità!
Guido P. Rubino