28 ago 2016 – Eccoci a parlare di idee, piccole o soluzioni geniali. Sono quelle che prima o poi vengono in mente a tutti mentre si pedala nel silenzio della propria bicicletta, oppure, più praticamente, in officina mentre si cerca di aggiustare qualcosa o di rendere più funzionale un componente che non funziona perfettamente. Il più delle volte si tratta di idee che restano con noi, non hanno un’applicazione assoluta, ma altre volte sembrano buone, applicabili anche ad altri, perché non condividerle allora? Magari guadagnandoci pure.
Che fare a questo punto?
Ne abbiamo parlato con l’ingegner Giacomo Riotto, a capo dell’ufficio legale di Campagnolo (nella foto), probabilmente l’unica azienda italiana dotata di un ufficio interno dedicato alla tutela dei propri brevetti ma anche ad indagare se un’idea proposta ha davvero le caratteristiche della novità.
«Prima di capire come fare per tutelarsi occorre fare un passo indietro. Bisogna chiarire qualche punto» Spiega l’ing Riotto – il brevetto è un diritto limitato nel tempo (dura 20 anni) e nello spazio (dipende da dove lo si deposita).
«Innanzitutto occorre capire se c’è una vera novità nell’idea, dopodiché, perché il brevetto sia depositabile, deve essere spiegato molto bene»
Poi è necessario fare un lavoro di clearance, ossia di verifica che il nuovo prodotto sia riproducibile liberamente e non vada a ricadere in brevetti altrui. Nell’ufficio brevetti si fa una ricerca per parole chiave. Ci sono banche dati specializzate proprio per questo scopo. Rivolgendosi ai documentalisti si ha la certezza di andare nella direzione giusta senza il rischio di fare errori.
La cosa più importante, ci ha spiegato sempre l’ing. Riotto, è individuare l’invenzione nel prodotto, perché se si protegge solo la soluzione il brevetto rischia di avere un valore molto basso: è probabile che un bravo tecnico riesca a trovare rapidamente una soluzione analoga diversa dalla soluzione brevettata.
Bisogna distinguere tra brevetti e invenzioni allora e rivolgersi ad uno studio specializzato piuttosto che fare da sé. Il rischio, come sostiene il nostro interlocutore di Campagnolo, è che si depositi qualcosa di sbagliato e quindi, automaticamente, non valido. Col risultato che, oltre a non aver ottenuto quel che si cercava si sono anche spesi inutilmente dei soldi.
Poi bisogna essere ben consci di cosa si sta facendo. Un brevetto, perché possa essere tale, deve avere in sé una novità.
«Curioso ad esempio – fa notare l’ing. Riotto – come in certi periodi tutti lavorino su cose simili. Allora chi ha in mano una novità in quel settore deve affrettarsi a depositarla per non essere battuto sul tempo».
È importante che ci si rivolga a chi è esperto del settore perché i documenti che vanno depositati devono descrivere perfettamente la novità. Leggendo quei documenti “un tecnico deve essere in grado di realizzare il progetto”. Occorre una descrizione estremamente chiara, insomma. Almeno in questo caso non bisogna avere paura di svelare le proprie carte: è quella la sede dove farlo. Se si protegge solo la soluzione il brevetto ha valore praticamente nullo.
Ovviamente, perché un brevetto sia valido, deve dare un contributo in più rispetto a quanto si conosceva fino a quel momento. Deve “aumentare” conoscenza perché si possa avere il “premio” del brevetto. È necessario che non sia già stato divulgato, perché se si tratta di qualcosa di pubblico dominio decade il senso stesso del brevetto.
Insomma, se si ha una buona idea meglio tenersela stretta “far raffreddare i circuiti dell’inventore” come dice l’ing. Riotto, e tirarne fuori lo scheletro, ossia il vero senso della novità, per capire se abbia senso andarla a depositare.
E i costi? Quelli dipendono da quanti paesi sono coinvolti nella registrazione e si deve tenere conto che un brevetto aumenta di costo di anno in anno (perché si presume che ne aumenti il valore commerciale). Non è neanche raro il caso di brevetti abbandonati perché ritenuti non convenienti da chi li aveva depositati. A quel punto il brevetto diventa di dominio pubblico.
Proposte dai singoli
Ovviamente ad un’azienda come Campagnolo arrivano anche proposte da singoli inventori che vogliono sottoporre al colosso della componentistica le loro idee. In questo senso, però, e va detto subito, aziende di questo tipo tendono a non prendere in considerazione un’idea se non è già protetta da brevetto. Si fa così per evitare a monte conflitti in cui l’inventore si possa sentir defraudato della propria idea che magari poi viene rielaborata e sviluppata dall’azienda in maniera funzionale (spesso le idee che arrivano non sono intuizioni rivoluzionarie, ma buone idee su cui lavorare).
E il consiglio finale resta sempre quello: se si decide di brevettare un’invenzione, meglio rivolgersi a chi lo fa di professione per avere la tutela necessaria del proprio lavoro.