Inventiva, un po’ di manualità e il coraggio di provare a costruire una bicicletta. Con queste premesse Domenico Bellomo ha deciso di realizzare quella che ha definito la sua Frankenstein: una bicicletta nata riciclando pezzi e modificandone altri così da farla corrispondere all’idea che aveva in mente.
Ecco il suo racconto:
Attenzione! State per vedere immagini forti, che potrebbero urtare la sensibilità dei puristi della bicicletta d’epoca. Si tratta della mia ultima creatura, una vera e propria “bicicletta Frankenstein” nata dalla passione per il recupero eco-sostenibile di bici e di pezzi di bici, ma anche di tutto quello che può essere recuperato e ridato a nuova vita. Mi considero insomma una sorta di rianimatore di quanto è destinato all’oblio o alla discarica.
E così, avendo trovato alcuni ricambi di epoche diverse, ho acquistato un telaio di marca Rizzato R anni 60, a poche decine di euro.
L’idea era quella di realizzare un telaio pieghevole tipo Bianchi dei Bersaglieri e grazie all’aiuto di un caro amico, Giuseppe Rutigliano, giovane ed esperto fabbro, che si è inventato due cerniere, le abbiamo saldate al telaio dopo averlo naturalmente tagliato.
Per i dadi di bloccaggio, ho utilizzato delle farfalle che non interferissero con il telaio nel momento della piega.
Per la stessa ragione, dato che una guaina avrebbe dato la stessa interferenza e altrettanto sarebbe successo al cambio (immaginate questi fili con la bici chiusa), ho pensato a un contropedale.
Le ruote ovviamente da 28 – l’anteriore anni ‘60 con sgancio rapido e freno Balilla in lega della stessa epoca – mentre per la posteriore ho utilizzato un cerchio in alluminio con un mozzo Torpedo Dreigang Schweinfurt, contropedale e tre marce, compresi i leveraggi e pulegge incorporate nello stesso, quest’ultimo recuperato da una bici Norvegese anni 80 con un telaio troppo grande per me.
Infine la sella, una vecchia Record anni 60, anch’essa reidratata con grasso di foca, dopo un attento lavaggio con acqua calda e detersivo delicato, mentre per la vernice, dopo averla messa a nudo, ho utilizzato una semplice bomboletta da ferramenta.
Infine per il manubrio – gli appassionati lo riconosceranno – stile retró anni 30, ho utilizzato il manubrio di una Graziella a cui ho tagliato le leve freno, per poterlo montare al contrario sulla sua stessa piega.
Non rimaneva quindi che darle un nome, anche quello assemblato da una recupero: “RuBell”, una crasi dei nostri cognomi Rutigliano, Bellomo.
Unica concessione al nuovo, gli pneumatici 700 per 28, il resto è frutto di recupero e fantasia, perfino le camere d’aria con valvola a vite. Il risultato è di tutto rispetto: piacevole alla vista e gradevole su strada, con l’inestimabile pregio di aver ridato vita a pezzi di biciclette destinate alla discarica.
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