Si resta ancora in zona, a goderci questa terra generosa e varia, con il profumo del mare che sale verso le alture appenniniche ad addolcirle appena e a trarne grinta. Si parte da Vasto un’altra perla abruzzese, accoccolata anch’essa tra l’adriatico e gli Appennini, col suo litorale vario e bellissimo da godersi cambiando spiaggia ogni giorno. E si arriva alla bella Melfi, non più sul mare ma a una certa altezza- 562 metri – celebrata dalla presenza in cima del castello svevo normanno, attorno al quale la cittadina sembra accoccolata.
Partenza: Vasto
Ricetta: Pallotte Cac’e ove
E poiché Vasto è, come tutto l’Abruzzo non di solo mare, per regalarvi uno sguardo su qualcosa di meno noto, diamo il podio a uno dei piatti di terra più tipici e antichi della zona, legato alle tradizioni contadine.
Le pallotte, grandi come noci, ma volendo condirci la pasta – rigorosamente maccheroni alla chitarra – si possono fare anche molto più piccole, sono un concentrato di energia e nutrienti, semplici e gustosissime. Alla base della cucina abruzzese da sempre, si narra che durante la seconda guerra mondiale pane, uova e pecorino – gli ingredienti che le compongono – venissero nascosti sotto le assi del pavimento o negli anfratti dei muri, per avere sempre la possibilità di nutrirsi con le pallotte cac’e ove.
Per prepararle si uniscono mollica di pane tritata, uova e pecorino (dovrebbe essere pecorino rigatino etrusco, praticamente introvabile fuori d’Abruzzo, e quindi sostituibile con un misto di parmigiano e pecorino), senza aggiunta di sale. Il composto, morbido ma non liquido, va lasciato riposare in frigo. Si creano poi le pallotte, che, infarinate e fritte verranno cotte per mezz’ora circa in una salsa di cipolla rosolata in olio evo e pomodoro, girandole scuotendo appena la casseruola, senza mai usare il cucchiaio per non rischiare di romperle. Per il vino, nella zona di Vasto c’è l’imbarazzo della scelta. un bicchiere di Montepulciano o Cerasuolo d’Abruzzo, un trebbiano o un Pecorino.
Arrivo: Melfi
Ricetta: Maccuarnàr (maccaronara)
Il piatto più tipico di Melfi. Un primo robusto e ruvido, come le pietre delle case, semplice, come chi le abita e gustoso, come tutto qui.
Parte tutto dal mattarello, in ottone, con lame circolari che con una leggera pressione tagliano la pasta, fatta di farina semola di grano duro, uova e acqua e stesa con un bello spessore, perché la vera maccaronara non deve essere sottile. Poi la si passa con lo speciale mattarello da cui prende il nome, che taglia la pasta in sezioni quadrangolari., consistenti e ruvidissime, pronte per accogliere a braccia aperte il sugo.
A Melfi la si condisce con ragù saporiti e sostanziosi, di coniglio o maiale che la rendano quasi piatto unico. O, per i vegetariani con un sugo di noci e peperoni cruschi.
E qui, un brindisi con il “barolo del sud, il Vulture melfese, rosso corposo e intenso, è d’obbligo. Cin cin.