24 mag 2018 – KS ci ha provato nel 2015 ad entrare nel mondo della strada. Lo ha fatto con il suo cavallo di battaglia, quel reggisella telescopico che negli ultimi venti anni ha rivoluzionato il modo di praticare e intendere il mountain biking. Ma lo stradismo, si sa, ha le sue regole e – aggiungiamo noi – le sue abitudini intoccabili. Per questo l’azienda taiwanese che in occasione di un viaggio stampa in estremo oriente abbiamo avuto l’occasione di visitare ci ha serenamente rivelato che il suo modello “Z” dedicato agli stradisti è andato al di sotto delle aspettative:
«Abbiamo capito che quello della strada è un mondo troppo difficile da attaccare – ci ha detto il responsabile marketing della KS – Per questo preferiamo continuare a orientarci sul mountain biking, che è il business che più ci appartiene».
A chi non lo sapesse ricordiamo che i reggisella telescopici permettono di alzare e abbassare l’altezza della sella senza scendere di bici, semplicemente premendo una levetta montata a manubrio per adattare in questo modo la posizione in sella in base al terreno che si sta affrontando: sella tutta in giù se ti appresti ad affrontare una discesa tecnica in mezzo a sassi e radici, sella tutta su se invece c’è da pedalare in salita. I reggisella telescopici sono una costante nelle discipline gravity della mtb (dal DH al trail biking), ma li usa anche qualche rider di cross country e marathon. Proprio per questo nel 2015 KS aveva deciso di lanciare il suo Z, costruito sempre con architettura idraulica che gestisce la corsa, ma con un’escursione che i progettisti della casa ritenevano consona alle esigenze dello stradismo: solo 35 millimetri.
Il riscontro di vendite è stato minimo e se il componente è ancora presente in gamma lo si deve alla possibilità in più che questo modello ha con la nascita del gravel biking, disciplina che – sempre per riportare cosa ci ha detto KS per mezzo del suo responsabile marketing: «potrebbe diventare una piccola fetta del nostro business». Del resto, che i reggisella telescopici su strada non incontrino i favori dei praticanti ce lo ricorda il caso di Vincenzo Nibali: il siciliano era stato il primo – e l’unico – corridore a sperimentare in corsa un reggisella analogo. In realtà, quello che il siciliano montò nell’ultima tappa del suo vittorioso Giro d’Italia 2016 era un prototipo della Fsa con altezza regolabile tramite un meccanismo a ghiera (quindi non telescopico e di conseguenza anche più leggero di quest’ultimo… ). L’esperienza di Nibali, però, fu solo uno sporadico spot – appunto forse solo promozionale – per un componente che effettivamente non ha mai preso piede in ambito road. Effettivamente l’aggravio di peso che un reggisella telescopico ha rispetto ad un modello tradizionale è troppo elevato (quasi 300 grammi) e non riuscirà mai a bilanciare gli eventuali vantaggi che uno stradista potrebbe ricavarne (migliore guidabilità in discesa, maggiore capacità di adattare lo stile di pedalata alle condizioni muscolari del momento), soprattutto se si considera quanto tradizionalista sia la maggior parte dei corridori rispetto alla tecnica…
Maurizio Coccia