Su preghiamo il buon Signore
Che ci salvi a tutte l’ore
Da tempesta e da saetta
E da donne in bicicletta.
Alcuni anni fa, Aldo Busi pubblicò un libro dal titolo: Cazzi e canguri (pochissimi i canguri).
Similmente, il (bel) libro di Pivato potrebbe intitolarsi: Storia sociale della bicicletta (pochissimi i ciclisti), perché l’argomento del libro non è il ciclismo, ma l’influsso che i mezzi a due ruote hanno avuto sulla Società, dalla fine del XIX Secolo a oggi.
Detto così sembra noioso, ma non lo è.
Stato e Chiesa, fascisti e comunisti, artisti e militari, benpensanti e femministe: nei dieci capitoli del libro, Pivato dimostra come tutti gli attori della Società italiana hanno dovuto, o prima o poi, fare i conti con la bicicletta, con reazioni spesso antitetiche:
Come per tutte le novità ogni reazione positiva ne suscita una di segno contrario: agli entusiasmi dei neofiti delle due ruote si oppongono quanti definiscono il nuovo mezzo «mostro meccanico», «diabolico strumento» o «macchina infernale».
Questa forma di schizofrenia nei confronti della bicicletta non si limita a dividere i conservatori dai progressisti, le femministe dai puritani, ma è presente anche all’interno delle stesse compagini sociali.
Nel 1910 Ivanoe Bonomi, leader della corrente riformista del Partito socialista, scrive sul quotidiano «Avanti!» un durissimo articolo contro i membri della Gioventù socialista, che:
al loro terzo congresso, svoltosi a Firenze nel settembre del 1910, hanno votato un ordine del giorno nel quale, dopo aver ribadito «che nel secolo delle attività meccaniche ed elettriche si può facilmente e razionalmente curare l’educazione fisica non con i giri d’Italia»
Due anni dopo, però, mentre Bonomi viene allontanato dal Partito per le sue simpatie nei confronti dei simboli della Società borghese..
al quarto congresso nazionale, svoltosi a Bologna dal 20 al 22 settembre 1912, viene posta all’ordine del giorno la discussione sul «riesame del problema dello sport in considerazione del sorgere dei “ciclisti rossi”»
Il quotidiano socialista pubblicizza il «velocipede popolare creato a favore delle masse operaie organizzate»
Più tardi, a completare l’impronta militantistica, le biciclette sarebbero state equipaggiate con «pneumatici Carlo Marx».
La bicicletta – definita: «Birota ignifero latice incitata» nei documenti curiali – causa dissensi anche all’interno delle gerarchie ecclesiastiche.
La Congregazione del concilio, l’organo al quale spetta di vigilare sull’applicazione e sull’osservanza dei decreti disciplinari, (…) stabilisce che la bicicletta non può essere permessa ai sacerdoti, al pari della frequentazione delle taverne e delle osterie, degli spettacoli teatrali, della caccia o del gioco d’azzardo.
A seguito dell’opposizione dei parroci, per i quali la bicicletta è l’unico modo per spostarsi agevolmente all’interno dell territorio parrocchiale, le restrizioni iniziali sono progressivamente ridotte:
il Cardinale Eugenio Tori, arcivescovo di Milano, che nel 1925, sia pure «a malincuore e per pura necessità», consente l’impiego della bicicletta esclusivamente per la circolazione in campagna
Ma:
In nessun caso […] il sacerdote girerà in bicicletta a ora tarda, dopo il suono dell’Ave Maria
E comunque:
Per evitare poi di esporre al ridicolo il sacerdote «i primi esercizi necessari a prender pratica della macchina […] si dovranno fare in un recinto limitato e riservato»
Il libro di Pivato mostra anche come la Storia abbia dato torto a quelli che si sono opposti alla bicicletta.
Gli atteggiamenti oscurantisti di Pio X sono sconfessati prima da Pio XII..
Il papa nel 1946 riceve (ed è la prima volta nella sua trentennale storia) la carovana del Giro d’Italia, secondo una consuetudine che si sarebbe negli anni ripetuta.
..e poi dal Concilio Vaticano II:
Il Concilio sdogana definitivamente quello che fino a pochi anni prima era definito uno «strumento del diavolo». La veste talare, il cui decoro andava salvaguardato dall’andatura in bicicletta che rischiava di scomporla, scompare dal guardaroba sacerdotale. E, con quell’ingombrante capo di abbigliamento, si dissolvono anche le ultime riserve della chiesa sull’uso della bicicletta.
Anche quando era solo il direttore dell’Avanti!, Mussolini non ha mai visto di buon occhio le biciclette e il ciclismo:
per manifestare il suo intransigentismo, sparge chiodi sulle strade per boicottare il passaggio del Giro d’Italia
Di conseguenza, il Fascismo non vede di buon occhio né l’individualismo dei ciclisti né il pubblico liberamente sparso lungo le strade. Il Ministero della Cultura Popolare fa di tutto per sostituire il ciclismo nel cuore degli Italiani con il Calcio, che esalta la squadra e tiene il pubblico confinato negli stadii, ma fallirà miseramente.
La fortuna della bicicletta nell’immediato dopoguerra è legata anche alle vicende del ciclismo che, ancora negli anni Cinquanta, gode di una popolarità più elevata del calcio. Uno dei motivi di quella superiorità è la supremazia che Coppi e Bartali riescono a stabilire a livello internazionale.
In sostanza: Storia Sociale della Bicicletta è un bel libro, che può interessare anche chi non sia un appassionato di ciclismo. I ciclofili, di contro, troveranno qui delle notizie che raramente compaiono in altri testi e che permetteranno loro di inquadrare meglio le informazioni in loro possesso, come il commento di Gianni Brera a un gesto di Giulia Occhini che costò a Coppi il Giro di Lombardia del 1956:
si fece caricare sulla macchina del team e, passando il gruppo, fece il gesto dell’ombrello a Fiorenzo Magni. Passa la Dama e non resiste alla voglia: «Tieh!» le scappa di fare, battendo la mano sinistra sulla piega del gomito destro. È un gesto da vaccara imbestialita. Magni lo coglie strizzando gli occhietti delusi: e d’improvviso s’incendia di livore. Ingobbisce scattando, quasi la volesse raggiungere. «Gran troia!» le urla.Storia sociale della bicicletta
Storia Sociale della bicicletta, Stefano Pivato (Il Mulino, 2019)
- Editore: Il Mulino (2019)
- Lingua: Italiano
- Copertina flessibile: 251 pagine
- ISBN-10: 8815285210
- ISBN-13: 978-8815285218
- Peso articolo: 650 g
- Dimensioni: 12 x 1 x 24 cm
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