L’avete mai vista la gente a Roubaix? No, non quella lungo le strade. L’altra. Quella seduta nel velodromo di cemento più famoso del mondo. È lì in attesa dalla mattina. Parla, chiacchiera, soprattutto: aspetta.
È una tensione che sale piano piano mentre si assiste alla corsa che si evolve in quelle vie maledette. Qualcuno è sparato in avanti, altri, i più, vengono inghiottiti dalle pietre e dai mostri della foresta. Qualcuno si perde.
Gli scivola via il mondo mentre saltano da un tratto all’altro di pavé e si avvicinano a quella gente che è lì ad aspettare loro.
Un’attesa che comprime il tempo mentre la velocità comprime le emozioni. L’ultimo chilometro è un’esplosione. Quasi.
Un gol allo stadio, sembra un gol allo stadio. In realtà è anche di più. Non è il corridore che taglia il traguardo, ma è l’ingresso nel velodromo. Tutti in piedi in una ola che nessuno ha concordato. Cosa dev’essere per un corridore quell’attimo di silenzio prima di entrare nel velodromo e sentire il boato. Tutti in piedi e urlano.
L’arrivo sì. Da solo o in volata uno passerà il traguardo. Una porta per il paradiso dove io sarò primo e tu sarai secondo. E quell’urlo che non si ferma più.
Fateci caso. Accadrà domani.
GR, 9 apr 2016