7 nov 2018 – Controlli antidoping inesorabili e giusti. E anche a sorpresa, visto che spesso chi bara lo fa lontano dalle corse per risultare pulito durante la gara. Che si fa allora? Si va a fare i controlli “a sorpresa”, anche durante la vita quotidiana dei corridori (verrebbe da fare qualche paragone con altri sport che additano facilmente il ciclismo come sport “sporco”). Il risultato è che i corridori sempre più spesso si trovano a doversi sottoporre a prelievi e test in qualsiasi momento della loro vita privata. Episodi imbarazzanti e, alla fine, pesanti. Una privacy che tende a scomparire sempre di più nel nome dell’etica. Situazioni in cui un atleta si sente trattato come un criminale, pur non avendo commesso niente di illecito.
Questa situazione che diventa sempre più pesante è oggetto di un comunicato piuttosto forte di Gianni Bugno, presidente di Corridori Ciclisti Professionisti (CPA). Ecco il comunicato che, oltre a scagliarsi contro atteggiamenti esagerati spiega anche episodi che avremmo preferito non leggere:
“Dopo l’ennesimo caso di non rispetto della privacy dei corridori da parte dei controllori antidoping, il CPA dice «basta!». L’associazione dei corridori professionisti ha da tempo segnalato al CADF e alla stessa UCI alcune situazioni intollerabili sulle tempistiche di certi controlli antidoping a cui i corridori sono sottoposti.
«Ci sono stati segnalati casi in cui i corridori sono stati controllati nel giorno del loro matrimonio, durante un funerale o nel primo giorno di scuola del loro bambino – dice Gianni Bugno, presidente del CPA – ora leggiamo del caso di Pieter Serry, controllato fuori stagione, in orari non previsti e nel momento in cui doveva partecipare al festival del ciclismo fiammingo. Come un detenuto, al momento dell’ingresso al Galà tanto atteso, ha dovuto abbandonare la festa per sottoporsi ai controlli. Non possiamo più restare a guardare questo modus operandi che non tiene conto dei diritti della persona, come quello alla privacy. I corridori versano il 2% dei loro premi per rendere possibili questi controlli, sono gli unici atleti al mondo che pagano di tasca propria l’antidoping. I corridori rispettano le misure richieste per la lotta al doping, ma chiedono almeno in cambio il rispetto della loro vita privata».
Il CPA, nei prossimi giorni, indagherà per capire chi ha ordinato i controlli del corridore Serry, se l’agenzia nazionale belga, la federazione o il CADF. Inoltre presenterà una richiesta ufficiale a tutti gli enti preposti alla lotta al doping e all’UCI per stabilire un codice di comportamento dei controllori, per garantire il rispetto della privacy degli atleti, almeno in alcune circostanze.
«Il CPA ha sempre appoggiato la lotta al doping – conclude Bugno – e si è sempre schierato a difesa di un ciclismo pulito. Abbiamo invitato il direttore del CADF alla nostra ultima assemblea per lavorare su obiettivi comuni e in molti paesi organizziamo incontri tra corridori e membri del CADF per rendere più comprensibile il sistema di geo-localizzazione ADAMS e informare i corridori sui loro doveri verso i controlli antidoping. Ora però, credo che sia giunto il momento di fare il punto anche su certi diritti dei corridori…».”
Redazione Cyclinside